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tutta la sostanza della sua Casata egli ci apparisce nella Redecima del 1661 con ben oltre 6800 ducati di rendita. Tanta ricchezza non lo distolse dal darsi anche al commercio, che esercitò a Costantinopoli per mezzo di un tale Marino D’Andria. Entrato nella vita pubblica, dopo aver coperto alcune cariche inferiori, raggiunse presto il Senato e fece parte del governo nella qualità di savio del Consiglio
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non abbia cercato di far mettere da parte queste spoglie di così grande interesse per eseguirne un ufficiale accertamento. Il cassone vuotato fu rimosso dal suo posto, essendo stata soppressa la cappella della Madonna della Pace, e sembra sia stato fatto vedere nel 1819 da un prete a Giorgio Byron, il celebre autore della tragedia Marino Falier, in un luogo adiacente alla chiesa. Ora, dopo aver servito
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governi fuori del veneto Stato. Il Barbaro gli attribuisce un fratello che sarebbe stato anche uno dei suoi elettori al dogado. Vecchio e stanco, abdicò il 20 maggio 1249 e si ritirò nella sua casa a S. Agostino, dove morì il 19 luglio successivo. La sua discendenza fiorisce tuttora ed ai nostri giorni è stato molto noto e stimato Lorenzo, che fu sindaco di Venezia e senatore del Regno. Marino
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procuratore, Giovanni, Marco ed Enrico. Una figlia sposò Marino Gradenigo. Morì il 2 novembre 1289. Gli successe Pietro Gradenigo, detto Perazzo o Pierazzo, che fu eletto doge a soli 38 anni, il 25 novembre 1289. Egli fu sepolto nella, chiesa di S. Cipriano di Murano in un’urna che aveva il coperchio scolpito con varie figure di santi, in rilievo, collocata a mano sinistra della porta d’ingresso, a poca
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limitato ad ordinare di essere deposto nella tomba col fratello, gli eredi, parenti lontanissimi, non si curarono di cambiare l’iscrizione, perchè vi fosse anch’egli ricordato. Francesco Zanotto erroneamente afferma che fu invece seppellito nel cassone demolito. Francesco Molin, nato il 21 aprile 1575 da Marino e da Paola Barbarigo, discendente dai due dogi, fu il secondogenito di tre fratelli
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PATRIA SUMO DILEXIT AMORE - ILLIUS AD REGIME PROVIDUS ATQ. VIGIL. - ANNI DÜ XPÌ CURREBANT MILLE DUCETI - OCTOGINTA NOVE SPIRITUS ASTRA PETIT - QUA DEFUCTOR FIÜT SUFRAGIA LUCE - DESENDES MONDO CONSOCIATUR EIS (Lapide nella basilica dei Ss. Giovanni e Paolo). MARINO ZORZI MARINUS GEORGIUS VENETIARUM DUX - CUI A SANCTITATE VITAE SANCI I COGNOMEN FUIT - SEXTAM IADRENSIUM DEFECTIONEM - V1ND1CANS
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nente ad una delle più antiche casate, che i tardi genealogisti fanno derivare dalla gente Anfustia Superantia di Roma. Era di aspetto poco simpatico, ma con tutto ciò riusciva accetto, perchè quello che gli mancava nell’apparenza abbondavagli invece nella sostanza. In palazzo ducale si compiaceva di tenere leoni e leonesse, delle quali una nel 1316 partorì tre leoni, ciò che fu considerato un ottimo augurio. Uno di essi regalò a Can Grande Della Scala, signore di Verona. Suo padre Antonio era stato insignito della toga procuratoria de supra ed egli lo era pure quando sessantenne fu assunto al do-gado. Combattè distinguendosi e con fortuna come ammiraglio e generale i Genovesi e i Padovani e nella guerra di Ferrara. Tenne l’ufficio di podestà di Chioggia e di Ferrara e contribuì efficacemente a reprimere i moti rivoluzionari successi in seguito alla Serrata del Maggior Consiglio. La sua vittoria sui Genovesi a Caffa è stata immortalata dal pennello di Giulio Moro nella sala del Maggior Consiglio. Durante il suo dogado terminò la guerra di Ferrara e il papa tolse la scomunica a Venezia. Ebbe fine pure la ribellione di Zara, che ritornò soggetta a Venezia, mentre varie altre città della Dalmazia si sottomisero spontaneamente. La pace fu solo turbata da alcuni scontri navali coi Genovesi. Sposò Francesca, di cui non si conosce il cognome di famiglia, donna molto considerata per la sua intelligenza, che si trova ricordata in vari atti notarili, come esecutrice testamentaria di parenti ed amici. Dal testamento ch’egli dettò 1’ 8 agosto 1321 risulta che ebbe tie figli, Marmo, Nicolò sepolto ai Ss. Giovanni e Paolo, Antonio, detto Belello, e tre figlie, Fontana, Elena e Soranza, nota per le sue tristi vicende. Bandita col marito Nicolò Querini, detto lo zoppo, in seguito alla congiura di Baiamonte Tiepolo, una volta eletto il padre doge, sperando nell’impunità, tornò a Venezia senza chiedere permesso. Ma il Consiglio dei X non volle saperne di liberarla e la condannò a stare chiusa con una serva in una casetta attigua all’ospizio ' 75
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, distinguendosi specialmente come uomo di toga. Fu eletto doge il 2 ottobre 1501 di 69 anni in concorrenza coi procuratori Paolo Barbo, Nicolò Trevisan, Marino Lion e Benedetto Pesaro, con Nicolò Michiel dottor, cavaliere e procuratore e con Antonio Tron, Andrea Gabriel, Costantino Priuli, Agostino Bragadin, Marcantonio Morosini e Nicolò Mocenigo cavaliere. Filippo Tron procuratore, figlio del doge Nicolò
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7. — c. 221 (226). — Privilegio di cittadinanza per dimora di 25 anni concesso a Francesco del fu Arbonesio da Venzone. Dato nel palazzo ducale di Venezia. 454. — (1353), Aprile 26. — c. 222 (227). — Lodovico re d’Ungheria a Marco Cornaro e Marino Faliero ambasciatori veneti. Non avendo suo fratello Stefano duca di Schiavonia, Croazia e Dalmazia voluto assentire all’ accordo fra esso re e Venezia
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a comporre certa lite fra Pietro di Giovanni Marino Giorgio e Zugno Giorgio, relativa a certa zoia data in pegno per lire 12 di gr. al primo, con facoltà di venderla se non veniva ricuperata entro tre mesi, e restituire al secondo 1’ eccedente ricavato. Hm } 273. — 1232, ind. I, Ottobre 30. — c. 84 (94). — Patente ducale che riconosce a Gerardino di Pietro del Poggio da Brescia il diritto di cittadinanza
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* . CORREZIONI ED AGGIUNTE. Reg. 84 lin. 1 c. 26 (32) --- c. 9 (15) t.° » 96 » 9 spese. --- spese (v. n. 387). Pag. 20 »> 10 n. 45 --- n. 117. Reg. 129 » 9 n. 96 --- n. 96 e 162. » 147 in fine --- V. Zahn Austro-Friulana, pag. 35 con data 13. >> 148 lin 8 n. 132 --- n. 132 e 140. » 150 » 5 n. 197 --- n. 137. » 165 » 1 Giovanni Morosini --- Giovanni (sic, Marino) Morosini. » 184 » 6 n. 95
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320 COMMEMORI ALI, LIBRO VI. cura del Monaco gli farà render giustizia secondo la promessa di Lorenzo Gelsi (v. n. 197). Fatto nel palazzo ducale di Venezia. — Testimoni : Ermolao Coppo, Marino da Molino, Belletto Veniero, Maffeo Donato, Benintendi de’ Ravignani cancellier grande, ed i notai degli avogadori del comune Pietro del fu Iacopino e Dongiovanni. — Atti Amedeo de’ Buonguadagni (v. n. 240
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quanto sopra e il di più sarà restituito ai mercanti. V. Liubió, op. cit., I, 465; e Mon. Hung. Tiist., voi. cit., 341. 370. — 1335, Dicembre 30. — c. 133 (139). — Convenzione stipulata dai provveditori di comune con Marino da Cattaro suddito del re di Rascia procuratore del comune di Cattaro. Si stabiliscono le norme di procedura nelle liti civili e commerciali insorgenti fra veneziani e cittadini di Cattaro. Sarà duratura per 10 anni
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suddetto l’importo dovuto a quella chiesa pei diritti sull’ Istria. Data in Aquileia. 336. — (1334), ind. III, Novembre 6. — c. 116 (122) t.° — Marino Soranzo conte ed il comune di Zara al doge. Dichiarano avere quel gran consiglio all’ uopo
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e degli Acciainoli di Firenze, Marino Faliero già ambasciatore, e le città di Napoli e Barletta. 201. — s. d., (1330). — c. 62 (68). — Copia d’inventario di diverse somme di danaro ed oggetti appartenenti a certo Servadio, custoditi dal bailo veneto in Laiazzo. 202. — s. d., (1330). — c. 63 (69). — Elenco (in dialetto) di gravami e querele presentato al doge da Pietro Bragadino al suo ritorno da bailo in Armenia
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de’ Malatachi, Ubertino da Farra cancelliere del comune di Treviso. Segue nota che il 20 Novembre il doge rilasciò al podestà di Treviso il sindicato relativo alla presente. 445. — 1352, ind. VI, Dicembre 22. — c. 219 (224) t.° — Il doge ordina ai procuratori di S. Marco Giovanni Delfino e Marco Loredano di tenere in deposito un balasso che Marino Faliero aveva ricevuto dall’ imperatore di Costantinopoli
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; e dichiarino che il cardinale non trova buone le ragioni contrapposte dal governo veneto ad altra simile domanda. Segue nota che tale ambasciata fu esposta il 23 Settembre 1329, presenti il cancellier grande e sei scrivani ducali. 173. — (1329), ind. XIII, Settembre 27. — c. 53 (59) t.° — Marino Morosini duca in Candia ed i suoi consiglieri scrivono al doge : essere stato inviato in Cerigo un notaio
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favorirlo (v. n. 29 e 51). Data a Verona. 49. — s. d., (1358, Agosto?). — c. 148 (149). — Il re d’ Ungheria scrive ai rettori e al comune di Zara circa l’osservanza, da essi trascurata, dell’articolo della pace 18 Febbraio relativo ai possedimenti dei veneziani in quella città, e particolarmente di Marino de Carnaruto e di Zane de Pizolo. V. Liubió, op. cit., IV, 50, con data 1362. 50. — (1358), Settembre
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, oltre alla mancata impresa di Chiarenza, città tenuta da Ferrando infante di Maiorca. — Nel 1337, sei galee venete ne assediarono e perseguitarono due nei porti di Trani e Barletta comandate da Marino Cossa napoletano, in onta a guarentigie date dal console e da altri veneziani di Trani. — Nel 1339, lo stesso Cossa, comandando quattro galee, fu perseguitato da sei galee veneziane da Otranto a Brindisi, e quivi
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1878
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DOGE: FRANCESCO DANDOLO. 33 zìani, ohe compensino quelli che vi furono danneggiati, e che sgombrino i luoghi da essi fatti occupare (v. n. 178 e 185). 184. — 1329, ind. XIII, Febbraio 0 (m. v.). — c. 59 (05) t.° — Gisolo del fu Marino Ragaiadi e Maiolo del fu Marciliano rappresentanti del comune di San Lorenzo, di Gilbertino Giustiniani capitano del Paisinatico e podestà in detta terra (procura
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