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dei territorii di Zara e di Knin nessunissima relazione avevano, e quasi ignoravano che vi esistessero Slavi al di là dei veneti confini . Dallo stupore passò il popolo ai tratti della più cordiale amicizia, ognuno
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italiano della Repubblica. La procella minacciava la sua esistenza, dopo deboli sforzi, ella ne fu colpita , senza che in Dalmazia fosse stato preparato un cannone, riparata una fortificazione, dove in mezzo ad un popolo coraggioso e tutto devoto, padrona del golfo Adriatico, ed alleata coll’ Inghilterra , nel caso di rovesci in Italia, poteva dire io esisto ancora. . I Nobili Veneti governavano
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, che dallo Stato Ottomano venivano introdotti. Il Provveditor Generale aveva un ministero relativo all’ alte sue incombenze. I Conti e Provveditori un Cancelliere, oltre il necessario numero di Coadjulori di Cancelleria. Grave era 1' ufficio dei Cancellieri , mentre la principale responsabilità degli Atti, che potevano essere disapprovati dalle Autorità Superiori non cadeva sopra i Nobili Veneti, che come membri
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ao 9 di sale da ballo, dove Iti principali Dame in costume nazionale dovevano in alcune festività aprire prime le danze nazionali dette skocigorri (salta su) ed anche tanczi. In Lesina si vede tuttora, la stanza che serviva di tortura, edin Traù si vedono pure appesi degli istrumenti di ferro, che servivano per gastigare i colpevoli. Qual differenza non offriva un luogo stesso destinato al piacere, ed al tormento ! Riunivano il Consiglio Generale nei casi estraordi-narii e di somma urgenza, e spedivano gli avvisi di convocazione nei casi ordinarii. Il Consiglio e-leggeva innoltre le seguenti cariche . Quella dell’ esaminatore del comune, P uffizio del quale era di presiedile all’ estesa di tutti gli atti civili di Testamenti, vendite, compere ecc. che venivano stipulati . Esisteva una Cancellarla del Comune, separata da quella dei Rappresentanli Yeneti, nella quale si custodivano questi atti da un Cancelliere eletto dal Consiglio Generale, che godeva le tasse delle quali erano aggravate le parti stipulanti. Quella dello Stimatore, 1 ufficio del quale era di presiedere all’ esattezza e regolarità di tutte le perizie, che dovevano essere eseguite dai rispettivi Periti. Dei Commissari! all’annona detti giustizieri, che invigilar dovevano sopra i prezzi e la qualità dei viveri, sopra i pesi, e le misure . Dei Provveditori di Sanità, dai quali dipendeva *4
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delle scosse che gli vennero date da Roma. Nell’Ing. Miliani i Veneti hanno piena fiducia. Egli è intelligente, fattivo, svelto, pratico, e sopratutto conosce questa nostra meravigliosa e varia Regione, la conosce nella sua complessa rete di fiumi, di torrenti, di canali, di scoli, nelle sue numerose bonifiche, nei suoi antichi e nuovi, vari e numerosi Consorzi. Questi saranno sempre fedeli collaboratori
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, Giuseppe Caletti, Niccolò Roselli, Gian Francesco Surchi, Giuseppe Mazzuoli, Giulio Cromer, Domenico Moni, il Guercino, il Bononi, ed altri insigni pittori, ferraresi di nascita o di elezione. Non mancano capolavori di grandi artisti veneti, bolognesi, romagnoli, umbri, toscani ecc. La pinacoteca accoglie pure buon numero di interessanti opere moderne, in prevalenza di autori ferraresi, e vi figurano
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al santo segno, primo fra tutti si inchinerà il Doge, sin dall'origine legittimo rappresentante dell'imperiale successore di Giustiniano, da poi che i Veneti, fuggendo i Barbari, avevano trovato sulle isole e sulle itavi il dominio dell’altra Roma, la bizantina. Dopo le lotte coi Franchi, quando Carlo Magno avrà nellJ8i2 riconosciute a Bisanzio le città venete lagunari, il doge Agnello
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relazione del suo viaggio, che avremo occasione di citare in seguito. Sui viaggiatori veneziani, cfr. la già cit. opera di P. Donazzolo, sebbene anch’essa sia incompleta. Alcune menzioni di antichità bizantine sono fatte qua e là anche nei Diarii del Sanuto, per es. XXV, 273 (crollo della colonna di Teodosio). (52) Come rileviamo dalle lettere mandate dagli inviati veneti e da persone del seguito
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. « Essenziali riguardi di pubblico servizio vorrebbero, che le società o dite de Veneti con Forestieri in quelle scale fossero dolcemente disciolte, onde togliere gli equivoci, e gli artificii che col titolo, e con l’uso talvolta d’una Prottezione, e tal volta dell’altra colpiscono ugualmente l’interesse, et il decoro della Piazza ».
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. XVI, ed anche per le epoche successive presenta, per le cause sopra accennate, molte lacune. (’) Nel riassumere la storia dei consolati veneti in Oriente, il Presidente della camera di commercio di Venezia riferiva al prefetto del dipartimento dell’Adriatico, con suo foglio n. 3986 del 24 febbraio 1809, quanto segue: «Le scale nel Levante, sede antica del commercio veneto, ove esistevano consoli
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Sebbene qualche documento possa essere sfuggito alle nostre ricerche, forzatamente condotte in gran parte a distanza dalle principali fonti d’informazione conservate a Venezia ed a Vienna, dall’insieme di esse è risultato ampiamente confermato il valore della tradizione che unisce al palazzo il ricordo di Venezia: vedemmo l’edificio, dalle sue modeste antichissime origini, ingrandirsi e rinnovarsi via via, fino a giungere a quello ora esistente; vedemmo sorgere e svilupparsi nel suo recinto varie costruzioni che hanno dato origine a quelle che ora contiene ; vedemmo infine popolarsi il palazzo delle ombre di molti personaggi che in esso hanno vissuto, sofferto o lasciata la vita sul drammatico sfondo dei rapporti turco-veneti. Il quadro da noi tracciato è, come dicemmo, sommario : ma saremmo paghi se esso potesse servire di spunto, specialmente ai connazionali che abitano o si recano in Turchia, per rievocare qualche glorioso ricordo di Venezia collegato col palazzo, con i suoi dintorni e con tutte le località poste sulla via fra Adrianopoli ed il Mar Nero, il cui insieme costituisce una piccola fronda, ma profondamente suggestiva, del grande albero dell’italianità in Levante. T. B. il
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\ 23W Venezia ma non per 1* arte, la seconda per Venezia e per 1' ¡irte. La prima riguarda la gran tela di Paolo Verone-se. La famiglia di Dario alla tenda di Alessandro. Fu venduta per trecentonula franchi per il Museo Britannico. Il quadro era slato instaurato prima del 1800 da Lattanzio Querena, e viene ricordata una copia fatta dallo stesso Querona. Esisteva pure una copia del detto qnadro nel palazzo Pisani in Este, condotta da Francesco Minorelli di Este, ricordato dal De Boni, e che viveva cinquant’anni dopo Paolo Veronese. Gentilmente mi si riferisce che questi» copia era ad Este bucata e stracciata ma che fu accomodata da Paolo Fabris, e trovasi ora in Venezia in Palazzo Pisani. Tale ristauro fu fatto dopo la vendita dell' originale, e la copia è delle precise dimensioni dello stesso. Massima sventura fu quella dell' incendio della cap|iella del Rosario, ove erano provvisoriamente ricoverate una tela del Bellini e la pala del S. Pietro martire. Questo era considerato come il capolavoro del gran Tiziano. Trasportata a Parigi, era stata restituita a Venezia nel 1815. Le due tele perirono miseramente. Altre perdite lamentate nel nostro secolo furono quelle del Museo Tiepolo che passò a Vienna e del Museo Gradenigo, che col mezzo di P. A. Paravia, passò a Torino.
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fu il pittore storico Carlo Bevilacqua che nel 1825 dipingeva una sacra famiglia. Ksso ottenne maggior lode nel dipingere a fresco, nella qual arte dicevasi erede della bravura dei veneti. Di lui si ha la risurrezione, pella chiesa di Fanna, una pala di colossale composizione, l’immacolata per la chiesa di Spilimbergo fatta nel 18&>, e un soli Irto per una cappella di Castelfranco. Paidetti Pietro
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«9 1’ uso che jx>teva farsi ancora dall’ arsenale di Venezia, della posizione di Venezia, e della sua opportunità commerciale, e del jionto della ferrovia, che la congiunse alla terraferma. Il tempo dii; ragione al Dandolo, jicrchè la profetata prossima fine della città di Venezia, non avvenne ancora. Resu') inimitabile esempio in Venezia di ma-ravigliosa attività tutta dedicata alla storia della sua patria, Kmanuele Cicogna. Non c'è argomento patrio dove ei non si sia addentrato, avendosi famigliarizzatocon innumerevoli codici, e libri, avendo attinto informazioni verbali, tutto annotando, tutto ordinando. Nacque Kmanuele Cicogna da liiovanni Antonio e da Elisabetta Bortolucci nell'anno 1788 ai 17 di gennaio anno e mese memorabili |>el ghiaccio che copriva la laguna veneta. L'avolo Kmanuele Cicogna, v'ha chi lo dice venuto di Candia. Rinaldo Fulin, nel suo discorso letterario sul Cicogna tenuto il 17 marzo 1872, fa la famiglia del Cicogna, proveniente dalla Morea, perduta da Venezia jiel trattato di Passarovitz. Ad ogni modo il padre Antonio potè ottenere dalla Repubblica, il diritto di cittadinanza, onde poter essere abilitato a coprire delle cariche, e distinguersi dal volgo e dal ceto dei mercanti. Non regnava il gusto letterario nella famiglia Cicogna, peri Kmanuele fu avviato nella car-
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Gonzaga, condotti, si disse, con finitezza e maestria. Di bello stile e di perfetta fattura si b, il polimetro del nostro poeta dal titolo Fantasie intorno alla vallata di Cisone a Valmareno. K una novella romanzesca divisa in quattro parti: Il cavaliere, la Valle, il Castello, la Notte. Trascrivo questo saluto all’ Italia che è pieno di alletto : Cara Italia, Italia mia. Sei pur bella In tuo sorriso. Hai tu valle che non sia Un’ idea del paradiso ! Dai viventi benedetti« Tu sei terra a Dio diletta, 1/ onda, il colle, il mare, il lido Tutto é caro e spira amor. Scrisse inoltre il Beltrame frammenti dal titolo Agnese, e un’ ode a Giovanni Demin ¡ter la pittura della lotta «Ielle Sjtartane, nella quale si legge la seguente strofa : V arto pudica, ascondere Seppe col nudo 11 nudo. Clic 1' uno all' altro é scudo K velo di pudor. Nell’ anno 1818 dettò versi politici, e cominciava un inno [iella guardia civica il 10 marzo 1818. — I.* lian pur detla la «anla parola Che Venezia e I* lnsubrla consola. O fratelli ogni popolo ha un giorno K per noi questo giorno *puntf>.
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mancando le relazioni dell’ Impero ottomano, col quale la Repubblica Veneta nel secolo XVII sosteneva sanguinose lotte. Come è risaputo da tutti, 1' importanza dei dispacci e delle relazioni degli ambasciadori veneziani, ó di primo ordine. 11 Cecchetti nella sua Repubblica di Venezia e Corte di Roma, osserva, che negli ambasciatori veneti era naturale la lealtà, la franchezza
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110 indici di persone, di luoghi e di cose, agevolano allo studioso ogni ricerca. Ultima fatica del Valentinelli si fu l’illustrazione dei 101 codici manoscritti d'opere del Potranno a lui riferentisi, posseduti dalla Biblioteca Marciana ; poiché compiuto il lavoro, moriva. Questa raccolta fu destinata a contribuire all* omaggio che fu reso al Petrarca in Venezia, in occasiono del suo centenario. Federico Federigo trattò svariati argomenti, ed ecco quanto mi veniva comunicato sul suo conto. Mentre nell' anno 1851 applicavasi allo studio sul pili acconcio perimetro pel caso che fosse ristabilito il porto franco a Venezia, esponendo le sue idee coi tipi della Gazzetta, nel 1853 imprese la continuazione dol supplemento al Dizionario universale tecnologico dell' Antonelli. Trasse da questo un manuale pel sorvegliante delle pubbliche costruzioni e un altro per la «istruzione delle strade comunali e ferrovie. Nel 1853 scriveva sulla mendicità e beneficenza. specialmente in applicazione a Venezia. Nel 18(50 si occupava del Veneto Estuario e specialmente del litorale di Malamocco, poi sulle antiche e nuove saline di Venezia. Nel 18<V> scriveva di Napoleone primo in Italia, giudicato da sè medesimo, nel 1806 pubblicava il processo criminale e fiolitico di Daniele Manin, con annotazioni storiche, nel 1868, il periodo poli-
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is: Barbarigo mentre non tu salvata che la statua di Agostino che trovò rifugio nel Seminario. All' Accademia, ai gessi Farsettiani si aggiunsero nei 182:), quelli del Partanone e del tempio di Kgina. Andavano poi annessi all' Accademia per in-ooraggiamento dei giovani, alcuni concorsi istituiti da privati, quali Treven, Reali, ed altri. Nulla dirò dell'organizzazione interna del-1’ Accademia, riflettendo questa più il concetto amministrativo, ma mi intrattengo in altro capitolo sui bonelici effetti da essa esercitati, per 1' arte, che ebbe in Venezia a suo impulso, una epoca di vita vigorosa, e feconda. Ricorderò da ultimo la privata società promotrice di Belle Arti, che in embrione esisteva a Venezia precedentemente al 1804 la cui opera ni restringeva soltanto a raccogliere un dato numero di azioni con una parte delle quali venivano acquistati dipinti ed altri oggetti d' arte che si cavavano a sorte tra i Sodi, coll'altra veniva litografiate od inciso un ricordo annuale per i Sodi. Nel 1804 alcuni volenterosi si proposero di riformare l'istituzione dandole per scopo l’inconurgiamentoed il progresso degli artisti, unendovi una esposizione permanente. Nel primo Luglio 1805 venne aperta l’esposizione nel palazzo Mocenigo a S. Benedetto, e in ciuque mesi vi furono esposti più di .‘1)0oggetti d' arte.
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104 le arti edificatorie furono in tutte le ejK>che e sono ano>ra in flore. 11 Sagredo prestassi assieme ad altri pel ricupero avvenuta nel 1808 dei documenti trasportati a Vienna dall’Archivio di stata dei Frari nel 1866. Ebbero commemorazioni dal Sagredo : Kmanuele Cicogna, Francesco Balbi, Vincenzo lazzari, Pietro Chevalier, Girolamo Dandolo, Giovanni Querini, commemorazioni che egli leggeva all'istituto Veneto, e che si trovano in quegli atti. Di Tommaso Gar, sebbene non veneziano, torna opportuno far breve ricordo, perchè non solo si occu|>ò di storia veneziana, ma jierchè altresì coperse alti utlici in Venezia. Nacque desso a Trento nel 22 febbraio del 1808 e mori a Venezia nel 28 luglio 1871. Fu commendato da Giovanni Cittadella, che gli successe come preside dell'istituto Veneto. — Da Trento «ve il Gar aveva compiti i suoi stndii {tassò alla Università di Padova e nel 1835 si recò a Vienna per im|>arare la lingua e la letteratura tedesca, e per esaminere i manoscritti italiani, che si trovano nella Biblioteca imperiale, e specialmente i codici apiiartenuti al doge Marco Foscarini, dei quali il Gar compilò il catalogo assieme ad altri suoi scrìtti inediti. Ordinò ed annotò le relazioni degli ambasciadori veneziani presso la Corte di Roma, nella raccolta dell*Albóri nel 1840.
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, che troppi frastagli aveva nelle pieghe, e poco convenientemente lumeggiata nella parte superiore. Esso però restò un gran quadro. Nel 1808. fece Ferruccio ferito sotto le mura di Volterra, quadro di ampie dimensioni, e di [toco successo. Il Carlini era più felice nel trattare soggetti veneti, verso i quali si sentiva condotto pella sua educazione e pel suo sentimento. Pinse 1’ ultimo addio di Jacopo
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