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qualche centinaio di ducati di più, perchè il monumento riuscisse più decoroso. Essendo poi anche Francesco divenuto doge, il figlio dedicò una parete al suo monumento e l’altra a quello del nonno. I due monumenti, fatti di marmi pregiati, ora non esistono più. Secondo la descrizione del Martinioni si componevano di un piccolo basamento sul quale si innalzavano due colonne corintie con trabeazione
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. Di esso fa parte la N. D. contessa Annina Rombo Morosini, nota per la sua straordinaria bellezza, a cui resero omaggio sovrani, principi e grandi personaggi nelle ospitali sale del suo palazzo, dove con signorili ricevimenti continua a tener alto il gran nome che porta. L’ultimo dei monumenti dogali e forse il più grandioso di tutti è quello dei dogi Valier nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo. Sopra due porte della navata
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date disperse nella sua demolizione. Sopra un basamento di marmo grigio poggiano sette colonne di ordine corintio di marmo egualmente colorato e macchiato del Friuli con i capitelli e le basi di bronzo, che costituiscono due uniti, ma distinti, monumenti, limitati esternamente da due colonne ed internamente da una, mentre la settima segna la divisione fra di essi. Negli intercolunni, che for mano
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non devono essere stati di poco momento, se l’amministrazione della famiglia Pesaro fu obbligata di pagare lire 340 al ta-ghapietra Michele Caburlotto, esecutore del vandalico ordine della Municipalità Provvisoria. Per quanto abbia con diligenza esaminato i monumenti, non mi è stato possibile di stabilire dove abbiano potuti essere collocati i leoni o lo stemma asportati. Forse furono rimessi a posto, sotto la dominazione austriaca
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angelo a mosaico in campo d’oro, la statua di marmo del doge distesa sull’urna, col manto ed il corno ducale, un dì pure lavorati ad oro. Ha la testa ed il busto un poco sollevati con l’appoggio del braccio destro, posa comune nei monumenti funebri romani, ma che qui fcrse vuol rappresentare, come in quello del Cicogna, il morto in attesa dello squillo di tromba dell’angelo, che annuncia
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, quando il convento venne sop-piesso, la tomba fu ridotta alla sola ancona, essendo state trasportate nel Museo del Seminario l’urna, l’epigrafe e la iunetta dipinte. Ir, tale occasione venne di essa fatta la stima valutandola appena l’irrisoria somma di cento lire venete ! Presentemente per opera del-l’Ufficio dei Monumenti l’urna, un giorno tutta dorata, sul prospetto della quale è scolpita in altorilievo
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, c. 34 e segg. A. S. V. - Testamenti, b. 9, n. 157: testamento di Marcantonio Morosini, fratello del doge, 20 marzo 1672. Museo Correr - Progetti di chiese, monumenti ecc. di Giovanni Antonio Gaspari (1694-1709V 362 -
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dell' Ordine Teutonico in Venezia, sono preziosi fonti di cui tutti i giorni si avvantaggiano i cultori della nostra storia. Figlio sempre affezionato del suo Trentino, il Predelli trasse dal nostro Archivio gratì parte di quei documenti che, copiati, formano i tre volumi dei Monumenti veneto-tridentini, illustrò le Antiche pergamene dell’Abazia di S. Lorenzo in Trento, e preparò con savia illustrazione
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XVI PREFAZIONE dente di lettere, di medicina e di diritto che non come docente d’una qualsivoglia altra disciplina; egli frequentava la cerchia del cancelliere Giovanni di Conversino da Ravenna, esimio professore di retorica, manteneva rapporti di amicizia con i più insigni fisici e medici del tempo, e già nel 1394 (18 ottobre) vien ricordato nei Monumenti dello Studio, non solamente come dottore
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. Reale di Torino). R H M , II, 1902, pp. 511-18. 756. Amos Parditoci: Un canzoniere francese del seco- lo XVI (compii, dal lucchese J. Balbani). A S S, CXX, 1908, pp. 396-417; CXXI, pp. 303-28. 757. L. Torchi: I monumenti dell’antica musica francese a Bologna. RM, XIII, 1906, pp. 451-505, 575-615. 758. Jules Combarieu: Basse danse, Branle, Pavane, et Gaillarde du XVIe siècle. R II M, I, 1901, pagine
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» Non è però questa la prima riprova, in ordine < dente ricorderemo che, verso la fine del decimosesto Ferdinando osservava, in una lettera diretta al segreta] introdotta una loquela, che non è nè latina, nè italian che la friulana, e, l’imperatore Leopoldo I in una letter seppe di Rabatta, maggiordomo dell’ arciduca Carlo, viaggio sino a Gorizia, soggiungeva in italiano : « Di Tra i più vecchi monumenti letterari friulani a Gol
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» e la fede di Venezia per l’interventismo - Partenza per la guerra.....» 19 Il Conte Giuseppe Volpi di Misurata e la fede di Venezia per la sua espansione commerciale .............» 21 Introduzione............» 23 Adesioni.............» 25 PARTE PRIMA (vedi Sommario).....» 27 Ugo Ojetti Accademico d’Italia e il ricordo di Venezia per l’opera da Lui svolta in difesa dei monumenti..........» 29 Ugo Gjetti
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, e mentre si soffermano a guardare le rovine, escono parole di sdegno e di esecrazione verso gli autori di tante distruzioni. Le bombe sono cadute attorno ai principali monumenti della città, rispettandoli, deviando nella loro discesa; molte sono cadute su giardini, in canali, in Bacino S. Marco, in laguna e questo ha qualcosa del prodigio, tanto che ancora oggi si crede al miracolo. 124 —
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, gli sparvieri giungono, si avvicinano, sono sopra di te, non risparmieranno gl’inermi, nè le tue donne, nè i tuoi bambini, nè le tue chiese, nè i tuoi monumenti. Solo la vendetta li conduce e la brama di far pagar caro sopra di te lo scacco subito a Gorizia, conquistata col valore di molti dei tuoi cittadini. Nubi di fumo si addensano e si allargano sulla città, facendo cortina al bianco candore dei raggi
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. L’arma economica non ha vincoli di distanza, mentre la vita, le case, le fabbriche, le chiese, i monumenti, i musei non risentirebbero danni diretti dalla sua azione. In opposizione a questo metodo così efficace ed umano si vuole organizzare un sistema, i cui effetti dipendono unicamente dalla potenza distruttiva di una nuova arma, che mentre non può raggiungere alcuni Stati e non è abbastanza efficace
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. Antonio Rizzo, libero dalla pomposa suggestione gotica ornamentale del cortile, gareggiò nelle severe finestre quadrate, nel possente bugnato, e nei clipei solenni, coi monumenti antichi della sua Verona e delle isole egee da lui fortificate ed eroicamente difese. L’architettura è qui pensiero di dominio trasfuso nella pietra severa. La marea la bacia, eternamente mutevole nel ritmo uguale.
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1933
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della Marina, muove incontro alla squadra già austriaca (Sun Maestà e S. E. sono a prua sotto il castello di cornando) vaporetti, i galleggianti ormeggiati lungo le banchine, si riversò ai Giardini Pubblici, invase il Campo Sant’Elena, occupò, gremendole, tutte le innumerevoli finestre dei palazzi e delle case, che si allineano dal Molo alla Veneta Marina, salì sui tetti, si arrampicò sui monumenti
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” (1891-1905), di Trieste, poi passò nel Civico Museo di Storia ed arte, ove presentemente trovasi come direttore. Studioso dei monumenti antichi della terra Giulia e della Balcania, riportò alla luce Nesazio, V antica capitale istriana, Nona e Asseria nella Dalmazia e Doclea nel Montenegro, mentre a Trieste, sua patria d* adozione, ripristinò mettendola a nudo la Platea Capitolina con la basilica
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1766
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fotto nome di Onorio III. la Chiefa di Dio. Ce ne aificura 1’ Abbate Urfpergenfe contemporaneo Scrittore , e da altri monumenti ciò vien provato dall’ Annalifta Rainaldo continuator deL Baronio. Vedete un poco , che Uom’egregio e rifpettabile folle Cencio o Centhio 0 Cinthio autor del Libro de’ Cenfi . Mi figuro ben io, che gli Eruditi ne avran gradita la ilampa , ch’io ne feci. Abbiam in quel Codice del’critti
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3 8i Dissertazione Troppo lungo farei, s’io voleifi riandare tutti gli efempli , che l’I-floria ci fomminilìra di quello , che fecero gl’Imperaddri e i Re co> tro i Vefcovi, gli Abbati , e il reitanre del Clero. In tutti quegli atti loio torna fempre fui tapeto la quillione , fe fuccedeflcro con autorità legittima , oppure con violenza ed ofuipazione. Molti/fimi monume nti de gli antichi perirono. Que’pochi che dall’ingiurie del tempo fi Salvarono, fanno bdftantemente a noi vedere, che i Pontefici Romani , a quali incombeva di proteggere e conll'rvare 1 diritti di tutte le Chiefe , fecero tetta per quanto poterono , affinchè forza nè violenza fatta folle a gli Ecclefiallici e perfone lacre: e fe alcune di effe foffero talvolta colpevoli di qualche reato, ne folle altresì giudicata la caufa da i legittimi Mi-niflri della Chiefa. Quello , che per molti Secoli veggo non contrattato nè negato ai Re , e nè pure a parer mio allora difapprovato , fu , che ienza richiamo nè oppolizione di alcuno , fi portavano al giudizio de’ Principi e de’ Re le liti civili inforte fra le pedone Eccleliaftic he, o quelle anche che contra di quefte erano da i Secolari fufcitate. In pruova di sì fatto coihtme di que’ tempi, con non pochi documenti, eh’ io addurrò nella Diflertazione LXXIV. de’Parrochi, fi chiarirà la celebre controversa de i Veicovi di Arezzo contro di quei di Siena , nel contrailo e pretensone, che gli uni e gli altri ebbero per certe Parrocchie fitunte fra l’uria e l’altra di quelle due Città. Per adeffo potrà chi legge dare un’ occhiata ad un Giudicato dell’ Anno 833. in caufa Somigliante, ch’io vidi, e copiato dall’Archivio de i Canonici di Arezzo, diedi alla luce in quella Diflertazione . Nacque litigio fra Petrum ( per ignoranza di quel Secolo appellato Petronem ) Epifcopum Arreùnum, Vigil ium Abbatem Monajìerii fondi Amemì , o più tolto Anthymi nel territorio di Chiufi. A quel Moniitero era (lato conceduto nell’Anno 814. un privilegio dall’Im-peradore Lodovico Pio; documento, che dal Tomafio nel quarto Libro dell’ liloria Sanefe fu divolgato, e dipoi dall’ Ughelli fu nel terzo Tomo dell’Italia facra riftampato, ma con quello errore fra gli altri, che Lodovico Pio fi dice Procis in vece di Probs Caroli Magni . Ebbe Pietro Velcovo Aretino la Temenza favorevole da Agìpraido Vefco\o di Firenze, e da gli altri Giudici, e Meffi dell’ Imperadore Lottario I. i quali come Legati d’ eiTo Augullo giudicarono su quella controverfia , nata fra due perfone Ecclefiailiche. Non mi fi dica, che i due Veicovi Agipran-do di Firenze e Pietro di Vclterra, direcfi a Hlotarìo magno Imperatore, infieme con Anajlafio Eptfcapo Senenfi Sentenziarcelo non già di autorità propria, ma sì bene per delegazione dello fteiTo Imperadore, perchè chiara e ripetuta più volte in quell’arto è la formolajuxia jujjìonem & In-diculum Domm Imperatoris . S’ha intanto da emendare 1’Ughelli , che in vece di Agiprando fcriiTe Aliprando o Rambaldo. Qual folte il veto nome di lui ( quello appunto di Agiprando ) l’abbiamo nettamente da quel-
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