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di s. Liberale vi erano delle sue ossa, e le teste de’ss. Gordiano ed E-pimaco martiri. Nel maggiore le reliquie insigni di 7 Salili, provenienti dall’orien-te e con tavola esprimente le loro effigie, cioè i ss. Prospero, Vitaliano, Vincenzo e Ponziano, e le ss. Maura, Petronia e Teodora. Per la vittoria navale riportata a’ 1 o luglio 1651 da’veneti sui turchi, ordinò il senato che in tal giorno festivo
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vi fece le due figure laterali d’ua profeta ed’ un alfiere. Le 3 statue sopra la porta sono del Castelli. Il quadro appresso colla battaglia, per cui Verona fu da’veneti liberata contro il generai Piccinino, è spiritoso e tizianesco lavorodel cav. Contarmi. Il quadro che gli è di faccia, col doge Marino Grimani, che riceve 4 ambasciatori di Persia, fu dipinto da Gabriele Caliari. Le 3 statue allegoriche sópra
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il Papa esentò le monache dalla soggezione de’ superiori cisterciensi, e le sotto-mise al governo de’ patriarchi veneti. Ma anch’ esse terminarono colla sopres-sione delle regolari corporazioni nel t810, dopo avere nel 1806 ricevuto nel monastero le monache di s. Malfio di Ala-zorbo e di s. Daniele già soppresse col-l’altro precedente decreto uel 1806. Chiusa anche la chiesa, già sepolcro del doge Celsi
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rerum novis circumstantiis decus, ac splendorem conservet piaecipi-mus, et mandamus, ut in diebus festis s. Petri principis Apostolorum , ac s. Lau-rentii Justiniani Veneti Proto-Patriar-chae, nec non in die tertia mensisnovem-bris pio anniversariis exequiis omnium defunctorum Patriarcharum Venetia-rurn, pariterque in vesperis dominicae infra octava solemnitatis ss. Corporis Christi prò synodali ss
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d’un Pantheon di grandi artisti veneti, il quale in nessun luogo meglio che ne! sagrano dell’arti venete do-vea schiudersi. L’accademia pubblica i suoi atti annualmente conquesto titolo: Atti dell’I. R. Accademia di Belle Arti in Venezia per l’anno 1856, Venezia i856 tipografia Antonelli. Lo rilevo dalla Cronaca di Milano del 1 85^, disp. i.“, che ne dà la contezza, encomiando lo zelo e l’intelligenza
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si e la verga del regno tuo. Sulla fede di si autorevole testimonio,tutti si confermarono nella fallace vecchia idea: perciò con più di frequenza e divozione i fedeli buonamente continuarono a baciare le lettere, e con preci vi strofinavano rosarie coroucine. Ma viaggiando pe’veneti paesi ilTychsen (protestante) perito neli’orientali favelle, gli piacque di prendere ad esame la cattedra, ne pubblicò
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, ed anche altre, con molte delle preziosità esistenti. Anzi rileva, che non tutte le ss. Reliquie del Tesoro si acquista-roro nel 1202, ma in vari de’successivi tempi e da vari luoghi, non ostante che fossero già appartenute alla chiesa di s. Sofia di Costantinopoli; sia nelle diverse conquiste, come di Candia, sia pel religioso zelo de’veneti chele procurarono, sia per dono di Papi e imperatori, donde nacque il copiosissimo cumulo
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li scientifici rfilologici, e In Nuova Raccoltale. stampate iu Venezia prima (In Cristoforo Zani, poi da Simone Occhi. Nc fu contiiiuatoreil Manticlli.—Mentre si avvicinava il turbine distruggitore degli ordini religiosi nell' Italia e in buona parie d'Europa, fioritissimo era il monastero di s. Michele di Murano di grandi uomini, terminando gloriosamente la sua esistenza. Già però In repubblica di Venezia ne avea dato fatale esempio nel suo dominio, ed a voler parlare (pii solo de’ monasteri camaldolesi della congre-gazioue di s. Michele di Morano, per decreto de’7 settembre 177 I vi erano stati compresi i monasteri di t. Maria della Follina, di Verona, di Vicenza, e di s. Giovanni della Giudecca, restando alla congregazione i soli di t. Michele e di s. Mattia di Murano, e quello della Dndia in Polesine: da quello della Follina dipendeva il monastero delle monache di s. Gervasio di Belluno, onde fu questo soggettato al governo del p.ah. di s. Michele di Murano. Abbiamo : Memorie intorno la vita e gli studi del p. d. Lo-dovico Nachi abbate camaldolese scritte dal p. ab. cl. riacido Zurla dello stesso ordine, in Venezia co' tipi Emiliani 1838, opera del Cardinal Zurla (che I’ avea pubblicata iu Venezia nel 1810 pel Zerlelti), nuovamente impressa con questi tipi con frontespizio di caratteri rossi e neri. Venne scritta mentre era ab-batedel monastero di ». Micheledi Murano il p. d. Mauro Cappellari della città di Belluno,dalZurla qualificato»illustre per talenti e per istudi, che nel 1786 (ili circa 11 anni di età) dopo tre lustri d' intermesse solenni conclusioni ravvivò quelle della filosofia quale egregio uditore di filosofia del p. Natili” che l’amava teneramente, e pianse di consolazione in ammirarlo disputare. Poco dopo il p. Natili iu (atto abitate di s. Mn Itele circa nel 1790 ed in suo onore fu stampata iu Venezia quella Ctin*one, un esempl i re della quale il suo autuie rispettabile f>4l filippino p. Giambattista Binsiutli da Venezia a’7 febbraio! 83 1 l’inviò a Roma perchè dal conte Gaetano Mattei a mezzodì mg.' Mario Matlei tesoriere generale, ora cnrdinal sotto-decano ilei sagro collegio, fosse umiliata al Cappellari a’a divenuto Gregorio XVI; che da lui composta 4o anni innanzi invitava a chiamare la pontificia sua attenzione sulla (>.’ strofa, che gli sembrava un presagio dell’ avvenuta esaltazione, e in quella pure del cardmal Zurla, già altro monaco muraiiese. Ilo sotto gli occhi la lettera del p. Biasiutti e la stampa, in cui leggo nella delta strofa, con allusione al-I’ eroica rinunzia al vescovato di Capo d’ Islria (nel 1776, proponendo in sua vece il camaldolese p. ab. d. Bonifazio da Potile, che fu fallo ) ed a’ suoi allievi nel noviziato di s. Michele eziandio; poiché da questo monastero furono scelti sempre ottimi vescovi,ed allora era vivo olire il Da Ponte, Anlonio Maria Gar-(Imi vescovo di Crema. Dice la strofi : D'un popolo il governo - Poco è per te, Governerai l'eletta- Forzimi d' Iddio, per cuiprovisto-Spesso HG regge di Cri-sto - Fu de’ migliori condottieri e duci -Nuovi pastor date la Chiesa aspetta-Pieni delle virtù di cui riluci ", Il p. ab Nachi mentre si trovava in Facnzn, a’a febbraio 1797 occupala la città da Napoleone, a questi si presentò ben accollo; e nello stesso anno ancheaTreviso,e nell’au-lutino a Passerinno,ove fu pure alla di lui menta invitato.Con questi cenni intesi di. dilat are come nel declinar del secolo pattalo fioriva il monastero di t. Michele con un p. Nachi,on p. Zurla.un p. Cappellari, il quale indusse a ricevervi la cocolla monastica, olire altri, l’illustre concittadino bellunese attuale abbate generale della congregazione camaldolese, il dotto p. il. Giutrp|>eZupp.ini (il qualealla morte del Nu bi, esondo lettore, recitò applaudita orazione in sua Imi«-).Questi ripatriando, allo scioglimento itegli ordini regolari, divenne canonico della patria cattedrale
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, Diario del viaggio da Venezia a Costantinopoli. Il Cancellieri, nelle Dissertazioni epistolari bibliografiche, celebra i meriti de’ veneziani nell’astronomia. Il vicentino Giuseppe Toni-do trattò del merito de’veneziani verso l’astronomia : Saggio degli studi veneti nell’astronomia e nella marina, Venezia [782. Ivi nel seguente 1783 fu pubblicato il Saggio sulla nautica antica de’ veneziani
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per vedere la generale perturbazione delle cose, a cagione del furioso scisma, erasi posto sotto la protezione della repubblica, ricevendo in Ravenna un podestà veneziano e molti altri veneti per sicurezza, chiamandola a succederlo nell'eventuale mancanza d’eredi maschi, ma non poteva farlo essendo allo dominio della s. Sede. Fino dall’Etiopia il Prete Janni mandò al doge preziosi aromi, e 4 leopardi
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T «io Ji Maiua e d'altri luoghi della Mo-ocbt »’ erano dati »'veneziani, furono garetti tornare sotto i turchi ; e il capi-«o Foscariui dovette ridursi a Corfù, «euaversi potuto fare alcuna operazioni, tranne l'avere recato paura a’nemici. Dk tale avvenimento delle armi venezia-u. efnerosamente si sdegnò il Foscariui, ¡naie tornato dal l'ingloi iosa spedizio-w latinizzò al collegio una molto vigoro-u icrittura, nella quale rendeudo cauto U tuo operalo, altamente biasimando il ««legno di d.Giovanni, disse ch’era seni* H«-** voler fare e l’ultimo a decidersi, i ni consiglieri poi si mostrarono sem-pt avversi «’veneziani. Fra le altre cose ss; unse: Senza far nulla si passò l’apri-<,il maggio e il giugno, finché giunte le Mtuw della guerra de’l’aesi Bussi, dichia-n che senza nuova commissione del re poteva allontanarsi. Il Colonna an* «k'igli si rodeva. Uscito il nemicoda’Dar-¿aadli, e cosi trovandosi esposte l’isole •voeziaoe, ad onta di tutte le rappresentate non si mosse. L’armata venela non fottodo comportare tanta vergogna, u-<a «la da Corfù, per incontrare i turchi, '«Hi si rilirarono; d. Giovanni se ue adì-fi* e sfogò la tua collera nel consiglio, spe-; ‘lotntecontro il Colonna, chea veaade-•' '«a veneziani e con improvvisa risolu-**** detto di voler uscire. Difetti Tarma- • Kiolie da Corfù,composta di al navi,6 fd** grosse della repubblica, a di Firen-:,»*97 sottili, ma non essendo riuscito di '*«Ure il nemico da Modone, erasi assa-•« per 4 giorni Navarino, donde poi d. '■»»anni volle ritirarsi, malgrado al con-'-•rio parere de’ veneziani. Aggiunse il c*t*nni t T essere stata in lega fu alla "Htìia gran danno, sempre riuscire fvgiuditievole la compagnia de’più po-***** • <l“»h bisognava avere rispetto,do* ’mi svio (àie assegnamento sulle proprie •T**, non su quelle de’collegati, perché t“«»! >i muovono più per interesse pro-f‘*»,clve pei quello del compagno; che bi-«»et capitano generale noo pnu* 397 cipe, ma persona che possa aspettare premio o castigo; che chi ha grandi stati fu molte volte ciò che ad altri é impossibile, come il turco, il quale in 6 mesi rimise in essere un’armata di a io galere contro l’opinione universale; che si fa guerra con grande svantaggio con un principe più potente, perché questi, se rotto, presto si rimette, cosa che non può far l’inferiore; che non basta la (lotta, ma ci vogliono buone truppe da sbarco; che in fine, chi non ha speranza di rovinare in tutto o in gran parte il nemico, farà molto senno di cercar pace con esso, e venendo pur alla guerra, meglio essi portarla nelle terre di lui, che stare sulle difese. — I veneziani quindi costretti ad attendere più che mai alla difesa di Dalmazia e di Candia, a’aa novembre157a ingiunsero all’ambasciatore di Spagna, di far presente al re l’a*-solula e sempre più stringente necessità di vigorosi provvedimenti, perché se si lasciavano pssare l’occasioni di battere il turco in Levante, egli sempre più di-laterebbe i termini del suo impero, e con aspirare alla monarchia del mondo, attenderà alla totale distruzione de) cristianesimo, da’suoi possessi d’Ungheria minacciando I’ Italia per terra e per mare, la quale diverrebbe sua preda se occupaste Candia restata frontiera, solo e fermo propugnacolo. Essere interesse comune, il risolversi prestamente a frenare il comune nemico. A queste rimostranze si ottennero buone parole e uull’altro, lasciandosi da Filippo 11 crescere la potenza turca e indebolire sempre più nella lotta la repubblica. Mirando questa sempre sopra ogni cosa alla lega conlro il turco, essendo questa in cima d’ogni suo pensiero, raddoppiò i suoi sfoni [ter tirarvi di buon animo la Spagna. Ma sui disegni di questa con maschia eloquenza declamò in senato Tommaso Coularini, principalmente dimostrando gli spagnuo- li sempre facili • eotrare in lega co’veneli, perché tale lega non era allro che tener legati i veneziani alla guardia de’ luoghi
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6o4 mato il senato a progredire nelle sue innovazioni, con altre leggi soppresse non pochi conventi e monasteri, coinè deplorai.ne’precedenti §§a’loro luoghi. Riporta il n. 8248 del Diario di Roma del marzo 177 1, che il Papa volendo dare un attestato del suo paternoamore verso l’eccellenza dell’ambasciatore Erizzo, lo creò cavaliere aureato, alla presenza de’cardi-tiali veneti
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av-vertenze.Lei 20 biografie de’dogi iscrissero i seguenti rispettabili veneti letterati. Dal 1,° al 48.0 doge inclusive, le notizie sono del cav. E. A. Cicogna. La biografia 49." di Giovanni Veludo. La 5o.“, 5i.a, 52.a, 53.a, Francesco Caffi. La 54-’ e 55.a Veludo. La 56.a e 57.” Cicogna. La 58.a Caffi. La 5c).‘ Cicog na. La 60." Giovanni Casoni. La 61 .a e 62.a Cicogna. La 63/Veludo. La 64
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al cardinalato, che poi conseguì, dalla nunziatura di Firenze trasferì in questa Bernardino Honorati arcivescovo di Sida. E nel seguente 1767 di suo ordine a’ 19 settembre fu sottoscritta dal cardinal Tor-regiani segretario di stato, e dall’amba* sciatore di Venezia Nicolò Erizzo, una convenzione reciproca per l’arresto de’ banditi e malviventi, fra gli stati pon-P. II. 593 tificii e veneti, cogli
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, solo cedendo Cremona, egli fatto orgoglioso si avanzò verso Caravaggio. Michele Adendolo, Luigi III Gonzaga marchese di Mantova, Cesare Martinengo e gli altri distinti capitani veneti, a’i5 settembre1448 attaccarono 10 Sforza, il quale li sbaragliò; e assalito 11 campo difeso da Bartolomeo Colleoni, eh’ era entrato al servigio della repubblica, compì la piena rotta dell’ esercito veneziano
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dominio in Italia, affidò il comando generale dell’esercito al duca di Borbone, dandogli la spada di contestabile di 26 anni, e destinò nuovo soccorso di gente alla repubblica, sotto il governo del prode Odetto di Foix detto Lautrec, cugino di Gastone perito a Ravenna, coll'incarico d’aiutare i veneziani al ricupero di Brescia, unito a Teodoro Trivulzi nipote di Gian Jacopo e capitano in suo luogo della repubblica.Nel 1 516preparnndosi l’imperatore a recarsi in Italia, e Leone X desiderando 1’ abbassamento de’ francesi, la repubblica inviandogli per ambasciatore Marco Minio,procurò impedirne la roti lira, eri volse le sue cure ad assoldare svizzeri e italiani e per capitano Giano Frego-so parente del doge di Genova. Venuto Massimiliano I con numeroso esercito,minacciando spavento e desolazione, invece ottenne poco effetto; onde abbandonata l’impresa di Milano,tornòin Germania,e l’esercito dopo aver saccheggialo Lodi e sue adiacenze, nella più parte ripatriò e gli altri passarono a Verona. Avendo la repubblica ripreso 1’ assedio di Brescia, co’soccorsi efficaci di Lautrec, dopo mirabili sforzi da una parte e dall’altra, gli assediali vennero a patti, ritornando dopo tante vicende nel dominio veneto, facendovi l’ingresso il provveditore Grilli a’26 maggio. I veneziani passarono ad assediare Verona, urtili a Lautrec, che poi volle ritirarsi , onde potè entrare nella città il soccorso tedesco. A’ 13 agosto seguì a Noyon la pace tra Francesco I e l’arciduca d’ Austria Carlo sovrano de’ Paesi Bassi, divenuto re di Spagna, lasciando all’avo di questi Massimiliano I due mesi di tempo per aderirvi, con obbligo di restituire a’veneziani Verona col compenso in denaro. La Spagna si obbligò di assegnare una provvisione alla regina Caterina vedova di Giovanni d’Al-bret re diNavarra,per averla spogliata del regno per la divozione mostrata a’ francesi; e Francesco I darebbe la sua pii-mogeuita iu matrimonio a Carlo per tcr- 299 minare o assopire la contesa riguardante i diritti su Napoli. Si raccolse poi un congresso a Brusselles, e mentre le pretensioni degli ambasciatori imperiali erano esorbitanti, giunta la notizia della pace seguita a’ 2q novembre tra la Francia e la Svizzera, l'animo di Massimiliano I si fece piùarrendevole. Riprese dunque le trattative, si condussero a termine a’3 dicembre con 1 3 mesi di tregua, consegnarci intanto Verona e suo contado U al re di Spagna, la cessione di Roveredo e di Riva ili Trento per parte de’ veneziani, e per indennizzo di spese essi e i francesi pagherebbero 200,000 ducati,ritenendo inoltre l'imperatore le terre acquistate nel Friuli.Così a’24 gennaio! 51 7 entrarono nella tanta agognata Verona il Lautrec, co'provveditori veneli Andrea Grilli e Gio. Paolo Gradenigo, con vivissime dimostrazioni ili giubilo de'vero-nesi; e la repubblica dopo 8 anni di guerre e travagli tornò in possesso di lutti i suoi stati, perciò grandi feste si fecero a Venezia e rendimenti di grazie a Dio, con larghe lini osine a’poveri. Il senato presentò di ricchi doni Lautrec, e il Gl'itti l’accompagnò sino a Lodi. Veneziasi rialzò a novella potenza, ma le conseguenze ili tanti funesti eventi, che aveano fatto Italia palestra alla cupidigia di Francia, Germania e Spagna, non si potevano d’un tratto di penna distruggere; eia pace sulla carta non era nel cuore e la combattevano le passioni degli uomini , come ben osserva il eh. Romanin. Leone X a istanza del doge Loredano, creò cardinale Francesco Pisani patrizio veneto, che intervennea 8 conclavi. Francesco I molto si adoperò a comporre le cose dell’imperatore colla repubblica, rinnovò con essa il trattato di Luigi XII, e potè conseguire a’3i luglio 1518 una tregua di 5 anni, ritenendo l’imperatore e i veneziani i possedimenti che occupavano, obbligandosi gli ultimi pagargli nel quinquennio 20,000 ducati l’anno. Restava a concertarsi sqi confluirla comporsi dal-
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il governo di Venezia a spiegarsi sul (nodo con cui verrebbero ricevuti ne’ porti veneti i bastimenti russi da guerra, e quali garanzie vi potessero trovare. E la repubblica dichiarò un’altra volta voler attenersi alla più stretta neutralità, inviando per eoa-
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agli umilianti patti, e ad altri di minor importanza, per la malaugurata politica di que’tempi, dalla sfortuna delle armi napoletane, dal tentennare de’ veneziani, dall’abbandono e irritazione di Lodovico, il quale però saputa l’entrata del re in Boma, disse agli oratori veneti che conveniva provvedere che non passasse più avanti, avendo scritto al Cardinal fratello che si provocassero l’imperatore
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perciò pubblicalo: quindi non potersi in forza del medesimo nominare. Doversi inoltre considerare che il privilegio di queste nomine accordate per il regno I-talico non si poteva estendere a’dominii veneti che posteriormente vi erano stati uniti. Di più essersi dal governo Italico nominalo ad alcune diocesi venete, alle quali per lo innanzi aveva sempre provveduto direttamente la s. Sede
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Obelerio, è quello che, giusta la comune degli storici, Obelerio fu l’ultimo de’ dogi crealo in Maiamocco, e il i.° che si recò ad abitare in Rivoalto, secondo il cav. Cicogna, sebbene poi dovrò dire con lui che lo stabilimento della sede del governo in Rialto fu nell’8 i 3.Quando il doge Marco Cornaro ordinò che in della sala si dipingessero i dogi , volle che si cominciasse dal i.“ doge che fece residenza in Rialto). D’origine patavina o atesina, già tribuno di Maiamocco, venne dall’esilio richiamalo a reggere la patria neH!8o4. proclamato dall’assemblea nazionale, che avea deposti e esiliati Giovanni e Maurizio. Assunto appena alla ducal dignità associò il fratello Beato, e in seguito anche Valentino 3.° fratello. Affezionato a Carlo Magno per genio, e per la moglie che tolse in Francia quando colà recossi, era giunto perfino a promettere, senza saputa de’veueti, il possesso dell’isole delle Lagune a Carlo Magno ed a suo figlio Pipino re d’Italia. Scoppiò nuova guerra tra Eraclea ed E-quilio, con sanguinosi successi: il doge O-belerio vi mandò il fratello Valentino, il quale postavi la quiete, stabilì che le più nobili famiglie d’Eradea e d’ Equi-lio trasportassero loro dimora in Rialto, a Torcello e a Maiamocco. D’allora in poi Eraclea ed Equilio decaddero dalla loro grandezza. Obelerio allestì in patria un’armata navale, e con Beato portossi nella Dalmazia per punire i croati slavi, pirati infestissimi nell’Adriatico. Non potè per altro richiamare il suo amico Fortunato patriarca di Grado, pei- essersi dato manifestamente alla parte de’fran-chi, il quale però ne’successivi subbugli si avvicinò all’isolecon Cristoforo vescovo d’ Olivolo, divenuto suo amico, fissando la sua dimora nel borgo cilestrino a Campalto,da dove si adoperava a mantener viva la fazione franca. Non vedendosi richiamalo alla sua sede, si allontanò di nuovo recandosi in Istria, ove, pel favore dell’imperatore Carlo, godeva di 43 grandissima autorità, ed accumulava immense ricchezze co’ trafilici di 4 suo' na* vigli. Finalmente fu richiamato dal bando e assolto. Tornato in Grado, fece altresì ristabilire nel vescovato l’amico Cristoforo, ambedue ora pienamente di accordo nel favorire a tutto potere il parlilo franco nell’isole. Intanto i francesi alleltati dalle promesse d’Ohelerio, aspiravano alla conquista delle Venezie, ma due volte la flotta greca entrò nell’Adriatico per sostenere la sua influenza e il suo parlilo in lolla col franco; poiché secondo alcuni cronisti pare che Obelerio nel-l’8o8 si recasse inFrancia dall’imperatore con Beato, e facessero allo di sommissione e acconsentissero a ricevere il ducato, come allora costumavasi, quale investitura imperiale. Pipino re d’Italia, che a-spirava al dominio dell’ isole, si decise abbattere colla forza quel partito greco che si opponeva alla loro sommissione, mentre co’propri circondava tulli i possedimenti veneziani, e poteva col chiudere le boche de’fiumi, che mettono nelle Lagune, gravemente pregiudicare il traffico. Pare che offeso Pipino della ricusata alleanza, per impadronirsi della Dalmazia, a motivo degl’ interessi commerciali che da secoli avevano i veneziani con Costantinopoli, vera sorgente di ricchezze, rotta la guerra mandasse numerosissimo esercito di longobardi ad impadronirsi della provincia de’veneli. Questi in la nlo cimento non mancarono a se stessi. Prendendo principio da chi tutti regge gli umani destini, ricorsero al sicuro porlo delle orazioni, affluirono alle chiese ad implorare la divina misericordia, cui aggiunsero digiuni, limosine e ogni altra dimostrazione di religiosa pietà, Dando quindi mauo a quanto poteva in sì grave frangente tornare a salute della patria, cominciarono dal mandare avvisi a’Ioro concittadini,che commerciavano nelle terre dell'impero d’Occidente, affinché si ponessero in salvo; accelerarono l’arrivo d’ogni sorta di provvisioni,
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