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1938
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nostra corruerunt. Hodie robur omne et vires nostrae defecerunt. Hodie omnis spes nostra cum hoc homine penitus extincta est » 1. Dagli autori più moderni, da quelli del Quattrocento, Marino ha copiato poco. Così troviamo qualche espressione e caratteristica prese da Enea Silvio e alcune parole trascritte dal Platina. Però questi passi sono da lui riferiti a personaggi diversi da quelli delle sue fonti
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1903
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dell’acqua ; i mulinelli in moto delle pompe, colle loro grandi ali spinte dal vento, sembrano dibattersi come moscerini impigliati nei fili della rete. Le casupole biancheggianti, disseminate lungo gli argini, albergano per buona parte dell’estate duemila salinari piranesi. L’estrazione del sale marino è industria antichissima dei Veneziani. Chioggia possedeva molte saline già nel secolo dodicesimo
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1846
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; la Lavanda de’ piedi del Tintoretto e 1’ ultima Cena d’ Jacopo Palma nell’ aitar del Sacramento. Di .Iacopo Tintoretto è ancora la tavola di N. D. nell’ aitar della sacristia, il cui parapetto di bronzo col sepolcro di N. S. è invenzione di Niccolò e Sebastiano Roe-catagliata, e getto di Giovanni Chent e Marino Feron l’anno 1633. Finalmente sulle due porte laterali sono degni di lode S. Stefano lapidato
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1846
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— 135 — pazio; e subito si [diè mano a fabbricare il palazzo. Incendiato nel 976 dagli uccisori del] tiranno Candiano IV, fu riattato sotto il doge Pietro Orseolo (*). Verso il -1173 fu ampliato ed adornato dui doge Sebastiano Ziani ; ma era di cotto. Cresciuta in potenza ed in ricchezza la repubblica, sotto il dogado di Marino Falier, 1’ anno 4343 si diè opera a rifabbricarlo in magnifica forma
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1846
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superiori, gl’ intagli, le mezze figure e le statue furono lavorale da diversi artisti, con eleganza e buon gusto, e non poche da artisti nostrali. Sugli archivolti della maggior porta stanno quattro cavalli di bronzo, mandali da Costantinopoli 1’ anno 1206 dal podestà Marino Zeno. Sono alti piedi veneti 4, once 7 dal piede alla spalla, e pesano ognuno libbre grosse 1750. Intorno la storia di codesti
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— 99 — >/a a ¡uffa , Corte della Fida, Corte e Calle del Pozzo Rover-so ( riverso ), Ramo Grirnani. Il Palazzo Grimani fu fatto fabbricare dal Cardinale Giovanni, già patriarca d’Aquileja, il quale, secondo l’opinione di alcuni, ne diede il modello. Ma il Temanza nelle sue Vile lo attribuisce a Michele Sammicheli, avvegnaché ritenga che qualche altro architetto vi abbia avuto mano. L’ architetto della porta si dice essere stato Sebastiano Serlio. La statua colossale di Marco Agrippa è opera assai pregiala di scultor greco. Altre opere pregevoli sono in questo palazzo. Calìe di mezzo, Solloportico, e Corte del Paradiso (V. Calle del Paradiso, nella parrocchia di s. Maria Formosa). Calle del-lJ Arco detta Don, Salizzada Zorzi, Ponte s. Severo, Campiello del Tagliapietra, Ponte dei Carmini, Ponte del Diavolo, Calle dei Preti, Sottoporlico Corte dei Preti, Fondamenta s. Lorenzo. I. R. Direzione generale di Polizia. Questo ufficio si compone di direttore, aggiunti, commissarii, alunni di concetto, protocollista, speditore, registranti, cancellisi, accessisti, medico fisico e chirurgo, inserviente e cursori. Ufficio delle guardie di sicurezza. Ha un ispettore in capo, i* spettori secondari, capi-squadra, vice-capi e guardie. VI. PARROCCHIA DI S. MARIA FORMOSA. La linea di confinazione di questa parrocchia incomincia al rivo di s. Maria Formosa, entra in quelli di s. Giuliano e della Fava e da quest’ ultimo in quello de’ Miracoli, si rivolge pel rivo di s. Marina, e quindi passa in quello di s. Severo, di dove rientra di nuovo nel rivo di s. Maria Formosa. Nel 4840 fu alterata la vecchia linea di confinazione di questa parrocchia, poiché una parte di essa a settentrione fu unita a’ss. Giovanni e Paolo, ed un’ altra a mezzodì a s. Zaccaria ; ma dila-tossi a mezzodì, ricevendo in sè una porzione della parrocchia di s. Giuliano, e ad occidente tutta quella di s. Leone e la maggior parte di quella di s. Marina. Fondamenta e Ponte Tetta, Calle lunga, Corte della Malvasia, Ramo Calle e Corte e Calle dei Orbi (dei ciechi), Ramo del Caf-fettier, Corte del Caffettier, Campo s. Maria Formosa.
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1846
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— 25 — furono raccolte dal veneto patrizio Pietro Pisani, che le depose in un suo oratorio a Moutagnana. Chiesa di s. Domenico. Con suo testamento Marino Zorzi, doge, ordinò che del suo si acquistasse un fonilo all’ erezione di un convento per dodici frati dell’ ordine de’ Predicatori. Morto il principe il 2 luglio dell’ anno 4312, venne cinque anni dopo lubricata, oltre il convento, una chiesa
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1846
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di S. Simeone Profeta, col segnarne i confini. Comincia in Canal grande al riello di S. Giovanni Decollato, e insinuandosi nella prima calle, che mette al campiello delle Orsette, scorre la strada che cinge il campo dei Tedeschi, e lo comprende ; e per la calle del Cristo viene nel rivo detto Rio Marino : indi entra nel rivo di S. Giovanni Evangelista, poi gira nel rivo che va alle Chiovere di S. Rocco
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1854
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tra le abba-desse ricordasi, che abbia veramente esistito una Sofia Mali piero, morta nonagenaria, e con orazion celebrata, a cui diede possesso il doge Marino Grimani nel 7 febbraio 4598, così forte nel sostenere i diritti e privilegii del suo cenobio, che passò per essa in proverbio la violenza della Mulipie-ro. É pur distinta un’Olimpia del cognome medesimo, letterata e poetessa, le cui varie opere
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1846
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— 343 — SS. Onofrio e Crisostomo di Giovanni Mansueti : ed il bassorilievo di Tullio Lombardo, rappresentante la B. V. coronata e gli Apostoli. Calle della Chiesa. Calle larga del Cagnoletto. Calle e Corte Morosini. Una famiglia Morosiui detta di S. Gio. Crisostomo sussiste anche a’dì nostri. Corte degli Armai. Antichissima casata, ora estinta, detta anche Amadi. Corte Sabbionera, o del Sabbion. Il celebre viaggiatore Marco Polo aveva qui il suo palazzo, ove ora sorge il teatro Malibran. Vi si scorgono pochi avanzi, fra' quali una ornata porta ad arco, di stile arabo del sec. XI. Marco Polo morì nel 4323. Teatro Malibran. Eretto nel 4678 dalla famiglia Grimani di S. Maria Formosa. Divenuto proprietà dì Giovanni Gallo, nel 1834 fu ricostruito dall’ ingegnere Giuseppe Salvadori, destinandolo a rappresentazioni sceniche fatte di giorno e di notte, e perciò detto allora Emeronittio. Dopo la qual epoca, quando vi cantò la celebre Malibran, fu da essa denominato. Calle del Teatro. Conduce al ponte di legno, il quale mette nella contrada di S. Marina. Questo ponte non esisteva innanzi la riedificazione 1834 del teatro. Calle del Pistor. Corte Corner. Calle del Forno e rami. Calle Maggioni. Calle Cappellis. Corte delle Pizzocchere. Calle del Spezier (speciale). Ramo del Campaniel ( di S. Maria nova, demolito ). Punte e Calle larga PVidman. Campo e Campiello di S. Maria nuova. Chiesa di S. Maria Nuova. La si vuole eretta nell’ anno 971, chiamata prima S. Maria Assunta, poi nel secolo XIII detta S. Maria Nuova. Caduta nel 4536 si riedificò, e nel 4776 ne fu ricostruita la facciata. Nel 4808 fu chiusa, e servì ad uso di magazzino fin al 4853, nel qual anno fu del tutto demolita. Era parrocchia, il cui circondario è ora soggetto a S. Canciano. Il cav. Cicogna ne illustra le Inscrizioni nel Voi. Ili della grandiosa sua opera. Calle e Ponte a fianco la chiesa. Campiello e Campo dei Miracoli. Chiesa dei Miracoli. Eretta di tavole nel 4480 una cappella per venerarvi una immagine della B. V., poco appresso si costruì questo elegante tempietto, cresciuta la divozione alla Vergine miracolosa. Ignoto architetto ne diede il disegno, eseguito da Pietro Lombardo. È tutta incrostata di marmi preziosi, e ricca di begli ornamenti. Nel
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1846
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Francesco della Vigna. Nel secolo decimoter-zo si fabbricò in questo sito una chiesa sopra modello di Marino da Pisa , la quale stette fino al principiare del secolo decimose-sto. Nel qual tempo minacciando essa di rovinare, si divisò 1’ e-rezione d’ una nuova; e se ne commise il disegno a Jacopo San-sovino : fu posta la prima pietra della nuova chiesa il giorno 45 di agosto dell’anno 1534
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— 11 - 10 di Castellano fu Enrico Contarmi, nel 10'Ji. Ma le frequenti contese che insorgevano fra il vescovo castellano e il patriarca ili Grado (che lino dall’anno 1150 avea dovuto abbandonare la propria sede per la insalubrità dell’aria, e per lo svernamento ognora continuo della popolazione gradense) indussero il pontefice Nicolò V ad abolire quel patriarcato e fondarne uno in Venezia. Per lo che il titolo di vescovo castellano d’allora in poi si cambiò in quello di Patriarca di Venezia. Primo eletto a tale dignità fu il pio e dotto vescovo s. Lorenzo Giustiniani nel 1451. Era stalo creato vescovo castellano nel 1432. La linea di confinuzione di questo sestiere parte dalla punta dei Pubblici giardini, seguita la riva degli Schiavarli fino a mezzo 11 ponte della Paglia, entra nel rio di Palazzo, continua lungo i rivi di Canonica, di s. Antonio e dei Miracoli, di s. Marina, dei Mendicanti, donde per le Fondamente nove rade l’Arsenale, circonda Visola di s. Pietro, corre fino alla punta di Quintavalle, per ricongiungersi a quella dei Giardini. Il sestiere di Castello abbraccia sette parrocchie, le seguenti : s. Pietro Apostolo, s. Martino, s. Francesco della Vigna, s. Giovanni in Bragora, s. Zaccaria, s. Maria Formosa e ss. Giovanni e Paolo. 1. PARROCCHIA DI S. PIETRO APOSTOLO. Questa parrocchia nella sua linea di conlinazione incomincia alla punta orientale di Castello Olinolo, corre la laguna lungo la costa di Quintavalle, continua a girare la costa di Castello che va fino alla Punta o Molla di s. Antonio, tirando innanzi fino alla spiaggia degli Squeri (la nave, da cui move per tener dietro ai serpeggiamenti del rivo della Tana e poi del rivo delle Vergini, ove di bel nuovo incontra la Laguna, e, attraversando il canal di Castello, termina e si chiude colla punta orientate di Castello 0-Iivo lo. Il primo luogo di cui ci accade far parola è quello che chiamasi Punta di Quintavalle. E punta dicesi ogni estremità del terreno verso le acque della laguna. Quesla punta forma l’estremità meridionale dell’isola di Castello Olivolo. 1/ aggiunto Quintavalle, secondo alcuni, è nome di una antica famiglia che fra le prime mise sua stanza nell’ isola : ella le avrebbe comunicato il suo no-
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; sopra di ess-narrasi che il popolo gittasse del pane, gridando che si satollasse morto egli che vivo aveva diniegato gli alimenti alla nazione. Alla sinistra, il monumento della dogaressa Fulier morta nel 1411; e quelli dei dogi Bartolomeo Gradenigo ( morto nel 4343 ) e Marino Morosini ( nel 1152), e di uno dei primicerii del secolo XV, Bartolomeo Ricovrati. — Le valve di metallo di questo vestibolo sono lavorate
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accettò la offerta, e dispose la fubricn della nuova chiesa, di cui fu posta la prima pietra il giorno di Tutti i Santi 1’ anno 1436. Il procuratore Nicolò Lion {quegli che scoperse la congiura di Marino Fallerò), i Pisani ed i Grimnni porsero soccorsi al compimento delle fabriche. Le abitarono i canonici regolari fino al 1471, piuttosto tollerati che avuti modelli di pietà e di dottrina. Loro antica
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1846
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Busetto, lo adattava agli usi di magazzino. Ci giova però sperare, che vedremo il prospetto sul gran Canale rimesso nello stato suo originale, giacché unico e singolare nel suo genere è questo edificio. Ramo e Fondamenta del Megio. Trae il nome dal miglio, specie di biada minuta. Sulla Fondamenta suddetta al num. 1757 s’ erge una casa di stile del secolo XV, la quale fu del celebre Marino Sanudo
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. Palazzo Giustinian-Lolin. E del secolo XVII, e venne architettato da Baldassare Longhena. Calle Vinari o Falier. Corte Falier. Antiche sono le famiglie Vitturi e Falier. Questa chiamavasi in antico de’Faledri o Faletri, e die’quattro dogi alla Repubblica, l’ultimo de’quali fu l’infelice Marino. Il palazzo di questa famiglia venne riordinalo tra il XVII e il XVIII secolo, conservalo però qualche vestigio
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1846
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— 110 — po essa venne atterrati), e sopra la sua area si fabbricarono delle case, sii un lato delle quali, verso il pozzo, fu posto un altarino con la indagine della santa. Questa chiesa aveva sette altari. Sopra l’aitar maggiore erano tre statue d’ alabastro, rappresentanti le ss. Maria Maddalena, Marina e Caterina, lavoro di Lorenzo Bregno. Oltre la scuola di s. Marina, altre confraternite appartenevano a questa chiesa : la scuola della B. V. delle Grazie, 1111 sovvegno di religiosi e secolari eretto 1’ anno 1098 sotto il Litoio della B. V. deila Consolazione, il quale somministrava a’ fratelli infermi medico, medicine e danaro. Ed anche la scuola del Santissimo^ la quale dispensava grazie di ducati dieci a quelle figlie povere de’ confratelli che avessero voluto maritarsi o monacarsi. — Il giorno di s. Marina il doge e la Signoria visitavano questa chiesa, in memoria del riacquisto della città di Padova, ripresa alle forze della lega di Cambrai appunto il giorno di s. Marina dell’ anno 4509. — Stavano in questa chiesa le tombe di Michele Steno, e Nicolò Marcello, dogi, nonché del prete Veneziano Giovanni de’ Cipelli, più conosciuto sotto il nome di Battista Egna-zio, ed una statua equestre di legno dorato con iscrizione all’imolese Taddeo Volpe che condottiero della Repubblica nella impresa di Padova aveva mostrato grande valore e coraggio. Campiello del Piovati o della Scoassera , Ponte e Calle del Cristoj Sottoportico e Corte dell' Indorador, Calle Lunga s. Maria Formosa, Calle del Pestrin, Calle Cocco detta del liemer. Da Du-razzo la famiglia Cocco passò in Venezia a’tempi dei tribuni. Marco Cocco fu uno degli ambasciatori che nel 1177 accompagnarono Ottone, figliuolo dell’ imperatore Federico, che, preso in battaglia dai Veneti, passava in Pavia al padre per pacificarlo col papa Alessandro III. Giovanni e Nicolò Cocco furono banditi nel 1432 dal consiglio di Dieci, perchè con altri nobili avevano congiurato di non favorire alcuno nella concorrenza de’ magistrati se non sè stessi. Corte e Campiello Schiavoncina, Calle Trevisan. Il p. Saio-moni nella sua opera Urbis Patavince etc., dice : Tarvisanam liane familiam primo de Tarvisio Venetias, inde Patavium migrasse v0-lunt. Pare che da Treviso venisse verso 1’ anno 1005. Varii suoi individui da s. Marina e da s. Giovanni Novo facevano fazione all’ estimo del comune di Venezia l’anno 1379. Un Giovanni Trevisan da s. Maria Formosa fu ambasciatore a Carlo IV 1’ anno 1354 ed al re di Ungheria 1’ anno 1357. Calle del Console. Paolo Vedova, segretario del re di Francia ,
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1854
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108 SULLA PATRIZIA sandro nel 1310 dovette trasferirsi, mandatovi dal doge Ma* lino Giorgi, in soccorso di Fresco d’ Este, che aveva usurpato Ferrara al marchese Francesco, ed ebbe più volte in di lui potere la città, ove fermò sua stanza, e lasciò quindi la discendenza, che poi si estinse nel 4677. Quarto ramo è quello dei Contarmi, detti dei Scrigni di San Trovaso. Lo stemma del casato, uniforme in origine a quello, che u-savano i signori del Ileno, aveva tre bande azzurre in campo d’oro, e varie insegne inquartate. Yi era 1; aquila imperiale, riportata in dono dal cavalier Zaccaria, che fu 63 volte ambasciatore a principi ed a repubbliche, da papa Urbano V, il quale ritornava la Santa Sede all’ Italia; e di questo senatore, e più volte provveditor in campo, vedeva-si nella sala del maggior consiglio, incendiatasi nel 1577, il ritrailo in abito cremisino, foderato di ermellini sopra 1' armi, col cappuccio in testa, per dimostrare, scrive Cappellaio, la sua sufficienza nei maneggi e nelle armi. Vi furono inquartati anche i gigli reali, dono del re Francesco al senatore Domenico, che vinta Bergamo, difesa Padova, e ricuperata Rovigo, trovossi colle venete genti nel 4545 alla famosa battaglia di Malignano, in soccorso dei collegati Francesi, contro Tedeschi, Spagnuoli e Svizzeri, rimasti sconfitti. Nè vi era ostacolo allora ad accettare gli onori, poiché soltanto nel XVI secolo vietò espressamente il consiglio dei Dieci d’inquartare nello stemma gentilizio quello dei monarchi esteri, come massima contraria all’aristocrazia del governo ( l). E nello stemma figurò poi anche il corno ducale, e ben a ragione, se di confronto alle famiglie stesse patrizie Pnrtecipazia e Moeeniga, la Contarina vanta più dogi, poiché furono otto, e ben illustri e benemeriti ta ilei M. C., e restò escluso; ma dagli elettori a ciò deputati vi fu tosto rimesso, in riguardo all’antica nobiltà del sangue. Cappellari, Campidoglio ms. Contarini. (1) Tentori, Storia Vili, 211,
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1854
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del palazzo dominicale, della dogaressa Morosini moglie del doge Marino Grimani, la quale vestita di drappo d’oro con maniche lunghe, e coperta di un candido velo fino alle spalle, era incontrata sui gradini dai consiglieri della Signoria, e da tutto il Senato, e tra i concenti della musica, e il fragor delle artiglierie, era seguita da duecento giovani dame bianco vestite, e venti matrone, in nero abito
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1854
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I CROCIFERI 403 Templari!. E ristaurato il sacello nel 4343, a cura di Fra Marino Priore, come da lapide in cifre d’oro tra le ali degli angeli sull’altare, conserva splendide opere del pennello dei Vivami, e in ¡specie del Palma, che danno lumeggiata la vita dei dogi Renier Zeno e Pasquale Cicogna, mecenati dei Crociferi, come lo furono del monastero alcuni patriarchi di Aquileia, nel tempo
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