194 Dissertazione cum [cripto paclum hoc continente , coram invitatis ah utraque parte trciòiderit &c. ambo ad Nuptialiafoedera perducuniur. Et primum quidem in Ecclejia Domini cum oblationiLus, quas ojferre Deo debent per Sacerdotis manum, flatuun-iur;ficquedemum Benediclioncm, & Velamen ccelefle fufcipiunt. Vìruntamen Ve-lamen illud non fujcipit, qui ad Jecundas Nuptias migrai. Pojl hcec autem de Ec-clefìa earejji Coronas in Capite cjejìant, qua jemper in Ecclejia ipfa fohta funt rifar vari &c. Antichiilìm.o era il Rito di dar l’Anelio negli Sponfali, e quefto vien chiamato Anulus pronubus da Tertulliano nel Lib. de Cultu femm. Anche gli antichi Romani ufavano di dare allora F Anello. Così da Santo Am-broiìo nel Lib. de Vircjinitate Cap. XV. è mentovato Flaovneum nuptiale nup-tarum, cioè quel Velo, di cui parla Papa Niccolò. Lo fteflb Santo Arcivef-covo nell’Epift. XIX. dice.* Quum ipfum Conjugium Velamine Sacerdotali, & Benedichione fanclifican oporteat &c. Quattro uomini tenevano gli angoli di cflb Velo, chiamato anche Pallium, fopra le tefte de’nuovi conjugati. In oltre per mano de’Sacerdoti iì mettevano in Capo ad eflì le Cotone e folevan quefte eftere rilevate a guifa di torre, e compofte di fiori. Quefto Rito, come offerva il Pafcalio Lib. 2. Cap. 16. de Coro ni s, lo prefero i Criftiani da ì Greci e Romani, e come innocente lo ritennero. Nella funzione ancora del Matrimonio allora fi coftumò, come oggidì, che l’uomo e la donna fi davano la man deftra per fegno del poifeflo, che l’uno prendeva dell’altro, e della fedeltà e concordi, che avea da eiTere fra loro. Fanno di ciò fede Tertulliano, e San Gregorio Nazian-zeno. Erano poi amendue avvifati di a/tenerfi per quel giorno e nella notte feguent.e da ogni commerzio carnale per riverenza al Sacramento. Anzi v’erano di quelli, che per due o ire giorni fe ne aftenevano : il che duro parrebbe a gli uomini carnali de noftri tempi. Allorché le nuove maritare erano condotte alla cafa del Marito, con tripudio, e pompa maggiore che oggidì, fi facea quefto paiTaggio. Nella Legge VI. di Aftolfo Re de’Longobardi fon le feguenti parole: Pervenir ad nos, quod dum quidam homines ad fufcipiendam Sponfam cujusdam Sponji cum Para-nympha <5* Troclingis ani buia re ni, perverfl homines aquam Jordidam & fierco-ra fuper ipfam jaclaffent &c. A quefto delitto s’impone ivi una grave pena; perciocché pare, che i Longobardi offervaffero il coftume anche oggidì ofl'ervato in Inghilterra, cjoè di fare una Legge nuova, qualora qualche misfatto fi commetteva, per cui dianzi non fofle fiata determinata la pena. Quei, che Troctincji fon detti in effa Legge, dal Gramatico Papia fon chiamati Joculatores qui faltare noverimi. Di coftoro tornerà occaiion di parlare nel Cap. XXIX. de gli Spettacoli. Con che pompai Rs e Principi folennizzaifero le loro Nozze facile farebbe il dimoftrarlo. Qualche cofa ne diremo nello fleifo Cap. 29. Anche i privati con funtuofità cornfpondenti alle loro forze, e alla lor Dignità f- cea-110 riipleadere quella funzione, Nel Secolo XIV. e nel feguente ufo fu in Lom-