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, Udine e Treviso furono ciascuna decorate col titolo di Regie, col diritto d’aver ognuua un rappresentante presso il collegio centrale da istituirsi a Venezia, ed un altro da stabilirsi in ogni città principale di provincia, iti conseguenza della surriferita disposizione. Nello stesso tempo abolita l’italica denominazione di dipartimenti, si riassunse da’paesi veneti I’ antica di provincie, ripartite
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d’oltraggiarli; ed i veneti dopo aver messo a sacco la città, tornarono sulle loro navi, senz’ altro acquisto. Adirato il soldano per sì sconsigliata impresa, fece sequestrare le mercanzie de’ Veneziani e carcerare i mercanti; il perchè si dovette sborsare non piccola somma per liberare le une e gli altri. L’impresa d’A-lessandria, come già feci cenno, sembra doversi piuttosto attribuire a Pietro I re di Cipro
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Saint Poi. Trattavano i turchi di arrendersi, quando da lungi videro venire 10,000 soldati in loro aiuto, e quindi per la defezione degli sfaccioti , abitanti de’dintorni, rinato l’ardire ne’tuichi,fecero una sortita con ¡strage de’cristiani, per cui i veneti si ritirarono dall’assedio, passa niloqua eia a sostenere alcune fazio-ui, ed il geueral Mocenigo soggiacque a ri- chiamo dal comando deU’armi
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, per le turbolenze de’tempi.Trovandosi poco dopo l’imperatore in Mantova nell’883 rinnovò col doge Giovanni gli antichi trattati pe’quali fu resa più sicura la quiete e la libertà de’ pascoli in Eraclea e io Capo-dargine, protetta la navigazione de’ veneti per tutti i fiumi del regno Italico, esentate le merci proprie del doge da qualunque gravezza. Giovanni intanto in mezzo alle guerre e molestie che turbavano
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a s. Pio V nel 1571. Ricevute gli ambasciatoli veneti le istruzioni o commissioni, dovevano recarsi alla loro legazione dentro il tempo determinato, se non volevano incorrere in pena; per andarsene pelò era necessario un ordine particolare del senato. Conforme a un decreto del i553 i nobili eletti a succedere ad altri in qualche legazione erano obbligali a partire nel termine di mesi i4, termine
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per le necessità di Venezia. Non mancarono funerali a’morti per l’indipendenza d’Italia, e Te Dami per vantaggi riportati ne’combattimenti. L’ 11 ottobre furono confermati i dittatori triumviri da 118 voti contro i3. Osopo si arrese agli austriaci, a’quali poi i veneti tolsero nel paese del Cavallino 2 cannoni e molti commestibili. Altri cannoni e prigionieri furono presi nelle fazioni di Fusina e Mestre a’27
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fondamentali della repubblica. — Della venuta in Venezia degli ambasciatori del Giappone, reduci da Roma nel giugno i585, delle leste pubbliche loro date, parlano fra gli scrittori veneti, il libro Cerimoniali all' Archivio generale, la Cronaca Marciana del Savina, gli Annali della Repubblica presso il cav. Cicogna, Andrea Morosini nelle Memorie politiche presso il medesimo, Gualtieri nella Re-tahonc
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, tutto pacifico e religioso. Vedere tutta la Laguna coperta di peote, di gondole e di barchette, udire lo sparo e rimbombo di 7 galee che venivano a incontrare il Papa, tulli i navigli veneti e stranieri fare lo stesso, il festivo suono di tutte le campane della città, li replicati e strepitosi spari de’maslii nell’interno della città, il popolo da tutte le parli prorompere in evviva prolungali, e chiedere
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4i6 perpetuo a’ patriarchi di Veneria, onde tuttora ne tono abbati commendatari. Ne ragiona a lungo il p.Tempesti nel t.i, p. 381 e seg., donde il Novaes ricalò un sunto inesatto che inserì nella sua Storia dei Pontefici. Pretendendo la famiglia Gradenigo al padronato della badia, per le munificenze usate ad essa da’suoi maggiori, mosse lite a’Trevisani abbati commendatari, i quali pel-successive rassegne falle a’loro parenti da ii5 anni la conservavano nella loro famiglia ; e si ventilò per piò d’un secolo da’lribunali di Venezia e di Roma. Sdegnatone il senato volle sosteoere i Gradenigo, e siccome Giovanili Trevisan n’ era allora abbate, gli ordinò che nell’ intitolazione di Abbas s. Cipriani, sopprimesse le precedenti parole: Dei et Apostol. Sedis gratin. Avendo ubbidito, dipoi lo presentò a Pio IV per la dignità di patriarca di Venezia, e fu preconizzato in concistoro. Poscia vedendo questo prelato avvicinarsi il (Ine di sua vita, pregò Sisto V di accettare la sua rassegna a favore del nipote Pietro Eino, il che penetratosi dui teuato, per sostenere i diritti de’ Gradenigo si oppose. Allora il patriarca con esagerazioni domandò giustizia al Papa, tacciando la repubblica di pieten-sioni pregiudizievoli alla giurisdizione ecclesiastica. Sisto V acerrimo nel reuder giustizia, seuza badare a’rispetti umani di quanto il senato avea fatto pe’ suoi pareuti e nunzi, volendo colla solita sua prontezza sbrigare l'affare, chiamò a se ¡’ambasciatore veneto, si querelò acremente della repubblica, che mentre a-mava tanto, essa attentava all’ecclesiastica libertà. Voleva l’oratore addurre ragioni, ma il Papa di temperamento focoso, alteratosi, alzando la voce disse saperle tutte, e desiderare che prontamente si revocassero gli antichi e recenti decreti contro il patriarca e contro l’Emo, e fini con minacce di fate quanto richiedesse l’onor suo c della s. Sede. L’oratore riferì fedelmente tutto alla si- gnoria, onde per molti giorni si dUpatfc in senato con varie opinioni, non et«n do costume rivocare i decreti pubblicai per cui si vollero sostenere, non ottanta le mediazioni di principi e monarchi p«. che si contentasse il Papa. Ma Sisto V inflessibile, avea già determinato di richiamar da Venezia il suo nunzio e di licenziar da Roma l'ambascialor veneta. Del che avvisati i senatori segretamente da’cardinali amici, si contentarono mot-sequio di tanto Pontefice di rivocar tutto; onde presentatosi l'amba sciatore all’udienza del Papa, manifestò l'operato dal senato della rivocazione delle patti tante volte prese in Pregadi e pattale da tanti anni in esecuzione, quantunque do« si facesse mai per alcun altro sovrana Penetrato Sisto V dal nobileedivotocontegno, ricolmò il senato di finezze dal fetto e di onore, protestando che perque sta sua filiale ubbidente gli avea rubato il cuore, in pieno concistoro lodando altamente la pietà e sommissione dell'augusto senato, il quale da vero cattolica avea dato un preclaro esempio di subordinazione a tutti i principi cristiani. Dall’altro canto, Sisto V equamente compensò i Gradenigo con altro bendino, e uuì in perpetuo al patriarcato la badia.— Spagna e Francia tenevano ancora il i.° posto sui destini d'Europa, quella per la sua ambizione alla monai-chia universale, questa per le sue sanguinose guerre di religione, sostenuta dulia famosa lega cattolica, alla cui te»U era segretamente Filippo II re di Spér gna, contro l’eresia ormata degli Lgo-^ notti, e della de'Sedici dal numero de quartieri di Parigi più ad essa aderenti. Nelle sue strettezze, Enrico III si volte per consiglio alla repubblica, che taoli solenni segni d’affetlo aveagh dato ixl suo soggiorno a Venezia, ed il consiglio fu che ad ogni mollo si studiasse di ricomporre la pace; ma il male era tropp" profondo e radicato, le gare de paitil* troppo vive, gli odii troppo ctaceiluU
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, ma compendiosamente. Così egli era esemplare della vita e de’costu-mi in grado di onore, che quantunque eccelso,non però domandava altezza d’ingegno. Avea battuto la carriera de’magi-strati, avea governato qualche provincia, e sempre si fece ouore, poiché non voleva se non 1’ equo e il giusto. Il Papa Innocenzo XII, dopo aver creato cardinali i patrizi veneti: Gregorio Cornaro, ad i-stanza della repubblica
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e della Mo-rea. III. Consiglio de’Dieci. 1. De’ Capi. 2. Del Camerlengo alla cassa. 3. Degl’Inquisitori di Stato. IV. Compilazione delle leggi. V. Archivi veneti particolari delle Magistrature ed uffizi aristocratici, 1. Esecutori alla Bestemmia. 2. Savi alla Eresia. 3. Monasteri e Provvedi tori adpias c<riiiiJi.4.Deputati. 5. Savi esecutori alle Acque. 6. A vogadori di Comun, e Araldi. 7. Ufficiali
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nel maneggio del fucile e del cannone, parte furono inviati a presidiare il forte Alberoni, parte in altri siti. Guardie civiche mobilizzate, squadre di veneti crociati e volontari, frazioni di corpi disfatti o distrutti, pellegrini, avventurieri d’ogni parte giunsero a Venezia. In breve, le forze propriamente venete delle 4armi, fanteria, cavalleria, artiglie ria e genio, formavano negli ultimi lem-pi
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e del Passeriano, con proroga di pagamento alle pubbliche gravezze. La vittoria riportata a Wagram a’6 luglio da Napoleone I, indusse Francesco I nella seguente notte all’armistizio diZua iim, e alla rovinosa pace di Schònbrunn. — Il decreto fatale de’23 aprile 1810 per Venezia e pe’ paesi veneti ordinò la generale soppressione delle corporazioni religiose de’ due sessi, delle confraternite
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e l’equipaggio, con molti delle principali famiglie, prese da’vittoriosi furono mandate a Venezia, ove i prigionieri riceverono trattamento umano , mitigata la prigionia dalla pietosa carità delle dame venete. In pari tempo il marchese dal Carretto, signore di Finale, eccitato da’ veneti correva devastando il Genovese. Grande fu la commozione del popolo in Genova, e corso al palazzo del doge
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ne ricercò e ottenne porzione della salma del doge s. Pietro Orseolo, le cui virtù faceva di emulare, rappresentando al re l’ardenti e divote brame del doge Ruz-zini, come narrai di sopra a p. 57 (ove col Mutinelli, chiamai col nome di Giovanni il Mocenigo, mentre Alvise è sinonimo di Lodovico): legato a Roma, vi si condusse in modo, che mantenendo intatti i diritti del suo governo, non intralasciava di rispettare i desiderii della s. Sede, pel quale suo temperamento sciolse le difficoltà che intorbidavano la concordia, e ottenne privilegi che innanzi la repubblica non godeva. Convien credere, che doge non potè fare altrettanto, per quanto dovrò deplorale. Umile negli atti e nelle parole, tanto più si conciliava l’altrui amoree venerazione,quanto che natura avealo fornito di sembianze gentilissime, e di tali forme del corpo, le quali invitavano a contemplarlo. Munifico, confortava di denari i poveri, alimentava pupilli e vedove, spendeva molto oro per assicurare la purezza di fanciulle, che beltà e miseria mettevano in pericolo. Egli pigliava sollecito pensiero di soccorrere le povere comunità religiose, che spesso visitava divoto, e quella particolarmente di s. Bonaventura de’francescani riformati, tra’quali trovava di che pascere il suo cuore e il suo intelletto, oltracciò in una loro interna cappella accostandosi alla s. comunione, compagna a lui la piissima moglie, alla quale perispeciale distinzione fu accordato l’uso del corno di dogaressa benché non coronala tale. Tanta religione si ammirava da’ grandi e si venerava dal popolo. Clemente XIII neh 764 reintegrò del culto immemorabile il b. Giovanni Marinoni veneziano teatino, e nel 1765 approvò quello della b. Benvenuta Baiaci da Udine, domenicana. E col breve Exponì nobis, de’19 aprilei7G5, Bull. Rom. coni., t. 3, p. 63 : Facullas perpetua indulgetur asservandi ss. Euclia-nstiae Sac ramenlum in cappella aca• 591 donine Nobilium in civilate Vcnelia-rum sub regimine clericorum regula-rium c.ongregationis Somaschiae. Narra l’annalista cav. Coppi aU’annoi765, che morì l’imperatore Francesco I,dopo essere stato indotto dalla moglie Maria Teresa, la quale dominando non lasciava a lui che la spedizione degli affari ordinari della cancelleria austriaca e toscana, ad erigere in secondogenitura di casa d’Austria per l’arciduca Pietro Leopoldo il granducato di Toscana. Gli successe il primogenito imperatore Giuseppe II, dalla madre dichiarato correggente degli stati austriaci. Intanto le disposizioni che faceva Maria Teresa per regolare le cose di sua famiglia indussero Bassi ambasciatore di Luigi XV re di Francia a Venezia a proporre al proprio sovrano» di favorire l’ingrandimento della casa d’Austria in Italia (che già vi possedeva, oltre il detto granducato, i ducati di Milano e di Mantova contenenti una popolazione d’un milione e mezzo, per le quali provincie avea una influenza grandissima negli allari della penisola, e dirigeva la sua politica a mantenerla in uno stato di debolezza, mentre d’altronde cercava di rettificarvi le sue frontiere ; sposando quindi M." Teresa il suo figlio terzogenito arciduca Ferdinando a Beatrice d’Este, unica figlia ed erede di Ercole 111 duca di Modena e Reggio, questi stati perciò entrarono anch’essi nella casa d’Austria) col possesso delle provili-eie venete, alla condizione peraltro che l’Austria cedesse alla Francia i Paesi Bassi ”. Tale progetto di sottomettere Venezia e i suoi domimi all’ Austria però rimase sopito,ed alla sua volta venne attuato, come dirò poi. Nel 1753 la repubblica avea concluso un trattato co’pirati barbareschi, e tali n’erano state le condizioni che più sembravano proprie da imporsi a sudditi, che non da proporsi ad una potenza sovrana,come osserva la continuazione dell 'Arte di verificare le date. Venezia dopo alcune inutili scorrerie de’
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. Ma egli procedeva con finzione, essendo unodique’ patrizi addetti al partito di Francia e ben veduti da Napoleone). A tale indolenza i rivoltosi divennero più audaci, promulgarono la libertà della patria, ed intimarono al presidio di rendersi prigioniero. 1 soldati deposero le armi, alcuni si sbandarono,altri partironoco’veneti magistrati. Rafforzati quindi i sollevali da qualche centinaio di milanesi
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, poi nell’ 8gi imperatore), che si trovava allora in Pavia, la conferma de’precedenti trattati onde assicurare il commercio e l’immunità che i veneti godevano per tutto il regno I-talico. Ma un nuovo genere di barbari detti tartari ugri, popoli dell’ Ungheria (V.), crudelissimi a segno che ovunque portavano flagello e morte, apparirono nel Friuli Italiano e quasi nelle Lagune veneziane. Tanto fu il timore
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del mesia Jesù, qual generation de li principi acelalo te hanno pelei primo di essa generation jesuala, et de li dominii veneti sei doxe, Andrea Grilli. Ve sia noto al pre- (1) La carta 93’ è bianca. (1) La carta 94* è bianca.
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di patriarchi, vescovi e altri dignitari ecclesiastici ; ammiragli, generali, procuratori di s. Marco, primari magistrati, ambasciatori, e infiniti illustri e benemeriti della patria per dottrina, valorose imprese,altoseunoemolteplici virtù.Non pochi rami de’patrizi veneti si trapiantarono in diverse parti d’Italia e d’Europa, ove fiorirono e fioriscono. Dice l’annotatore del Butler, Vile de'Padri
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per l’Intronizzazione de’Papi. Quanto alla cattedra marmorea di s. Pietro di Castello, i critici moderni la credono portata da’ veneti crociati, da Costantinopoli a Venezia, e l’i-scrizioni essere in lingua turca. In tanta discrepanza d’opinioui volli consultare
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