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fine alla dinastia degli Ilamoudidi. L’anno stesso fu afflitta l’Andalusia per lo spazio di quattro mesi da tremuoti continui,che atterrarono parecchi cdifizii e pubblici monumenti, sotto le cui rovine rimasero molti individui sepolti. Il re di Siviglia, insaziàbile nella sua ambizione, inviò per la seconda volta al re di Castiglia il suo astuto vezir,
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DEI RE DI FRANCIA i35 onori e corone civiche fufono decretati ai Marsigliesi ed ai federati, i più furiosi dei quali, recatisi sulle pubbliche piazze, ove inalzate erano le statue di Enrico IV, Luigi XIII, Luigi XIV e Luigi XV, distruggevano questi monumenti del-l’arti belle, e facevano sparire da Parigi ogni insegna di monarchia: il potere reale trovossi abolito di fatto (i). Eràn due giorni
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monumenti e gli stabilimenti tutti, onde attingere utili istruzioni. Visitò anco madama di Barry, e dopo un soggiorno di sei settimane a Parigi, si diresse verso Ginevra. Si credeva eh’ egli avrebbe visitato Voltaire a Ferney, ma avvenne il contrario; recavasi successivamente a Lione ed a Bordeaux, la cui fiorente situazione, comparata con quella di Vienna, avealo rattristato. (1) Nel 27 gennaio 1778
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che non ebbe più tregua e culminò nella guerra. Ad un convegno convocato a Udine nello stesso anno dalla Società Corda fratres, erano intervenuti moltissimi studenti universitari delle nostre regioni con coccarde tricolori, i quali deposero ghirlande con dediche augurali sui monumenti di Vittorio Emanuele II e di Giuseppe Garibaldi. Poco di poi aveva avuto luogo pure a Udine un congresso presieduto da Ricciotti
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di ringraziamento pronunciate da Teodoro Mayer, per riaffermare, con inesauribile vena, la sua fede nell’avvenire italiano dell’Istria. A sera tarda la comitiva arriva a Pola, attesa al molo dal podestà Rizzi, da tutti i consiglieri comunali e dalle maggiori personalità cittadine. Così si chiude la prima giornata. La mattinata seguente è dedicata alla visita dei monumenti «la cui romana magnificenza fu oggetto
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C.: «Giuseppe Bison e i pittori triestini suoi contemporanei» in «Archeografo Triestino», voi. XLIX (1936), p. 226. (42) «I monumenti storici — La sistemazione di Piazza Unità» («Il Piccolo», 3. VI. 1925).
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, con a capo l’avv. Belli, che gli porse il saluto della città, il poeta visitò i principali monumenti, soffermandosi ad ammirare la Loggia, che egli poi ricorderà in alcuni versi, sui quali avremo occasione di ritornare. Un raggio di sole illuminò l’approdo a Pirano. Accolto nella sala maggiore del Comune dagli altissimi applausi della folla che la gremiva, d’Annun-zio disse alcune vibranti parole di saluto
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assenza di opere d’arte rimarchevoli e di monumenti dedicatori nelle sue piazze. Perciò è inconcepibile che dopo aver incominciato con l’abbattere nel 1900 la canoviana Villa Murat, che neH’esilio accolse Elisa Baciocchi e la vedova del fucilato di Pizzo di Calabria, per dar posto ad una volgare pilatura di riso, si seguiti ancora oggi a distruggere illustri ricordi storici e pregevoli edifici
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il monumento a Giuseppe Verdi, profanato dalla teppaglia il 24 maggio 1915(36). Guido Marussig aveva però già osservato che i vecchi monumenti «devono restare al loro posto e avere la loro funzione decorativa, che vuol dire di vita» (37). E Muratti, lo scomparso grande patriotta, si ricredette, in linea di massima, in una nobile lettera indirizzata a Silvio Benco (38).
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circostante e il cui arco a tutto sesto ha un’ampiezza e ri-vestimento identici a quattro degli altri dieci altemantisi lungo la stessa linea. La deficienza fu già riconosciuta dall’amico Antonio Alisi di Castelvarco nel 1925 (4), quando Silvio Benco, il più competente fra noi in materia, postosi, come nel 1920 e nel 1922, alla testa dei difensori dei nostri monumenti barocchi, definiti allora «ingombri
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— 17 — 1. — Se ai nostri giorni esiste un cattolicismo in Albania, e se non sono stati gettati nel mare i monumenti della civiltà romana e della civiltà cristiana dalle incursioni dei barbari, lo dobbiamo a Scutari. Questa splendida città chiusa intorno nella sua magnifica conca folta di piante e di giardini, dalla ormai celebre catena del Tarabòsh e dal lago a Occidente, dalle Alpi
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deve esser piaciuta e molto. Era un saggio appariscente di scuola e di arte benedettina che doveva fare la sua via, la via ampia e lucente che i Benedettini sapevano dare alle loro creazioni. Di qui il ricordo che di essa ci è tramandato, direttamente o indirettamente, in altri sacri monumenti o in codici (1). San Venceslao a sua volta ha avuto altri riconoscimenti e onori in Italia
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Dalle altre letterature slave minori, niente fu tradotto e pubblicato. Solo, fuori d’Italia, Felice Francesconi — docente d’italiano alla università di Praga e rettore della « Congregazione italiana » della stessa città — glorificò Praga in varie « cantate » italiane tradotte in cèco e in tedesco e nel volume Monumenti poetici del medio evo fuori d’Italia (Praga, 1851) incluse la versione
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, invece, almeno saltuariamente, le sue estreme ripercussioni in Boemia. Che in Boemia la missione di Cirillo e Metodio sia continuata anche dopo il crollo della Chiesa e dello Stato moravo, oggi è ormai pacifico dai monumenti paleoslavi che ne sono sorti o che si sono conservati, — 13
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l’influsso del neocostituito Impero latino a Costantinopoli, che portava nei Balcani un’ondata di egemonia e grande influenza occidentale, ebbe la velleità di farsi incoronare da Roma nel 1217, per cui fu detto il « primocoronato » (Prvovencani), ma poi, al rapido declino dell’impero latino, cambiò atteggiamento e con l’aiuto decisivo del fratello Saba proclamò l’indipendenza della Chiesa serba, ortodossa s’intende, e volse definitivamente le spalle a Roma. La Bulgaria ritornò, temporaneamente, nelle grazie del papato, quando lo zar Kalojan, per combattere meglio la rivale Bisanzio, si rivolse a Roma e chiese la corona per sé e il pallio per il suo primate. Era allora pontefice il già più volte da noi ricordato Innocenzo HI, il quale, imbevuto di imperialismo religioso, approfittò della bella occasione per allargare il suo prestigio. Era, d’altra parte, l’impero latino che con grande solennità si insediava a Costantinopoli. Mobilitò, perciò, preti, arcipreti, vescovi, arcivescovi e cardinali, attinse informazioni dirette in Bulgaria e scambiò lettere e messaggi, in cui magari si legge che « Bulgari et Blachi... descenderunt ex sanguine Romanorum », ma che, come afferma il prof. Dujcev, sono le più importanti fonti per lo studio della storia bulgara di quell’epoca (1). Nel 1204 il cardinale legato Leone di Santa Croce consacrava Basilio capo della Chiesa bulgara e questi, a sua volta, investiva Kalojan a sovrano dei Bulgari con corona e scettro inviato dal pontefice romano. A sua volta Kalojan giurava « devozione » e « obbedienza » alla Chiesa romana. Erano però tutti fuochi di paglia! (2). Comunque ancora una volta il papato, concedendo investiture al potere laico, allargava il suo potere spirituale. E maggiori si facevano le esperienze del mondo slavo. (1) Pubblicate non impeccabilmente dal Theiner, Vetera monumenta, op. cit. I, 1198-1549 e, peggio ancora, nella Patrologia latina del Migne, da ultimo furono edite criticamente da I. Dujcev, Prepis\ata na Papa Inokcntija 111 s Blgaritè in Godisni\ na Sofijs\ija Universitet, tom XXXVIII (1941-1942). Per la politica slava di Innocenzo III cfr. di P. Theod. Haluscynsky, Pontificia Commissio ad redigendum codicem iuris canonici orientalis. Fontes, series III, voi. II. Acta Innocentii P. HI, Romae, 1944. Cfr. pure Th. Saturnìk nelle Slovans\é studie. Sbirka stati vénovanych prelàtu univ. prof. Dr. Josefu Vajsovi, Praga, 1948. (2) P. Balan, Delle relazioni fra la chiesa cattolica e gli Slavi della Bulgaria, Bosnia, Serbia, Erzegovina, Roma, 1880, 76 e ss. e 232 e ss.; P. Pressutti, La Santa Sede e gli Slavi, Roma 1881, pag. 16 e ss. 20 —
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. Vi campeggiano anzi tutto le sagome degli Ospizi cèco e polacco a Roma, dell’istituto di San Girolamo a Roma e del Collegio Illirico di Loreto, ricchi di monumenti, affreschi, documenti e memorie slave, come tante pietre miliari della storia che su di loro grava. Un solo accenno al Vaticano con le sue Gallerie, gli Uffizi e gli Archivi perché è troppo universale per concretarsi in qualche nota specifica slava
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1958
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in quel poderoso glagolismo, cui la Chiesa romana non poteva restare estranea. I così detti « presbyteri de littera sciava », infiltratisi nel Litorale Adriatico da più parti, come lo provano i loro più antichi monumenti scritti, al principio del secolo X si erano fatti così numerosi, che la Chiesa latina di Dalmazia, più precisamente la diocesi di Spalato, se ne allarmò e ne informò il pontefice
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1918
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poteva trovare ascoltatori.... Parlare qui [a Trieste] di possibile conciliazione, discutere filosoficamente i meriti e demeriti, i diritti e doveri delle due parti, è assurdo ». — a Quale sia l’esaltamento degli animi fra i Croati della Dalmazia, si può argomentare anche da quello che è seguito a me. A Trieste, rel-1’ Istria, nella Dalmazia non visitai nessuna scuola, ma solo i monumenti ; e sono appunto
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1934
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, praticamente nel medesimo territorio, codesta ricchezza è stata calcolata nel testo a 1.317,624 milioni di lire; cioè è 8 volte maggiore. Brevi spunti intorno alle variazioni della ricchezza a Venezia dal finire del sec. XV ad oggi trovansi in un discorso del Senatore G. Marcello, Per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d’ arte. Per Venezia., pronunciato al Senato del Regno il 5 Giugno 1931, p. 13
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Page 363
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1940
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, con ritratto (p. 9) INCONTRERÀ DE O.: Per la conservazione di due antichi monumenti triestini (con 4 illustrazioni) (p. 254) — Pubblicazioni e ricerche archivistiche sugli esuli napoleonici a Trieste, I, (p. 307) MARINI R.: Pordenone nel libro di G. Fiocco (p. 63) — Il Museo Garzolini proprietà nazionale (p. 247) MATTEI A.: La campagna tra France'si e Austriaci nella Venezia Giulia ed a Trieste nel 1813
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