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’è anche di presente. La sua giurisdizione parrocchiale si estende per tutta 1’ isola della Giudecca, la quale benché disgiunta dalla città, ne fu sempre riputata una frazjone appartenente al sestiere di Dorsoduro. E’ soggetta alla decania di s. Maria del Rosario e conta 2847 anime. Appartiene ai commissariato della Giudecca ed isole adiacenti. 11 tempio nel secolo decorso fu ridotto all’attuale
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. Ma essendo esso [tosto in mezzo a’tumulti della città, presto lo rinunziarono per fare ritorno alla loro quiete. Indi nel i43a Eugenio IV die’loro il monastero di s. Clemente in isola, restato disabitato da’ canonici regolari, e poi nel i438 smembrò il monastero della Carità dal Portuense, lasciandolo solo soggetto alla sua congregazione. Divenuta ristretta la chiesa pel frequente concorso del popolo, determinarono
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sul maggiore de'troni. Non avendo egli mai dimenticatola celiagli s. ¡Michele, quanto qui con divoto e filiale affetto ho riunito a sua gloria, serva ad essa di perenne ricordo di lui che tanto la illustrò. — La posizione pittoresca da cui si mostra l’isola di s. Michele, e il corredo delle altre magne isole e fabbriche che la fiancheggiano, offrono al guardo dello spettatore posato sulla queta via
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più splendido, fa osservare : Che sebbene nel tempo che da vasi mano a tant’ opera, i più grandi luminari della patria scuola erano discesi nella tomba, nondimeno si pensò di a-dornarlocon quelle tavole, che la chiesa allora soppressa di s. Spirito in isola possedeva, come rilevo nel § XVIII, n. 5 ; ed erano la maggior parte produzioni degli artisti dell’aureo secolo, fra cui del pennello miracoloso
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consunto, come dinotano le varie iscrizioni disposte ne’ loro prospetti. H modello fu d’Antonio Scarpagoi detto Scarpagnirio , eccellente architetto del magistrato che presiedeva alle pubbliche fabbriche di s. Marco e di Rialto. La pianta dell’isola fa vedere la disposizione degli edilìzi detti le Fabbriche di Rialto, ed anche Fabbriche Vecchie per distinguerle dalle fabbriche poi erette
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v’ introdusse l’immagine di s. Maria di Loreto, poi trasferita nell’isola di s. Clemente. Nel maggior aliare si veneravano, oltre le reliquie di s.Maùro e altri Santi, il corpo di s. Clemente martire tratto da’cimiteri di Roma, e donato dal pievano Lazzaroni. A-vea buone pitture, e 3 de’g altari ornati di belli marmi. 11 contiguo oratorio o chiesetta di s. Gabriele, e poi della ss. Annunziata, i Morosini
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speciali, come le Università artistiche d’altri luoghi, con immensi pubblici vantaggi religiosi, civili e morali. Fissata la massima nel 1260, adunatisi alcuni cittadini il giorno di s. Leonardo nella chiesa a lui dedicata, della quale parlai nel § Vili, n. 31, istituirono una scuola col nome di Carità. Nell’isola della Giudec-ca fu la 1sua sede nel povero oratorio di s. Giacomo Apostolo, indi
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la sede ducale in Venezia nell’809 (meglio 8 1 3), già l’ordine di s. Benedetto erasi stabilito in un’ ¡soletta delle venete lagune e presso il loro ingresso, dal nome del santo titolare della chiesa ivi fondata, volgarmente delta Isola di s. Servolo. Non è palese l’epoca della fondazione del monastero, beusì è nolo come Angelo Par- lecipazio, il i.° de’dogi che risiedesse ¡11 Rialto, commiserando
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102 ca ¡I fine del secolo XIV o nel principio del XV si trasferirono nel monastero dei ss. Filippo e Giacomo, ovp però neli4i9 vivea il solo abbate, perchè alcuni monaci erano restati nell’isola, ed ivi stettero finché divenne vuota d’abitanti. Essendo le due chiese male uliiziate , ad istanza del doge Tron, Sisto IV nel 1472 uni i due monasteri, colle chiese e rendite, alla ducale basilica
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diligenza e pazienza. — Dalla punta di s. Marta , voltando al sud-est entrasi nell’ampio Canale della Giudecca, tenendo alla destra 1’ isola di tal nome , della quale nel § XVIII, n. 2, ed alla sinistra le Zattere, bellissima riviera che olire ameno passeggio frequentato nell’ inverno, e ne ragionai descrivendone le sue chiese e chiostri. Su questa riviera e alquanto internandosi fra terra, meritano
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IV, Gregorio X, Martino IV, Nicolò IV, Clemente V e Giovanni XXII confermarono tutte le prerogative ed esenzioni. La pietà dell’abbate Marco Bollani l’indusse a fondare nell’isola, non lungi dal monastero, un ospizio di carità pei- accogliervi i pellegrini, che si recavano a venerare il copioso tesoro delle ss. Reliquie che possiede la chiesa, ond’è uno de’più celebri santuari della città
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disegno per la rifabbrica di tutta 1’ isola , seguito erroneamente da Bottal i, Maratta e altri, inconsideratamente, a discapito precipuamente di Scarpagnino. E ciò in onta al presen ti mento dello stesso Vasari, che nel suo abbaglio dichiarò: Se gli scrittori delle Storie vivessero qualche anno di più del concesso al corso della vita umana, avrebbero mollo da aggiungere al da loro scritto; poiché
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de’frati per 18 anni, gli alili uflìziando la chiesa di s. Francesco nell’isola del Deserto. Volendosi dilatare e non riuscendogli, negando il proprietario di ceder loro la vicina casa, data l’opportunità d’avere un ¡spazioso orto nel sestiere di Cannaregio, adiacente al luogo del Bersaglio dove si esercitavano i bombardieri nel maneggio deU’artiglierie,con permesso del senato del 1,° dicembre
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che offresvariatissimi,doviziosi d’ogni beH’ornamento che arte e natura ponno insieme adunare, e sommamente frequentato alla sera in estate, e la mattina nell’invernale stagione. Forma una curva la cui centrai prospettiva è l’isola di s. Giorgio, correndo dal ponte della Paglia fino alla punta, una volta appellata di s. Antonio, ora de’ Giardini medesimi. A questa riviera degli Schiavoni approdano quasi tutti i legni
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razione, e concesse loro un diploma, con promettere, oltre particolari favori, la protezione di tutte le forze imperiali per tutta l’estensione marittima, e la piena sicurezza del loro commercio nel vasto impero , con ampia facoltà di trafficare liberamente di tutte le cose e in tutti i luoghi del medesimo. Questa fu dunque lai.’ relazione politica de’veneziani con Costantinopoli, e al paro di quella co’re d’Italia, più di protezione che di som-messione. Riconobbero l’imperatore greco come loro alto signore, si piegarono alle formole servili, volute dall’orgogliosa vanità della corte d’Orienle, accettarono il costume generale di porre in capo a’propri atti il nome e gli anni dell’imperatore regnante; ma continuarono a reggersi da sè, colle proprie leggi e magistrati , facendo guerre e concludendo trattati , cose tutte che non avrebbeio potuto fare in condizione di sudditanza. Le testimonianze degli stessi storici greci concorrono a provare, che la relazione de’veneziaui verso l’impero d’ O-l'iente, era soltanto di protezione, di riverenza è non di soggezione; e tale era altresì verso gl’ imperatori d’Occidente. Rappresentavano questi la maestà del romano impero, tenevano le vicine terre d’Italia, e a’veneziani doveva stare a cuore di conservarsene la buona grazia peJ loro commerci terrestri, come quella degl’imperatori orientali pei marittimi. Quindi anche verso di quelli certe esteriori dimostrazioni, certo tributo altresì; ma questo e quelle soltanto per tutela de’traffici e per la sicurezza delle terre, le quali assai per tempo acquistarono sul continente, il tutto provandosi con documenti. I diplomi imperiali, cominciando dal più antico di Loiario 1 del ■ T840, di cui ragiona in progresso dell’ac-curata e bellissima storia il benemerito patrio autore Romanin, trattano collo stato veneziano come una potenza riconosciuta, ne disegnano i confini e le popolazioni, regolano le scambievoli rela- zioni e quanto si riferisce a possessioni, fiumi, passaggi ec., de’veneziani nel regno d’Italia. Alcune espressioni, che sembrano accennare ad un dominio, inclusivamente all’invito fatto nell 3 11 da Enrico VII al doge di mandare ambasciato-ri alla sua coronazione (e chi mai potrebbe osare dire in quel tempo Venezia dipendente dall’ impero? ) o che suonano orgogliose, sono dello stile diplomatico del tempo e derivate dalla pretensione curiosa e vana, che quegl’imperatori a-vevano della propria suprema autorità su tutto il mondo cattolico,come in tanti articoli narrai, osando intrudersi talvolta persino nella Sovranità della s. Sede e de’ Papi (V.), i quali nella persona di s. Leone 111 avevano colla loro suprema autorità ristabilito nell’800 l’Impero d' Occidente. Parole non meno superbe e asiatiche, ampollosamente usò la Turchia ne’dì della sua formidabile potenza, verso i scissi principi cristiani, i quali inoltre pagarono lungo tempo certi tributi agli stati barbareschi dell’ Africa, A’Algeri, Tunisi e Tripoli, come dichiarai in quegli articoli, per mettersi al sicuro dalle loro piraterie, senza averne perciò ad inferire che fossero sudditi di quegli stati o da essi dipendenti. 11 Romanin conclude i suoi critici e pregevoli schiari-meuti col dire: che l’isole delle Lagune in principio furono dipendenti dalla Venezia terrestre, alla quale erano annesse; che nella confusione derivata dall’invasioni barbariche, esse trovandosi staccate dalla madre patria, doverono provvedere a sè e nominare i tribuni a propri magistrali, che probabilmente prima da quella ricevevano; che riconobbero il dominio gotico, dal quale non ebbero molestia e furono lasciate in possesso del proprio governo municipale; che infine a’ tempi longobardici la loro costituzione prese forma stabile, e le loro prime relazioni co’ re d’Italia e cogl’ imperatori furono quali potino meglio corrispondere ad un protettorato,che ad una vera sudditanza.
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egli pare, e comparisce ad ornare l’orizzonte splendido e rilucente. Alle ore 19 il serenissimo dogeRenierin compagnia dell’eccellentis-siuio collegio composto de’consiglieri,de’ capi della Quarantia e de’savi, monta ne’ nobili peatoni per trasferirsi all’isola di s. Giorgio in Alga, ove giunto cominciò il suono di tutte le campane della città. Quando poi verso le ore 22 si scorse in poca distanza il nobilissimo
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, e pare anche l’altro comandante subalterno, si costituirono spontaneamente in arresto nell' isola di s. Giorgio; e gli avogudori, che doveano farne rapporto al giudizio ilei gran consiglio ne cominciarono il processo. E fu allora che si fecero uscire dalle prigioni anche gl’ insorti di Brescia e altre città di Terraferma presi coll’arini iu mano. Premessi questi alti di vile , ma ormai d’indispensabile condiscendenza
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de'grandi canali, per la conservazione di quelle scogliere e di quelle mura ammirabili esistenti lungo il Lido di Pelestrina e di Chioggia, detti Murazzi; altre annue 600,000 lire per l’escavazione d’ un canale di comunicazione diretta fra I’ Arsenale e il detto porto di Malainacco, e per rendere questo capace al passaggio di vascelli da 74 cannoni. Pose a disposizione del municipio l’isola
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scrisse il dotto Leopoldo Ranke, autore d’ altre pregiatissime opere, la sua bella monografia : Die Fe-nezianer in iliorea, 1685 - 1715, che descrive lo stato della penisola dopo la riconquista fattane dal Morosini, l’ultimo sfavillardeU’aalico valore veneziano, fino alla pace di Passarowilz.Una relazione copiosa ed accurata dell’isola di Candia, nel 1589 presentata al doge Pasquale Cicogna
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anzi tutto Cipro, come isola la più esposta, e alla quale ben sapeva da lungo tempo a-ver i turchi volto l’avido occhio, il pascià fatto venire a se il bailo di Costantinopoli Antonio Barbarigo, con alterigia così gli parlò: >> Non sai tu bene che quando il mio signore vorrà far l’impresa di Cipro, li tuoi signori non la potranno difendere, perchè ad un tratto manderà dalla Caramania vicina a quel regno
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