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, che fono Nobili Veneti per merito, ò per onore, come i Nipoti de’ Papi, e molti altri, trovandoli à .Venezia, ponno bt ne entrare nel Gran Confcglioj e ballo-tarvi, oià lien ponno eiercitare alcu-
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de’ loro amici. Così per può chi che ie ne abbino à Venezia de’ buoni, è a~ gevole di trarlo da pena. XV Ponno i Nobili eiercitare la pro-feflìone d'Auvocato fenza derogare. E fono ico anni che tutti, gli Auvq-cati erano Nobili Veneti » e fi crea-tano dal Gian Confeglio fin’ al numero de *4. Ed all’ora avevano tutti vna penzione dal publico,, fendochc era loro vietato di pigliare prefenti, nc danaro
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, e la vertù b fteila vici fan- b ueiiii- 110 de’nemici, fé non fi raggira tutto m-, °pe> con vna prudenza ftraordinaria. Così *»* quel Nobile era bon Politico, che/'?"6 1» 1 i> 1» r hOJìQ? diceva che non metteva punto di dir- procr-.m; ferenza fri i Nobili Veneti: che tut-c(, te le famiglie gli (entravano vguali ww«« t che non ve n’era ne men’ vna, ‘triì/fi-della quale non volefie
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da un capiuno. XII. Una idea molto precisa della forma di reggimento dei Comuni istriani ai tempi veneti può aversi dal volume delle Notizie storiche di Pola *, dove ne scrisse assai largamente e dottamente il Luciani. Venezia governò 1’ Istria in modo plausibile e tale da lisciare lungo desiderio di sè, avendo assai rispettate le consuetudini buone già maturate nelle popolazioni, riconfermati gli statuti
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con quelle di tutta la città. Fu da tutti stimato più temerario che prudente in voler presopporre d’essere egli bastante a far quello che non aveva potuto fare nè la politica ben saggia de’ veneziani, nè l’astuzia de’ preti, e particolarmente in una Roma, ove si trovavano di presenza li cardinali Ottoboni, Basadonna veneti, che raggirerebbero un mondo •*2. E lasciamolo parlare il cittadino benpensante, che riflette in sè
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LE CITTÀ 203 denti stamberghe, prive ormai di qualsiasi fisionomia. Qualche grande arcata ogivale a pianterreno, formante già il vano di un porticato, l’ingresso di un magazzino terreno, o la semplice rientranza di un arco di scarico — in armonia al prototipo offertoci dallo stesso palazzo ducale — costituisce il più delle volte l’unico avanzo dell’architettura veneziana. I palazzi veneti
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quindi la residenza dei suoi signori, conserva ancora il nome di Kanlì Kastéli : o per meglio dire, in seguito, pare, al sanguinoso combattimento del 1647, in cui dai Veneti furono quivi sconfitti i Turchi invasori(1), questi denominarono da allora in poi il paese Kanlì Kasteli, che vuol dire “ castello del sangue „ (2'. Visitata da noi la località nell’inverno del 1900, non abbiamo avuto sufficiente agio
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lo Stato si dibatteva in gravi strettezze finanziarie spontaneamente piovvero le elargizioni, sino alla somma di centomila ducati, per render meno disagiata la esistenza di bordo al Doge, e consentirgli un accrescimento di truppe, di cerimonieri, di guardie speciali. In pari tempo gli ambasciatori alleati presso la corte veneziana e quelli veneti presso le corti alleate si affrettarono a testimoniare a Francesco 309
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, in nome comune, la guerra contro i Veneti. Anche in questa seconda fase della guerra di Ferrara, Agostino Barbarigo insieme a Zaccaria Barbaro, i primi della città come li chiama M. Sanudo, fu spedito al campo di Roberto Sanseverino per amministrare la guerra, e dopo ritornato a Venezia fu chiamato con altri, per ritrovare danaro.
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— 196 — stato per intero riprodotto da Samuele Ro-manin. In esso, tra altro il Tron, incitava i nobili Veneti ad imitare l’esempio dei loro maggiori, occupandosi del Commercio dovendo essere essi i psimi a giovare alla patria, ed a sollevare gli inferiori. Debito ammesso questo per legge e per natura al loro grado. Non adempie quest’ obbligo, dice il Tron, chi unicamente coltiva il lusso
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In esse si parla dell’ ammiraglio inglese Stafford capitano supremo della spedizione, e dei legni veneti comandati dal Bandiera, dello sbarco e della presa di Beirut, di Sidone, nella qual fazione il cadetto Domenico Chinca, portatore del Vessillo, gridando guerriera, guerriera, nome della nave sulla quale era imbarcato, balzò fuori dagli altri, e primo montò sul baluardo piantando il vessillo
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- 167 - e la nave fu restituita ai proprietari Veneti, con tutti gli attrezzi appartenenti alla nave, al tempo della preda. Argomento, invece che diede luogo a lunga discussione, fu la pretesa mossa dell’ambasciatore di Spagna a Venezia, Marchese Scotti, a mezzo dell’ambasciatore francese a Venezia Montaigu, perchè fossero rispettate dalla Republica, le così dette liste, o quartieri
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tutto. Nelle gallerie o per guadagnare i rami o per contendere al nemico i progressi, ad ogni ora si incontravano i soldati combattendo al buio e nell’orrore di questi oscuri recessi, e in particolare con le granate, ed anco con le mani quando l’angustia dei luoghi non permetteva altro uso dell’armi. I turchi però affondavano sin sotto ai lavori dei veneti e questi s’invisceravano tanto che con la fatica procuravano
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— 61 — resse, il ricordare i rapporti che intercedevano fra la República di Venezia, e i due fratelli Nicolò e Pietro Sdrin, nemici fierissimi della mezzaluna, e sebbene sudditi austriaci, ossequentissimi e fedelissimi alla República, di carattere insofferente ed indomito, e perciò malevisi alla Corte Austriaca. I dispacci degli ambasciatori Veneti in Germania, dispacci non ancora editi
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il sequestro dei beni maltesi nei propri territori. Il governo della Serenissima sapeva per triste esperienza che cosa significasse una guerra con l’impero ottomano. Per vincere a Lepanto c’era voluta la alleanza di tutta l’Europa; ma il trionfo di Sebastiano Venier non aveva impedito la perdita dolorosissima d’una delle perle più preziose dei domini veneti, la perdita di Cipro; anche ammesso che in caso
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&C. e che poi ommesso il nome Insula sia restato solamente in uso quello di Vmetiti, il quale è in verità un aggettivo, come lo è altresì parlandosi della Provincia stessa detta Venetia perchè soggiorno de’Veneti . Così abbiamo veduto nominate Insulti Vene-torum da Plinio, quelle dei Veneti Galli. fin.
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, anche perchè così rimoveva da sè il pericolo di dovere difendersi contro la coalizione che i Veneti erano per formare coi Rassiani. Per questa pace e per il favore dello stesso re di Rassia, il cattoli-cismo a Cattaro ebbe salva da inciampi la libertà del suo culto. Per conseguenza gli ordini regolari poterono acquistarvi una maggiore stabilità, special-mente quello dei Predicatori che dal 1345 ebbe dal Papa la licenza
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1841
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. L’elezione doveva essere confermata dai rispettivi Rappresentanti Veneti per ciò che riguarda i diritti Secolari. Le Chiese Cattedrali, erano tutte proviste di Beni proprii per la manutenzione del culto, le Par-^ rocchiali, ed i Parrochi o avevano rendite proprie, o erano sostenuti dalle oblazioni de’ Fedeli. Nella-maggior parte de’ Villaggi gli Altari eh’ esistevano nella Chii sa Parrocchiale
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delle Lagune. s. VI. Valli delle Lagune. i. Lista di alcune Valli. $ VII. Varie notizie appartenenti alle Lagune, Capo V. Tombe e Isolette. §. I. Delle Tombe. §. II. Jiome comune delle Isole Veneti. III. Isolette delle Lagune. §. IV. Isolette componenti Venezia. 1. Castello, e Cattedra di S. Tietro. 2. Storia del Tonte di Rialto. §. V. Terreno dell' Isolette. vi. Se queste Isolette fossero abitate
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1930
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riallacciare codeste tendenze an-titaliane dei croati e dei serbi, all’ impero feudale serbo dei secoli XII e XIII, e al regno feudale croato del IX e X secolo che si dissol-sero perchè anacronostici, senza un reale fondamento etnico, storico, sociale, senza alcuna funzione politica, al primo urto dei turchi, dei magiari, dei tedeschi e dei veneti. Date queste premesse, anche quando come più sopra accennato
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