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eccitandolo controi veneziani. Questi intanto richiamarono le loro genti da Pisa, che più tardi cadde in potere de’ fiorentini. Essendo sommamente a cuore di Luigi XII I’ acquisto del ducato di Milano, si pacificò«)’re di Spagna e Inghilterra e con Massimiliano I, procacciando nello stesso tempo d’aver l’altre potenze d’Italia a sè favorevoli, o almenononavverse, dando particolarmente speciali prove di benevolenza al famoso, ambizioso e bellicoso Cesare Bolgia, già cardinale e arcivescovo, figlio d’Alessandro VI, il quale nulla tanto desiderava, quanto di vederlo innalzato a’primi gradi: per formargli uno stato I’ avea cominciato ad aiutare a spogliarei vicari feudatari della s. Sede, per poi dichiararlo duca di Ro-magna. Perciò il Papaerasi nimicato con Federico I re di Napoli, che aveagli rifiutato una sua figlia e il principato di Taranto in dote, e legavasi tanto più volentieri a Francia dacché il re favoriva le nozze di Cesare con una figlia di Giovanni d’Albret re di Navarra, a condizione però che il Papa lo dotasse di 200,000 scudi e promovesse al cardinalatoAmaneo d’Albret fratello della sposa. A’ 10 maggio >499 sego') il matrimonio di Cesare, e siccome giù dal re avea ottenuta la ducea di Valenza ( V.) di Francia o Va-lentinois, fu comunemente chiamato il duca Valentino. Dell’amored’Alessandro VI per suo figlio, ne parlai nel citato articolo colla relazione che fece di sua famiglia alla repubblica, l’ambasciatore veneto in Roma Paolo Cappello. Questi lo fu nel)499 e nel i5oo, ed in questo gli successe Marino Giorgi : altri ambasciatoti presso Alessandro VI furono, nel )5oi Marco Dandolo e neli5o2 Antonio Giustiniani. Tanto ricavo dal barone Reumont, che nella Diplomazia italiana a p. 3o5 e seg. ci dà la serie degli ambasciatori veuelia Roma nel XVI secolo^ me negioverò. Il re di Francia collegatosi ancora con Filiberto II duca di Savoia, cominciò a mandar truppe in a63 Italia col valente capitano Trivulzi, nemico del duca per averlo spogliato de’ suoi beni, con altri capitani e gente avvicinandosi egli stesso fino a Lione. Allora l’ambasciatore milanese fu licenziato da Venezia. Le genti della signoria cominciarono a muoversi verso il Cremonese, e vi fecero progressi. Spaventato Lodovico, fece appello a’railanesi a sostenerlo e difendere la patria, essendo i francesi più impetuosi nell’assaltare che costanti nel perseverare, attendeudo soccorsi da Massimiliano I e dal re di Napoli. Tuttavolta vedendo certa la sua rovina, mandò in Germania il fratello cardinal Sforza, co’figli e il tesoro. Diverse città dichiararono al duca dover accettare i francesi, Milano divenne agitata e si sollevò; Lodovico si .smarrì d’animo, fu nominato un governo provvisorio, e partì per Germania. Allora la città si divise in partiti, molti bramavano il duellino Francesco figlio di Gian Galeazzo, che con Isabella sua madre imprudentemente non eransi mossi; altri volevano la libertà patteggiando con Francia. Prevalsero a’5 settembre que-st’ultimi, e con diverse condizioni, che mandarono al re. Ma nel dì seguente i nobili portarouo le chiavi di Milano al Trivulzi, che vi feceil suo ingresso,e per tradimento Bernardino da Corte gli consegnò il castello a’ 17. Già a’10 i veneziani erano entrati al possesso di Cremona ; la conquista del Milanese, soggetto a Frauda e a’veneziani, si compì in 20 giorni, ed a’ 6 ottobre Luigi XII entrò trionfante in Milano, avente a fianco Ercole I duca di Ferrara. II duellino Francesco fu poi menato dal re in Francia, e fatto abbate di Marraoutier morì nel ¡512 alla caccia per caduta di cavallo; Isabella, si ritirò nel ducato di Bari dove morì nell524; le sue figlie, Buona sposò Sigismondo I re di Polonia, Ippolita rimase nubile. Appena i francesi tro-varousi in possesso di Milano, proposero a’veneziani, a mezzo del cardinal Gio-
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mandati dal Valiero per riconoscerli, gente di poco cuore ove trovi chi le resista, e di mano ingorda ove incontri chi fugga,e l'afferma Brusoni, rivolsero vergognosamente le spalle, e ripassando il (lume Cetlma, di là del quale erano accampali i turchi, riempirono i veneti di confusione come se avessero il vincitore alle reni, abbandonando il campo coll’artiglieria e col bagaglio
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344 tanta aspettazione e tante speranze furono ridotte al nieute con non poca vergogna de’cristiani.Tale evento non si man-còda un canto d’attribuirloal Doria troppo cupido della propria grandezza per arrischiarla tutta ad un tratto o per concedere che altri con magnanime imprese potessero offuscarla, perciò rampognato dagli storici principalmente veneti ; dall’altro si riconobbe
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Suac Comparandus - Hic Bene Quie-scat ec. Di più il p. Richa riprodusse l'epitaffio da Giovanni Lami scritto nella sua Dissertatio de recta Patrum Nicae-norurn fide. Nel Campidoglio di Roma ossia nella Protomoteca Capitolina,di cui feci ricordo nel § XVI, n. 9, vi è la sua erma di marmo scolpita ila Domenico Manera, tra quelle degl’illustri italiani, anche veneti. A me giova l’osservare
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,ttvB (li trombe nel palazzo de’dogi e nella tal* fattissima del Maggior Consiglio. Allo splendido confilo, protratto ne’ due liti Jella (ala per lungo due roani di albe mense per 3,ooo persone, s’imbadiro-•01,100 sceltissime vivande. Terminalo daagwfìco convito, ed entrati nella sala ■olii suonatori di vari strumenti, e multa vestiti di abiti scenici, ti rappresentò am ingegnose invenzioni il i." dramma m musica, che sia stato dato io Italia, «tallente composizione del Cimoso prete Giuseppe Zarlino di Cliioggia. Luminane soatuositsime a disegno, serenate, regate di iematoli e di rematrici, conimeli« private, banchetti, solenne mostra di «xliiuimi drappi nelle botteghe di Mei-otna, lotte di pugni sul ponte di (. Bar* •abe, balli ed altri tolazzi si succedevano per rendere incantevole al re il soggiorno A Venezia. Qual fotte l’opulenza, quale il lusso generale delle famiglie patrizie '« Venezia, ben apparve nel gran ballo ¿alo nella sala del Maggior Consiglio, nella quale ben aoo gentildonne fecero sfoggio sopra ogni dire sorprendente di ric-dmaia« vetli e gioie preziose; tutto spie-I"* un lusso veramente orientale sia aclfaddobbo, tia ne’tappeti costosissimi • .tirsi sul suolo, meotre nella vicina sala •klte dello Scrutinio le pareli erano coperte di cammellotti a marizzo di color tulio e turchino sparsi di gigli di tocco e vedeasi preparala una colezione di confetture ditene distribuite in 1260 t '*(<i Calli di niccherò da Nicolò della Pi* • f'ppresentanti grifoni, navi, ninfe, •loia e mille altri oggetti. Cominciali i “***•> prete ciascuno de'gentiluomini »•«»si a danzare colle geotildonne.Coii (Wll* ule nelle quali raccoglievasi la sa* R2 *** reggitori e dehberavansi le tor-J* 0 *•••0, vedeanti tramutate ad uo **** -IUbo e di gioia iodici* deli' ^ mer»*'ghoto edilìzio • Muoiale, e ne restò stupefallo, pel (o«plei*od, tante meravigliose cose, ter- 1 Mi le stanze del consiglio de’Dieci di 4o3 una colezione di confeltureedifrutti canditi, la quale riutcì quanto mai sorprendente per essere il pane, le salviette, le tovaglie, i pialli, le forchette e i coltelli tutti di zucchero, e cosi bene figurati, clic il re prendendo la salvietta, non accorgendosi deH’arlificio. nello spiegarla cadde a bricioli in terra. Preferendosi dal re il vivere libero, spesso si compiaceva di girar travestito per Venezia, a fine di osservare tutto a piacere , visitando minutamente le ofGcine e le botteghe ricchissime, ma un ingemmato scettro di squi* sitissimo lavoro, svelava il re nell’uomo incognito, acquistandolo per 16,000scudi d'oro. Recossi pure nel fondaco de'te-deschi, per onorare uno della famiglia de’ celebri e ricchissimi mercanti Fug-ger d’ Augusta. E invaghito della bellezza del volto e delle grazie dello spirito, recavati da Veronica Franco, reputala fra le donne più illtillri che coltivassero la poetia, appassionala pe’letterati più distinti, anche per istruzione. Era l'Aspasia di Venezia. Poi nel 1578 divenue modello di penitenza, ed istituì la casa del Soccorso per agevolare ad altre femmine traviate la maniera di guadagnarsi la salute eterna. Avvicinandosi il momento della partenza del re, egli volle usare del sovrano diritto del veneto patriziato, di cui godeva la sua stirpe, per essere scritta al libro d’oro, col rendere il suffragio pel senatorato, in un grande consiglio tenutosi, a Jacopo Contarmi. Giunto finalmente il momento della partenza d’Enri-colll.il dogeMocenigo gli augurò non meno il viaggio che ogui altra cosa felice, assicurandolo dell’aflezionee dell’osservanza del senato, dell’ordine patrizio,e degli altri tutti della città, protestandogli che i veneziani giammai non avrebbero lascialo venir meno la ricordanza dt ll'iunanilà e benignità con cuiegli colla tua regia pretema illustrala avealare pubblica. Rendendo il re distiote grazie al doge e abbracciandolo, presentavalo poscia di uo diamante di gtaodiitimo valore, accioc-
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» ad 1.1, p. 384, dice che Sislo V aveodo c*r calo di comprare un palazzo in Veneti« per abitazione del suo nunzio ordinano, avendone già acquistato altro per 16,000 scudi in Napoli per quel nuutio, volle J seuato usare al Papa la signorile monili -cenza di darglielo in dono, come seri»« a’i5 settembre 1586ae Diarii mg. A'»-leone maestro delle ceremonie pool'li eie: Leclum fuit Instrumentum donatio nis
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de’nemici, poteva esser diverso il iiue di quella giornata, come pensa Muratori. Ma il Rinaldi dice che contio i veneti pugnò anche il cielo, percuotendoli colla grandine accompagnata da rabbiosi venti. Luigi XII solennizzò iu più forme quella vittoria , e ordinò che si fabbricasse una chiesa col titolo di s. Maria della Vittoria. Mandò l’Alviauo prigione iu Francia nel castel- lo di Loclies, e vi restò
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II creò cardinali i 3 seguenti nipoti e concittadini, i patrizi veneti Marco Bai bo, Battista Zeno e Giovanni Micbieli. Segretamente creò pure un altro veneto cardinale Pietro Foscari, ma non lo pubblicò, il che fece il successore. L’anno 1469 fu anche memorabile per Venezia, per la già narrata introduzione della stampa, ove peri.0 libro s’impressero VEpistole di Tullio. Mentre la designata spedizione
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488 lionati del viceré. L'ostentazione, la lentezza e ('imprudenze con cui questi con iluvse tale pretesa macchinazione, bastar dovevano a persuadere gli uomini perspicaci che tali trame fatte noo erano fellamente, e che esse servivano per coprire un altro disegno qualunque. Altronde quando avvi apparenza che un consiglio timido, come era quello di Filippo III, acconsentito avrebbe ad una trama odiosa ed insensata? Eppure sulla fede di uno scrittore spiritoso ma poco scrupoloso, Saint-Réal, fu lungamente ammessa la lealtà di una congiura ordita nel 1618 dagli spaglinoli contro Venezia. Da ultimo Darò, dopo lunghe ricerche, trovò il vero (ilo di tale evento. Nani, Leti, Giannonee Videi biografo di Lesdi-guiéres, attribuiscono d’accordo al duca d’Ossuno de'disegni ambiziosi sulla corona di Napoli. L’ultimo dù intorno a ciò de' preziosi e pai ticolarizzati ragguagli. Darò quindi tenne, che siccome il viceré avea bisogno de’veneziani per la riuscita della sua usurpazione, non potè esporsi a (arseli implacabili nemici, e clie le sue mire alla sovranità di Napoli escludevano necessariamente il disegno reale di distruggere Venetia. La condotta del senato gli semiira altronde inesplicabile in ogni ultra ipotesi che in quella di un segreto concerto col viceré. E' diede nella sua Storia di Venezia una spiegazione piena della pretesa congiui a contro la repubblica, e del progetto vero dell' usurpazione risoluta dal duca di Ossuua. Si scoperte una parie dì tale disegno; un cappuccino accusò il viceré alla corte di Madrid". Richiamato nel 1619, fu messo prigioniero nel castello di Almeda,ove morì ocl i6>4 d'apoplessia, o pel veleno li annessogli dalla moglie. Il Muratori lo dipinge stravagante, borioso, umiliai ore di novità, e die odiava con 1 sdegno la repubblica veneta, e come capace di strani disegni fu creslutu autore della terribile congiura contro di essa. Ne narra lo scopo, tegolato dal marchese di Dcdmar, c soggi unge,tali erano le «ocien*,!t „ corsero allora dell’inuaun« Nani e altri, specialmente Smi-t, descrissero l’orditura colle costanze, come se avessero Mia 4 », cesso, n || che, come sussista, a«a „ intendere, al sapere, che 1 sa»r, tennero sotto rigoroso silenti« io questa congiuntura, né fexaro motto per incolpar I'Ouum _ «l sero in consiglio l’ambasciaton >p», t, lo, senza lor menoma doglia tua • pa» la di sì orrido latto. Cerò ooa tata »... cali scrittori, che han tenuta parf» ■ tutta questa pretesa cospiratioM,«a*» no a ciò massimamente si pai <«é*t quanto ne lasciò scritto Vittorio Sai mL sue Memorie recondite (ibtlCam» iu tino al 1640); essendo sembrala W m che non potesse mai cadere la bmk non di persone afTatto mentecatte ■ 4 segno di prendere Venezia, città A a p» popolazione , e divisa da laati osaat.i con uu’arinata navale all'ordine, p* fa lente di quella deU'Ossuna; oltre ala pr (à del re Cattolico Filippo III, diabasi é mai credibile, che potesse ceastatats sì itera e detrslabil vendetta, la tenebre altro a me non resta da è*%, • noo una verità ben certa; cioè, eh» a« so quanti spagnuoli e francesi tea*» * Venezia , che nelle milizie della tea* repubblica furono presi « parte mf**-ti, parte buttali in canal OHaaa, e A infinite dicerie si Cecero di qnesio «*• fatto, il quale a me basta d’ave» mmfà cernente accennato. Tuttavia netta Srn de'dog fdi Venezia, si va colla sla»f» * cordando C orribile congiura orJtU duca (tOttima viceri' di Xdpolt, 1 Curva ambasciatore di Spagn* • '** voglio tacer« il ri ferito dal £taia»irr»f” grafico veneto neU'articolo /rnrsfc» *l doge Nicolò Donato, mal vedalo polo (forse per la carestia tetta» sostituito Anlooio Friuli, nel pn** *' no del cui reggimento suppJai « f***3 >1001 gittarono il terrore in Ve»ou f
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Dianca, Pe-scantina e sotto il Castello vecchio, onde i sollevati dovettero limitarsi alle difese. A’22 poi, essendo giunta la notizia de’ preliminari di pace conclusi nel castello diEclenwald nella Sliria presso Leoben Ira l’Austria e la Francia nel giorno 18 aprilei 797,cioèquasi un mese prima del 11 maggio 1797, e quindi in diritto ed in fallo vivente ancor la repubblica; i provveditori veneti
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di più il Rinaldi, che i legati veneti pregarono Adriano I di dare un vescovo diverso da quello di Maiamocco, a Rialto dove i cittadini dimoravano con maggior frequenza e aumento, e gli esaudì; nominando poi il sinodo di Maiamocco Obelerio per vescovo, figlio d’Enean-gelo tribuno di Maiamocco. Dice l’ab. Cappelletti che nel 775 o nel 776 avvenne la fondazione della sede vescovile di Venezia, la cui residenza
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non poteva effettuarsi, il doge Contarmi a comparire iu Avignone dinanzi il tribunale ecclesiasti-co,percuia tutto suo potere tentava d’im-pedirlo; ed n tale effetto mandò per nunzi veneti in Avignone Tommaso Boniu-eontro e Napoleone, per frenare eziandio la temerità del vescovo; anzi per ottenerne l'intento più prontamente, fece partire per Avignone il di lui putire Giovanni Foscari, ma tutto inutilmente
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, maestro di camera; Mariano Gabrielli d’ A-quileia coppiere; il nipote d. Antonio Otloboni generale di s. Chiesa; il figlio di questi e suo pronipote d. Marco, generale delle galee pontificie e governatore di Castel s. Angelo; prelati commissari! per i timori della peste, i patrizi veneti e di lui parenti, Giorgio Cornaro e Francesco Trevisan; nunzio di Venezia, Giuseppe Archinto milanese
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(lo dal Romanin. Il doge Maurizio ebbe dalla corte bizantina gli onori e il titolo d’Ipato; e divenuto ormai vecchio, tanta era la fiducia e 1’ amore in lui posto da’veneti, che nel 777 (al dire ùe\VArie di verificare le date, epoca non sicura perchè in tale anno col Dandolo fa morire il doge), imitando l’uso frequentissimo di Costantinopoli, gli permisero d’associare nella ducea Giovanni Galbajo
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alla signoria per sentirne (’intenzioni, volerle restituire tutte le terre con censo onesto. Rispose la signoria esser pronta a lutto e alla lega pel ricupero del Milanese, e attendere un oratore per trattare. Ma nulla concludevasi e già le bande tedesche scorazzavano nel Friuli, da Treviso uscendo i veneti a reprimerle. Riuscì al veneto capitano Lucio Malvezzi di far prigione il marchese di Mautova Francesco
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arbitrale del Papa. Questa umiliante pace fu assai mestamente intesa dal popolo di Venezia. Benché durasse l’esacerbazione de’veneti contro il Carrarese, si dovè segnare anco la pace con lui a’7 giugno, specialmente regolandosi I’affare de’sali. Ma poco tardarono a sorgere nuovi semi di discordia col Carrarese, e fortificandosi egli e la re pubblica, tutto volgeva alla guerra nel 136o. In quest’anno
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, i quali aveano la loggia a Rio Marin, appigionata da Marco Contarmi procuratore di s. Marco a un certo Colombo. Quindi apertamente il Tentori, tra gli altri frammassoni riconosce«il napoletano Michele Sessa venerabile della setta, ed i patrizi veneti Girolamo Zusti-nian, Francesco Batlagia (ch’è il soprannominato con altri Battaglia), Pietro Dona, Antonio Marin, Giuseppe e Alessandro Albrizzi, Paolo Ilenier
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tanto formidabile, in paese lontano dalla dominante 1200 miglia,dovendo combattere purecoll’abbor- 1 ¡mento che destava nella gente il dover passare il mare, per la grave apprensione di non più ripatriare. L’imprese fatte da’ veneti nel 16G2 si ridussero a varie prede di legni turchi. Venne a sapere il loro capitano generale, che a Scio era pervenuta la caravana navale de’lurchi, che da Costantinopoli passava
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e di maturo consiglio. Questa scelta del senato presentata per la conferma al concittadino Paolo li, egli la disapprovò e in vece esibì alla signoria altri 4 prelati nobili veneti, da’quali destinasse il patriarca. Ma il senato non costumando rimuoversi dalle sue determinazioni, si rifiutò d’accettare i proposti, laonde le trattative andarono in lungo per vari mesi. Finalmente a’3o ottobre, per far cessare
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di prò sante pericolo. Dice V Arie di verificar le date.» Se gli dava timore l'invasione de’principii rivoluzionarli della Francia, che poteano venir abbracciati con calore da una porzione de’sudditi veneti, uou era meno inquieto pe’ militari succe», dell’Austria, nè sapeva come uscir dalla lotta de’diversi sentimenti che I’ angustia vauo. Quindi le molte contraddizioni nella sua maniera
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