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, Protocollo 2°, c. 20, 22, 22 v.). 4) V. Lazzarini, Marino Faliero avanti il dogado (N. Arch. Ven. T. V, P. I. Venezia, 1893) pag. 144. Il Sindicato in A. S. V, Senato Misti, XXVI, c. 59 e Sindicati I, c. 62 v. Riprodotto in Mon. Hung. hist., A. e. II, pagine 402-3, n. 329 e Ljubic ecc., Ili, pag. 213, n. 318.
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degli Angeli, di cui nulla è detto nella biografia del-l’Albanese, pur facendosi più volte parola intorno ad essi 3. Marino però, secondo che ci pare, quando scrisse la Storia non aveva ancora ricevuto da Pietro Angelo nessun suggerimento o incarico di comporre il suo lavoro riguardante i papi e gli imperatori 1 Diamo una frase di questa specie: « Alexius Angelus 4. Isacii 2, filius, faventibus Gallis
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che si può stabilire con certezza nella sua vita, è l'anna 1474, quando i Turchi tentarono, ma senza riuscita, il primo assedio di Scutari. Egli si trovava allora nella città, testimone degli avvenimenti1. Quattro anni dopo, nel 1478, durante il secondo e ultimo assedio, Marino stava ancora lì, non solo osservatore attento delle cose che succedevano, ma partecipe anzi personalmente dell’eroica difesa opposta
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v.]. 3 Barlezio, De Scodr. obs.. Ili, 270. 4 Becichemi, ibid. 5 Barlezio, ibid., 270 v. 6 Becichemi, ibid., [f. 191. 7 Barlezio, ibid., 269. 8 Becichemi, ibid. * Barlezio, ibid., 270 v. 10 Può darsi che fosse un discendente di quello Stefano Yonima che insieme con Pietro Becichemi, nonno di Marino, fu inviato dagli Scutarini affinchè offrisse la città al patrocinio della Repubblica di S. Marco (Becichemi, ibid
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del già ricordato Panegirico del Becichemi, suo compatriota2. Però non lo cita mai. I familiari di quest’ultimo : Pietro, suo nonno, Florio, suo padre, Marino, 10 zio, e infine i suoi numerosi parenti, ebbero una notevole parte nella storia della città. Nell’assedio del 1478, quando 11 Becichemi ancora fanciullo era lontano dal teatro della guerra, oltre suo padre, caddero nella difesa non meno di 23 dei 30
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della fama. Così, per esempio, Murad II avrebbe avvelenato i fratelli del Castriota1; sempre, secondo la «fama», sono registrate le rendite di quest’ultimo 2, le sue perdite nel tentativo di riprendere Sfetigrado, dopo la prima spedizione di Murad 3. Intorno alla fuga di Hamsa da parte dei Turchi, Marino dice che « nihil certi affert fama ». In questo caso non sappiamo se si tratti d’una vera e propria
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, Marino sa presentarci in poche parole contrasti d’ànimo molto vivi5. Nei discorsi — campo libero per le sue manifestazioni letterarie — troviamo ogni tanto una vera cadenza poetica ®. Come plasticità usa espressioni fortunate, piene di colorito 7. Il suo periodo è lungo, 1 Sabellico, Hist., d. Ili, IX, 922. 2 Giov. Pontano, II, 586. 3 Canensi, 148. 4 Ijubic, Listine X,2&4. ' 5 Barlezio, Hist
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tra la Cristianità e l’impero turco. In ciascuna delle frasi si avverte la tendenza a glorificare l’Eroe, il quale aveva lottato tutta la vita, prima per la liberazione della patria e poi, ottenutane la libertà, per la conservazione di essa. Questo argomento era in stretto rapporto con la vita stessa di Marino, poiché, al suo dire, i giorni di indipendenza e di gloria dell’Albania tramontarono con la morte
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. : la descrizione della sua fuga dal servizio turco e l’anno 1466, quale data sbagliata della sua morte. Si pose la questione se il Musachi avesse conosciuto l’opera di Marino o se ambedue avessero attinto dalla medesima tradizione popolare dell’Albania 1. Però il vescovo Fan S. Noli, nel suo lavoro su Giorgio Castriota -, ha dimostrato assai chiaramente che il Musachi aveva tolto alcuni dati dal libro
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Dii terrarum3, mentre fa parlare Fra’ Bartolomeo della Deitas 4 della Madonna. Marino adopera di raro la forma Deus5 o Deus propitius 6, Deus immortalis 7. La stessa espressione Deus Optimus Maximus 8 fa pensare a Ju-piter Opt. Max. Poi l’Umanista non tralascia di parlare dei manes 9, penates 10 e delubra u. Il Voigt12 e il Burckhardt13 stimavano tali citazioni mitologiche degù umanisti
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Marino 1 II Lavardin compose, tra l’altro, una Storia dei Turchi, che non giunse però a essere stampata. Cf. DEEACRoix-Du MainE-Du Ver-dier-Rigoley De Juvigny, Les Bibi. fr. I, 420—422. * Noi ne abbiamo avuto a disposizione solamente 3: quelladel 1533, poi quella del 1561, pubblicata da Weygand Han e Georg Raben a Francoforte sul Meno e infine l’edizione del 1577, ristampata da Sigmund Feyerabendt
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non è se non una letterale trascrizione, beninteso tranne piccole modifiche e cambiamenti di nomi, della disfatta di Asdrubale al Metauro 9. 1 Bariezio, Hist., IV, 42 v. — 43. 2 Livio, VII, 10 e 26. 8 Si veda l'elenco dei numerosi plagi di Marino dall'opera di Livio nell’Appendice. 4 Appendice, pp. 279-280. 5 Ibid., pp. 280-281. 8 Ibid., pp. 287-290. 7 Ibid., pp. 291. 8 Ibid., pp. 291-297. * Ibid., pp. 281-287.
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12 FRANCESCO PAI.L 146 solo nel 1503, certamente dopo la pubblicazione del Panegyricus che Marino Becichemi indirizzò a quella stessa Signoria, cui anche il Barlezio dedicò il suo opuscolo. La prima edizione degli scritti del Becichemi fu stampata in due volumi a Brescia, senza data, da Angelo Britannico. Il Panegirico fa parte del primo volume, pubblicato probabilmente nel 15031
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?8 FRANCESCO PAM, 212 oltre Marino ci dà notizie Enea Silvio1, senza fornirci, però, il nome del nipote. Questo si ricava, invece, dai « Commentarti » del Volterrano. Eo stesso umanista rafforza il racconto dello Scutarino, quando ci dice che Hamsa fu figlio di Karagus, (Karagòz) 2, il nome turco che assunse Reposci (Reposh), fratello di Scanderbeg3. Quanto al nome del traditore, esso si ritrova
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tra lo stesso, che era già in Albania, e il re Vladislao d’Ungheria, nell’estate del 1443 4. Quanto alla prima spedizione di Murad contro l’Eroe, Marino la fa aver luogo dopo la conclusione della pace che pose termine alla guerra di quest’ultimo con Venezia5. In realtà, la campagna turca finì parecchi mesi prima di quel trattato. Dice poi lo Scutarino che Mosè Golemi partì da Costantinopoli con un esercito turco alla volta
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— per così dire — di un semidio. Però, nello stesso tempo, non ci è difficile immaginare la ragione per la quale il racconto di Marino sembrò sospetto a parecchi autori, cominciando dal Giovio,. il quale ci mostra come il Sacerdote, grazie al suo patriottismo e all’odio contro i Barbari, cioè i Turchi, avesse molto esagerato nel suo libro 3. L’Hammer 4 dubita della veridicità dei discorsi troppo lunghi contenuti nella Storia
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bambini, s’imbarcarono sulla flotta veneziana. La Signoria si mostrò molto riconoscente: agli Scutarini stabilitisi nella Città delle Lagune (fra loro, senza dubbio, si trovava pure Marino) furono concesse pensioni vitalizie. Gli altri, che si erano recati altrove, furono parimenti ricompensati 4. Così il Sacerdote divenne abitante della città di S. Marco. Gli elogi che fa nei suoi scritti
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della storia il fatto che Marino chiami il suo lavoro sul Castriota « oratio » 6, come per esempio, un Curzio 7 nell’antichità ovvero un Bonfini 8 nella sua epoca, e desideri che essa produca l’impressione piuttosto di un racconto prolisso che ingrato 9. (Si capisce ingrato per laconismo). Ciò dice al principio della Storia di Scanderbeg. Nondimeno sente il bisogno di aggiungere in quest’occasione
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generali sulla carriera del Castriota 7, presi quasi testualmente, e infine quando riferisce l’uccisione di « Calapinus » (Celebi), avvenuta per ordine di Mohamed II8. Riguardo agli Ottomani, anche qui, come nel suo primo lavoro, Marino dovette valersi pure di un’altra fonte (o forse di parechie) a noi però ignota. Infatti, da una tale fonte poteva attingere notizie come, per esempio, quella che i Turchi
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). Quale confidente e ambasciatore di Scanderbeg lo incontriamo parecchie volte a Napoli, a Milano e soprattutto a Venezia, dove era molto ben visto (Malvezzo, 22—24; LjubiC, Listine, X, 334, 359, 362, 387, 399). 2 Barlezio, ibid., 123 v. Vedasi per i grandi preparativi fatti a Ragusa in proposito nell’agosto 1461: GELCIch — ThallÓCZy, 745; Chrov. Rag-, 359- Marino fa porgere da « David scriba » — con un vibrante
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