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dopo l’invito a volersi presentare al Quai d’Orsay per affari che lo riguardavano personalmente. (i) Quest’ultima era la bandiera della Dalmazia. Alcuni venerandi notabili dell’isola italianissima di Cherso erano venuti a Parigi e mi avevano pregato di rappresentare la loro isola, le cui rivendicazioni erano identiche a quelle di Fiume.
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X ne X e darà 1 dettaglj della bella operazione che ha diretto il Generale Dróuet e che è stata eseguita dal Colonnello Haymet , dal capo di battaglione Arnaud del secondo leggiere , e dal Capitano Avy . Questa operazione ha messo in nostro potere un’ isola difesa da mìl-le Russi, e da cinque fortini guerniti d’arti* glieria : il che è di somma importanza per 1' assedio, poiché quest’isola
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di quelli di una volta ! f| E nel 1565, avendo P armata turca tentato d’impadronirsi dell’ isola di Malta, di quel nuovo baluardo eretto in un punto strategico del Mediterraneo dai Cavalieri di San Giovanni dopo la perdita di Rodi, il granduca Cosimo I rinforzò P armata degli alleati con una poderosa squadra toscana sulle navi della quale presero imbarco i più esperti e i più audaci Cavalieri Stefaniani
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, et era solito andare in corso con 26 pezzi di cannone. A dì 3 d’ Ott.re di d.o anno si combattè con cinque galere di Biserta fra r isola Tauolara e Molara predando di essa dua, frà le q.li ci era la S. Fran.co di Malta, che gli anni à dietro le galere pred.e di Biserta haueuono preso sopra Murro di Porco in Sicilia, et si fecero 306 Turchi schiaui et si liberorno 512 Christiani. Sotto il comando del S.r Amm
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sanguinosa nella quale lo stesso Inghirami venne ferito piuttosto gravemente. Ritornato a Livorno coi segni del valore e della vittoria, il prode Ammiraglio rifiutò ogni riposo, e ritornò in corso affrontando nuovamente il nemico nelle acque di Sardegna, con felice successo. «I II 17 ottobre dell’ anno 1605 i Cavalieri s’impadronivano dell’isola di Nisyro (1) ; il 26 dello stesso mese catturarono
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dell’ammiraglio Tommaso dei Medici e catturarono, navigando di conserva con alcune navi genovesi e pontificie, una galeotta algerina di ventinove banchi presso T isola di Montecristo, in località assai pericolosa perchè ritrovo abituale del nemico. Un anno dopo muovevano in corso quattro unità stefaniane al comando di Pier Luigi dei Rossi, per congiungersi con una squadra maltese insieme alla quale abbordavano
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; ma in questo l’isola di Candia non può reggere a confronto colla meravigliosa esattezza di quella. Altrettanto potremmo dire per 1’ isola di Rodi ; quanto poi agli stretti dei Dardanelli, del Bosforo, e del mare di Marmara, riscontriamo del fantastico così nell’ una come nell’altra carta. In entrambi la deformazione della Morea ha una somiglianza sintomatica. tj Possiamo dunque con tutta certezza concludere
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— 315 — risparmiato il monastero di Sera, mentre Pola non ebbe punto a soffrire incursioni ; ben s’adatterebbe che l’isola di Sera fosse proprietà del monastero di S. Maria Rotonda di Ravenna, allorquando nel 1454 venne data ai Francescani, che con censo annuo ne riconoscevano il dominio ; ben s’adatterebbe che l’abbate avesse in Ravenna (come vedesi nei diplomi) il nome di abbate istriano
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più che l’esistenza di altra città, invece della quale surse Rovigno moderno. Noi collocheremo lo sprofondamento di gran parte dell’isola di Cissa e della città di questo nome nella seconda metà del secolo VIII; ed a questo tempo porremo la formazione del castello di Rovigno odierno“. (Can. Tom. Caenazzo, nei suoi manoscritti). „Più volte, presi ad interrogare persone attempate, specie pescatori e marinari
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numero d’ altre barche col così detto doge dei Nicolotti, coi capi dell’ arte vetraria ed una moltitudine immensa di popolo, seguivano il Bucentoro. Arrivato questo all’isola di s. Elena, era il doge accolto dal vescovo di Castello, al quale quei monaci presentavano una colezione di castagne monde e vino rosso, mentre al doge offrivano alcune rose damaschine in una coppa d’ argento. Egli, presane
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, riflettendosi all’ imperfezione del recinto, al gran numero di milizie che sarebbesi ricercato a difenderlo, senza tuttavia speranza di conservarlo, si venne alla dura risoluzione di abbandonar l’isola dopo distrutte le fortificazioni e imbarcate le artiglierie, le munizioni, le famiglie, che vollero trasferirsi nelle terre della Repubblica (2). 1716. Intanto s’apriva 1’ anno 1716, e con esso 1’ aspettazione
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36 pegno di sgombero dalla Catalogna e di neutralità per l’Italia. In conseguenza della pace di Utrecht, conservava Filippo la Spagna e tutte le sue colonie, promettendo di non mai unire le due corone di Spagna e di Francia ; Napoli, l’isola di Sardegna, Milano ed i Paesi Bassi furono assegnati all’Austria, coll’agognata Mantova e la Mirandola; la Sicilia ed una parte del Milanese furono date
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e dai nuovi assalti di Ruggero re di Sicilia contro la Dalmazia e 1’ Epiro.’ Parecchie città, come Capodistria (2), Pola, Ossaro, Ar-be, Veglia (3), rinnovarono perciò gli antichi patti, e la prima, insieme con Isola, fece atto formale di giurare fedeltà alla Repubblica, assisterla nelle sue guerre nel Golfo, rispettarne le leggi circa all’ estrazione e alla vendita dei grani, ecc. Le navi normanne s’impadronirono
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derivanti ai fondi dal corso dei fiumi, si ammette l’acquisto del terreno alluvionale e dell’isola nata nel fiume, a favore dei proprietari dei fondi accresciuti o limitrofi, ma non senza aspra lotta contro opposte consuetudini, che propugnarono e fecero talvolta prevalere il diritto dello Stato, specialmente nel caso dei fiumi navigabili soggetti a regalia. Per determinare la spettanza dell’isola
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220 blica, Nicolò Tonesto e Bartolomeo Gradenigo eletto duca, i quali seppero colla prudenza e coll’ amorevolezza ridurre 1’ isola nuovamente all’ obbedienza (1234). I capi principali della rivolta, Nicolò Sevasto e Michele Melesino, fecero essi pure atto di sommissione ed ottennero larga concessione di terreni col solo tributo di cinquanta libbre di cera alla* chiesa di s. Marco
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77 nel 1162 l’investitura della contea di Veglia a Bartolomeo e Guido figli del precedente conte Doimo, coll’ obbligo di pagare annualmente la somma di trecento bisanti d’oro, di proveder alla difesa dell’ isola, di astenersi da ogni violenza contro gli abitanti cui non dovea togliere nè le barche, nè gli asini, nè i giumenti, nè i canestri delle vendemmie; infine di mantenere a proprie spese
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non meno dalla mancanza di legame tra queste e dalla discordia dei Tribuni, che dalla forza dei nemici ; tante essere le vie aperte a questi per introdursi, o colla violenza o di soppiatto, da riuscir difficile a ciascuna isola da per sè lo respingerli; per ciò avrebbe stimato molto opportuna deliberazione quella di maggiormente restringersi intorno ad un capo comune, il quale avesse l’obbligo di provvedere
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356 rale, mentre del resto il governo dell’ isola ad imitazione di quello della Dominante avea oltre i Consiglieri ducali, il gran Consiglio, gli Avogadori, il Cancellier Grande, il Magistrato del Proprio, i Signori di notte (1), a’ quali ufficii venivano chiamati i nobili fendati veneziani e cretensi. Le milizie componevansi della cavalleria a carico dei feudali obbligati a fornire, come allor
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S80 della quale cominciò allora il lungo assedio che durar doveva ben ventidue anni. Sul mare però, la fortuna continuava per lo più a favorire i Veneziani. Il capitan generale Grimani teneva assediata la flotta del capitano Bascià nell’isola di Scio, se non che il Turco profittando dell’oscurità d’ una notte potè tacitamente uscirne con parte della flotta e ridursi a Metelino, donde
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frequenti sbarchi nell’ isola, progredivano sempre più verso una stabile dominazione. Infine nell’ anno 826 avvenne caso che a questa doveva condurli definitivamente. Reggeva allora Fotino l’isola col titolo di patrizio, mentre alla testa d’ un distretto militare stava in qualità di duca un Eufemio, uomo di molto valore, ma di non minore burbanza, e che nel suo posto tutto credendosi lecito, avea rapito
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