fi .VI. 19] Un pranzo e una bandiera 619 larmi, né sentir ragione alcuna, ha dato ordine che le bandiere serbe fossero subito rimosse. Rientrando verso le 23 all’albergo ho trovato i decoratori, che naturalmente erano francesi, con le braccia incrociate: avevano messo le bandiere serbe a terra e lasciato un vuoto corrispondente alla parete. Sono disgustatissimo dell’incidente, che potrebbe avere conseguenze spiacevoli per il chiasso che si è fatto. Ma per tagliar corto e non arrischiare che la cosa dilaghi, ordino che si tolgano le bandiere di tutte le piccole Potenze e che la decorazione si faccia soltanto con bandiere delle cinque grandi Potenze. Dirò che non abbiamo potuto trovare tutte le bandiere delle piccole Potenze. i° Giugno. Vado da Orlando e gli narro l’incidente delle bandiere. Ne è già informato. Gli ricordo che il ricevimento di questa sera è stato concordato con lui e con Sonnino; che lui stesso mi ha raccomandato la massima solennità e mi ha promesso di presiederlo e di pronunciare un discorso. Gli ricordo che nella presentazione del trattato ai nemici è stato implicitamente riconosciuto anche da noi il Regno serbo, croato e sloveno come Potenza alleata, e che un insulto alla bandiera serba è in contrasto con tutti i tentativi di conciliazione per i quali egli si è tanto adoperato in questi giorni. Se non si volevano ricevere gli jugoslavi, non bisognava organizzare il ricevimento; non si può offrire un pranzo al Supremo Consiglio economico ed escludere una Nazione che ne fa parte, senza offendere tutto il Consiglio. Orlando è molto nervoso e non mi dà nessuna soddisfazione. Mi annuncia che l’ing. Ettore Conti, attualmente sottosegretario al tesoro per le liquidazioni di guerra, sarà nominato ministro degli approvvigionamenti, al mio posto. Questa notizia mi fa piacere e mi conforta. I/on. Villa, che è da molto tempo ammalato, ha rasse-