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. » E in tal guisa veramente finì la rottura di questa volla, perciocché né il doge Soranzo amava di sostenere i gravissimi danni di una lunga guerra, né la repubblica genovese era allora in grado di contrastare colle armi le giuste pretese dei veneziani. CAPO VI. Ribellione nell isola di Candia. Terminato appena questo dissidio, fu costretto il governo a rimandare nell’ Arcipelago la vincitrice flotta capitanata
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dell’ esercito, e gl’ incalzò con animoso coraggio, finché ne rimase vincitore. Martino da Rimini vi perì : Giovanni Visconti fu preso : sul fatto gli fu tagliata la testa. I contumaci allora, vedendosi privi di appoggio e di guide, domandarono misericordia : e 1’ ottennero : ed il tumulto cessò. CAPO XVII. Punizione dei colpevoli: la calma è ricondotta nell’isola. Sedato anche questo secondario tumulto
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c la sicurezza dcl-l’isola e del castello. Per Ire mesi i veneziani non vi furono molestali, perchè la peste, che infieriva nell’ isola, ne teneva lontano qualunque naviglio. Ma tostochè il vigore della conlagione incominciò a scemare, i genovesi colle loro venlidue galere uscirono dal porto di Costantinopoli, e nel novembre dell’anno 1577 sbarcarono sulle rive di Tenedo con un grosso esercilo di greci
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sollecito provvedimento. Ordinata adunque un’armata di quindici galere e stabilitone capitano Pietro Mocenigo, alle quali ne furono poscia aggiunte altre due, comandale da Michele Steno, si pensò alla difesa e alla sicurezza dell’ isola contro qualunque avversaria aggressione. La flotta giunse a Tenedo, ove trovò il resto dell’esercito veneziano, e con quello si collcgò per eseguire gli ordini del Senato
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nel gennaro del 1696. 1696. Antonio Grassi, chioggioto : da lui e dalla sua generosità ebbe principio il seminario de? cherici, che non per anco vi esisteva : finì la sua vita a’ 4 di novembre 1715. 1746. Giovanni Soffietti, nato nell’ isola di Scio: era stato promosso, 1’ anno avanti, al vescovato di Tine; ma il papa in quest’ anno gli e ne cangiò la destinazione dappoiché quell’ isola era stata tolta
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, preferì di andarsi ad investire nella spiaggia : non lo poterono perciò predare, bensì vi appiccarono il fuoco : 1’ equipaggio si salvò in terra. La flotta genovese, dopo avere esplorato quel porto, rase la spiaggia lunghesso l’isola, ed entrò nel porlo di Malamocco. Si avvicinò all’isola di Pellestrina (1), vi pose il fuoco, e proseguì, scandagliando i canali interni della laguna, finché riuscì
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agitalo quel regno. In fine I’ antipapa Clemente VII ne diede !’ investitura a Lodovico II, figlio del duca di Angiò : lo che pose il colmo alle sciagure di quello stato e presagì imminente una guerra intestina. D’ altronde i popoli incominciavano a stancarsi di essere villima delle rivalità di due papi. L’isola di Corfù, siccome ho narrato di sopra, era stata aggregata poco dianzi al regno di Napoli
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Zlk LIBRO XV, CAPO XV. Le parole del Contarmi vieppiù irritarono i rivoltosi, i quali dichiararono di voler essere padroni dell’ isola e di non voler ammettere sopra di sé veruna straniera sovranità ; e con tali risoluzioni licenziarono gli ambasciatori. Né d’allora pensarono ad altro, fuorché a prepararsi ad una guerra, cui conobbero inevitabile. Armarono quattro galere ed otto brigantini
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fatto ad essi dai nostri nell’ isola di Cipro. La repubblica veneziana comandò allora, che tulli i sudditi suoi uscissero sino a nuovo ordine da quell’ isola. CAPO XI. Lega contro i veneziani. Ostilità. Queste discordie tra i genovesi e i veneziani, cagionate e fomentate dai due avvenimenti testé descritti, porsero favorevole occasione al signore di Padova, per procacciarsi assistenza ed ingigantire la sua forza contro l’abborrita
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60 LIBRO XIII, CAPO Tl(. erano rifugiali. Sorpresi in una caverna, in cui se ne slavano rimpiattati, furono presi e condotti in Candia: ivi subirono la pena di morie. E cosi a poco a poco venne ristabilita nell’isola, se non radicale, almeno apparente, la calma. Ed era in vero apparente: perciocché i nobili sentimenti di libertà e di nazionalità non possono mai rimanere estinti
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LIBRO XVI, CAPO XIII. A Messina s’informò destramente dello stato della marina mercantile dei genovesi in quell’ isola, e della estensione del commercio eli’ eglino vi facevano. Incominciò pertanto a circuirne le spiaggie; e con tanta celerità, che in meno di quaranta giorni la girò tutta quanta due volte. Nel qual giro predò ventisette navigli, quasi lutti de’ genovesi, tranne
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l’isola di Brondolo ; quell’isola, cioè, che sta tra il porlo di questo nome e quello di Chioggia. Eglino si erano fortificali particolarmente colà, dov’ era il monastero di san Michele, e dove anche oggidì esiste una bastia di molla importanza. Slava dunque sommamente a cuore ai veneziani lo scacciarli di colà ed il ridurli alla stretta circonferenza della sola città di Chioggia. Perciò il Pisani
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che sopra quei cavalieri il vaso del suo furore. Fu dato ordine perciò ad un grande armamento, per accingersi poscia all’ assedio di Malta. Ma ben altre n’ erano le intenzioni. Imperciocché in un secreto divano i visiri d’ Ibraim esposero, che la sicurezza della navigazione e del commercio turco domandava un’ impresa assai più grandiosa della maltese ; che l’isola di Candia posseduta dai veneziani era un continuo
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dei turchi, mostravansi propensi a scuoterlo di dosso ed a romperlo. Ma per indurre gli uni e gli altri a pigliare le armi di comune accordo contro i turchi, era necessario riconciliare i primi col re di Polonia, al che non vollero mai condiscendere: perciò anche le speranze di questo progetto svanirono. Un orribile tremuoto nell’ isola di Santorino, cagionato dallo scoppio di un vulcano, produsse gravi
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la sua carica con qualche segnalata impresa. Tentò di trarre a combattimento il capitan pascià; ma costui rifugia- lo a Rodi non azzardava di uscire a cimentarsi. Si contentò allora il Foscari di saccheggiare l’isola di Samos: prese ed abbruciò nel porlo di Slancino una quantità di saiche cariche per la Canea : sottomise l’isola di Lero e ne demolì i castelli. Finalmente, esposto di troppo all’ inclemenza
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l’isola di Tenedo ; perciò a questa sola impresa diresse le sue sollecitudini e tulle le fila del suo piano di guerra. Continuavano intanto le navi della repubblica a lencr bloccalo il canale : il resto dell’ armata custodiva le coste dell’ Asia per impedire ai nemici gli sbarchi. Ma questa incautamente lasciatasi trasportar sotto vento, lasciò a Topàl capitan pascià, il tempo c il comodo di passare
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all’ isola di Andro. Accortosene Anmrat, finse di andare a Rodi, ed il Mocenigo perciò inol-trossi sino a Nio: ma indarno anche là. In somma l’ammiraglio turco ebbe tanto di bravura, clic lo seppe tener a bada finche gli riuscì di recarsi rapidamente a Paleo-Castro, nell’ isola di Candia, d’onde, sbarcati soldati e viveri, ed avuto colloquio con Cussein pascià, ritornò ai Dardanelli, passò lo Stretto
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. La sua posizione perciò potrebbe dirsi come una vanguardia a difesa di Costantinopoli; ed, occupata da nemici, era un punto rilevantissimo per impedire a quella capitale 1’ accesso delle merci, dei viveri e di ogni altra cosa, che dal mare le si avesse voluto recare. L’isola era munita da una fortezza di antica costruzione, elevata in parte, ed in parte più bassa, a seconda dell’ elevarsi o dell’ abbassarsi
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LIBRO XL. Dal principio della guerra di Cardia, sino alla perdita di quell’ isola. CAPO I. Discussioni del senato circa i sospetti di questa gìierra. Le comunicazioni fatte al senato dall’ ambasciatore veneziano residente in Parigi venivano contradette dalle protestazioni di amicizia e di pace, die gli alti ministri della corte di Costantinopoli facevano al bailo. Ma il senato, assuefatto
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materia di punizione o di rimprovero nè dall’ una parte nè dall’ altra. Tuttavolta 1’ esito fece conoscere, che non a torto se ne lagnava il Riva ; imperciocché la separazione della flotta veneziana facilitò ai turchi la navigazione sino all’ isola di Standia ; donde si mostrarono all’ imboccatura della rada di Candia. Fecero, benché da lungi, qualche tiro di cannone; ma non osarono inoltrarsi
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