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e stupefalli della generosità eroica del nostro popolo, il quale dopo le prediche latte in piazza da due frati in prò dei fratelli Veneti, che si dovevano soccorrere (e che per conseguenza oltre all’arrotarsi si chiedevano mezzi e sussidii) questo popolo, dico, offriva sull’aitar della patria quello che possedeva; i poveri si spogliarono della camicia, i ricchi dei loro gioielli, degli orologi
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, traslatato a Grado da Gregorio X nel 1171- Anzi fino al 1316 tutti compariscono eletti dai Pontefici', e non Veneti. Nel 1316 Marco dalla Vigna Arciprete di Castello per vicim compromusi fu eletto e postulato dal Capitolo Gradense. Fino al 1351, non furono Veneti, e furono eletti dai Pontefici. Ma dentro lo spazio di anni 16 convien dire , che siansi mutate le còlse, mentre nel Corri. Ili, iy, trovasi
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4? LlBRd P K I Si o.' In parecchie poi altre regioni, come nella nostra, si dissero Heneti, e successivamente Veneti. 14) V' erano degli Eneti della Paflagonia, lliad. S, 3J9j e questi passarono nella Venezia secondo Nipote, Strabone, Giustino , Curzio, Livio , Solino, Stefano e infiniti altri Scrittori. Catone ne; faceva alcuni nati stirpe Trojana, in diin. Ili, 19. Vennero costoro
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sia, almeno non è improbabile , doveva quella Vacca essere un Idolo. Sacrificavano gli Antichi la Vacca bianca a Giunóne, la flerilè a Proserpi-na. Per testimonio di Strabone lib. 5 > rapportato dal celebre Filiasi , gli antichi Veneti al Timavo adoravano Diomede, vicino al di cui tempio eravi un boschetto dedicato a Giunone . Ma come la grande Divinità degli antichi Veneti era Fetonte, che appresso Aitino aveva un bosco
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55 o Libro Secondò. quei nomi caratterizzò alcuni Numi, de’quali ignorava la giusta idea. 9) In più bassi tempi i Veneti prestarono culto ancora al Dio Belino. Egli è questo certamente da dirsi Belino. , cioè } Domimi noster . Questo Dio piucchè tutto veneravasi in Aquile-/a. Erod. I. 8. Nelle iscrizioni Aquiiejesi appellasi Apollo Belino. Era pure divinità de’ Galli Armori-ci. Erodiano
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9 6 Libro Primo. tana la derivazione di Bragola o Bragora da Beri gilla o Bergulium, e altri ad altre etimologie ricorrono . Insegnano perciò, che ivi in certi gior-qi della settimana facevasi il mercato , il quale allora si diceva Bragolo da’Veneti , e però era modo di dire , siamo stati a brcigolar . Ancora oggidì qualche reliquia di quel vocabolo ci resta in quel modo di parlare , esser piena
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e Sacrlstani siano invitati prima quei Sacerdoti Veneti, che non avessero Mansionaria , e se questi pure non bastassero, s’invitino allora i forastieri. Prescrive altresì alla pag. 110 , che le Mansionarie siano conferite presbyteris tantum stcularibus > secondo la Costituzione Priulana . Ella trovasi nel Sinoio suo 1692 , Cap. 13 , ove è petto : Monentur SParochi Apostolica ziìsitationis Ifdecretis
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a richieste fatte alla veneta Signoria da Pietro de Foresta e Iacopo da Cipro, ambasciatori dei reggenti il principato stesso: Confermando i trattati preesistenti, quella manterrà pace coll’ Acaia, e sarà ordinato ai veneziani di non molestare gli abitanti del principato, non ostante le ingiurie inferte ai primi da questi ultimi; è acconsentita la sospensione della vertenza del Zonchio; i mercanti veneti
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1901
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109 al Bagno nel 1855, e un Addolorata per la moglie. Fino dai suoi primi anni il Natale Sctaia-voni avea provato forte inclinazione per 1’ arte, a dodici anni mostrava la sua valentia nell' incisione. A Venezia frequentò 1' accademia del palazzo Farsetti, studiò disegno, prospettiva, ornato sotto la disciplina «li Francesco Maggiotto. Dal 1798 al 1807 dimorò a Trieste quindi a Milano fino al 1815, incontrando quivi 1’ amicizia dell’ Appiani e dell’ incisore Giuseppe Lunghi. Non cominciò a dipingere ad olio che nel suo quarantacinquesimo anno. Molto fu lodato Giovanni Servi che nel 1822 era alunno pensionato all'Accademia. Lavorò due grandi cartoni : Teseo all'ingresso del Labirinto e un S. Giovanni Evangelista. Nel 1820 condusse un gran quadro ad olio d'invenzione, Attilio Regolo che esce dal tempio di Bellona per tornare a Cartagine. Nel 1835 è lodato da Tommaso Locatelli pel suo quadro storico Niceta e la sua famiglia salvato da un veneziano, alla presa di Costantinopoli. I casi di Jacopo Fosca ri e di Marino Falier, gli diedero soggetto a due altre tele. Da Venezia si recò a lavorare a Milano ; dallo Zanotto fu detto pittore originale di grazia non comune, che seguiva il modo veneto di colorire. Gaetano Astolfoni membro dell'Accademia, esponeva nel 1819 una Maddalena, nel 1821 delle copie apprezzate, nel 1822 una copia d'ai-
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03 noto ¡km* i suoi Casti veneti illustrati, pubblicati nel IH 11 e che diede certamente impulso a quelfaltra pubblicazione più ricca scritta dallo Zanotto, ed illustrata con disegni magnifici del Gatteri. 11 Pasini si occujiò pure della numismatica veneta, e su questioni archeologiche, lasciando inedita l'Adriade e la traduzione in sciolti delle metamorfosi d’ Ovidio. Il poema Adriades
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220 varietà di tipi. Educato a eletta scuola, fu osservato, traesse al convenzionale. Eugenio Moretti Larese, nacque a Venezia il 1822 e mori il 1874. Allievo dell' accademia fu affreschista assai lodato, e lavorò a Venezia e fuori. Il suo capolavoro, restò il Torquato Tasso nell ’ospedale di S. Anna in Ferrara, dipinto nel 186-1, inciso dal Boscolo. Quadro vero e di gran effetto, sia nella espressione della figura, sia nella riproduzione dell'ambiente e degli accessorii. Nel 1865 pinse il Camoens, ma non riuscì l'effetto voluto ; colpa, si disse, l’uniformità della luce mandata da un fanale, che rischiarava allo stesso modo, tutti gli oggetti. Paoletti Ermolao pinse quadri storici e pale d'altare fra i quali nel 1861 Paolo Sarpi che sul letto di morto detta alcune risposte a dimando fattegli dalla Repubblica Veneta. Paoletti Antonio di Ermolao morto nel 1872 autore del Fiore di Venezia, espose nel 1863, lo scrivano alla porta della carta. Marci) Polo alle carceri di Genova nel 1804, la scelta di una sposa in un aspizio. Quadri commendati per varii titoli. Paoletti Antonio di Giovanni nato nel 1834 compì un suo quadro sul 1861, l'arrivo di Enrico III a Venezia, lodatissimo. Gatteri Giuseppe nacque a Trieste. Fino da bambino datogli un soggetto, in poche ore, schizzava a penna delle magnifiche composizioni, senza
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72 descrìtti nome per nome, e secolo ¡ter secolo tutte le diverse forme dei navigli veneti dal secolo V al secolo XVIII, con inline una descrizione delle forze navali della repubblica, al moment) della sua caduta. Il lavoro del Casoni, sulle forze militari di Venezia si chiude con un’ altra nota, sulle truppe terrestri e marittime nei diverei tempi. Queste singole memorie aventi un intenm comune
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87 ambedue gli autori, possono servire a rischiarare la situazione dell' epoca. Iu alcune delle cose dette dal Mulinelli ci sarà esagerazione e sopratutto ci inanca una spiegazione fondata, ina qualche verità da quel, sia pure, libello, scritto con leggerezza, scatta fuori, e ci vuol gran carità di patria, (ter oppugnarla. 11 Mulinelli ad ogni piè sospinto è sempre preso di mira dal Dandolo, e fatto oggetto di sarcasmi e dileggi. Però il libro del Dandolo resta uno dei migliori documenti, sulla condizione della Venezia repubblicana; molti pregiudizii che corsero nel volgo toglie, le cose mette a posto basandosi non sulle ciarle, ma sui fatti. 1>‘ altronde ammesse le condizioni di Venezia, come chiaramente rilevate (Lai Dandolo, resta ancora più inesplicabile il suo dissolvimento, e il suo disonorevole suicidio. Perchè, se ancora vitalità correva nelle sue vene, se v’ aveano ingegni di primo ordine, se armi, se il nati/.e, se consiglio, chi dunque la perdette ? Il Sagredo giudicò 1‘ «pera del Dandolo, lavoro massiccio, nella quale si mostra il processo discendente dalla grandezza alla quale Venezia era giunta, se ne indagano le origini, se ne misurano i fatti, e si viene a dimostrare che l'impeto del grande cataclisma della civiltà del 1789, fu tale al quale la Repubblica Veneta stremata di forze, non avrebbe potuto resistere. Questi sono ragionamenti in contraddizione
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1901
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suoi elencati dalla mano stessa di E. Cicogna in un codice contenente gli opuscoli del Valentina, presso il Museo Correr. Uno dei suoi lavori più utili si fu l'indice generale della storia dei Veneti primi e secondi del Filiasi, necessario a rendere più chiara la disposizione della materia, pubblicato nel 1811-1814 a Padova tipografìa del Seminario. Compilava pure l'indice ragionato della Storia
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sacerdote Sante della Valentina, contenuto nel settimo tomo. Il Filiasi in questo |»odoroso lavoro, comincia a dar ragione dello stato primitivo ed antichissimo dolio pianure circumpadane, dell'origine dei Veneti, ed estensione dell'antica Venezia terrestre, delle vie, fiumi, monti, clima, prodotti : descrive dappoi tutte le cittii Venete antiche. Nel volume quarto l'autore
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261 Francesco Ambrosi che lavorò per quindici anni a Venezia, morto in vecchia età l’anno 1831. Novelli Francesco nacque in Venezia nel 1770 e vi mori il 1830 ; era tìglio di Pier Antonio Novelli pittore. Passò i suoi primi anni a Roma, condottovi dal {«idre, e studiò pittura, ma ritornato a Venezia si diede all'intaglio. Assiemo a Costantino ('umano, nato il 17(30 e morto il 1805 incise le opere di Rembraudt, del Mantegna. Adornò di incisioni le commedie del Goldoni, e le gesta di Don Chisciotte. La vita di Francesco Novelli è estesa dallo Zanotto. Giaconi Vincenzo secondo il Moschini nacque in Trevignano, secondo altri in Padova nel 3 febbraio 1700, morì a Venezia il 17 luglio 1828. Venne a Venezia e fu allevato nell’incisione da Marco Pittori. Il Moschini osserva che Giaconi condusse trecento incisioni sopra soggetti sacri, quaranta ritratti ed altri soggetti varii. Il suo capolavoro è il ritratto di Cosimo dei Medici su disegno di Giuseppe Longhi, fu li>-dato anche il suo ritratto di Fra Paolo Sarpi. Era stato pregato d’incidere il ritratto di Martino Lutero, ma si dispensò dal farlo, per non contribuire a promulgare il ritratto d'un eretico. Il ritratto del Lutero fu poi inciso da Felice Zuliani. Incise i ritratti dell'abate Meneghelli, del Canova, di Jacopo Monico, Dante e Beatrice. Si ricorda dal Moschini amie scolare del Giaconi, Zorzi Gaspare nato nel 1783.
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1937
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della quale sorgeva nei secoli passati 1’ antico castello dei Rettori Veneti. Esso dopo aver servito a difesa di Dignano, di Pola e di Valle nelle guerre, specie fra Patriarchi e Veneziani, rovinato, venne in parte poi riattato e reso a sede dei Rettori veneti, quindi poi demolito nel 1808 per volontà del Dott. Giovanni Andrea Dalla Zonca, perchè cadente, per dare a Dignano una piazza centrica e spaziosa
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1848
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CAPITOLO PRIMO 19 • (li soccorso, la quale ai Dardanelli disfece la greca e liberò la capitale. Male procedevano gli interessi dei cristiani in Soria, ai tempi di doge Domenico Micheli. — Ne restano commossi i Veneti, ed armano sull’istante due poderosissime (lotte, capitanate dal Doge. — Presso Jaffa s’incontrano coi Turchi; li sconfiggono, ed entrano gloriosi nel porto. Nò si abbandonano
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1848
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l’imperatore Maometto II. —Minacciali così i Veneti da una nuova e prossima invasione, trovarono necessario il fortificare l’istmo di Corinto. Tutti dieder mano all’opera con grandissimo fervore, ed in pochi giorni fu costrutto con pietre un muro allo dodici piedi, lungo circa sei miglia, con fosso ed il rinforzo di 156 torri. Piantossi su di esso il vessillo di San Marco, e vi si eresse un altare
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1848
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, nè una positiva risposta. Onde quella conferenza ebbe fine con un invito di tornare all’indomani per aver lempo di riflettere più maturamente intorno a così importanti negozii. Il giorno dopo, non appena gli si fecero innanzi, il generale francese dimandò ai due gentiluomini veneti se avevano pensalo su quanto aveva detto; e, senza attendere risposta, aggiunse che, avendo dichiarato la república francese
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