88 Dissertazione ce di Superftes ) fuerit dum advivit , nobis ad BENEFICIUM ufufruclua-rio ordine excolendum tenere permfiftis . Così nell’Appendice del Baluzio ad effo Marcolfo Cap. 28. fi legge una Preflaria con tali parole : ut ip-fas res ad prceflitum Bencficium ubi prceflare deberemus. Qucd ita & feci mas , fic tahter ut tempore Vii ce tucc ipfas res prò noflro Beneficio habere debeas . Truovanfì altri fimili efempli. Aggiungasi, che gli antichi BenefirJ fi concedevano anche alle Donne : il che Tempre più fa intendere la differenza d’eiìì da i Feudi, i qua- li regolarmente fi doveano concedere a gli Uomini pel fervigio militare. Ne abbiam poco fa veduti due efempli. Nelle Formole pubblicate dal Lindenbrogio Cap. 22. s’ha una Precaria , in cui una Donna ufa quelle parole : Expetii a vobis, ut ipjas res , quandiu advivo , jub ufu Benefica ve' Jiri tenere & ufuare debeam . Maggiormente ancora tal differenza fi riconosce, perchè i Benefizj di Beni di Chiefe conceduti a Secolari, pagavano cenfo annuo, o le Decime , o le None : il che non s’accorda colla natura de’Feudi. Nelle Mifcellanee del Baluzio Tom. III. v’ha un Diploma di Lodovico Pio , che cosi parla : Baro Vaffallus nofier nobis innctuit, quod quamdam Villam fitam in Pago Cenomamco , nomine Tridentem de ju-re Cenomanicce matris Ecclefice per noflrum BENE FICIVM pc(fiJeret , de qua per fìngulos Annos Noaas , Decimas , & legitimos cenfus prccfatcv Matris Ecclefix Reclotibusperfolveret. Un altro fimile Diploma di efio Au-gufto fi legge alla pag. 104. Pofcia alla pag. 158. fi notifica , che il Re Pippino neil’Anno 752. aveva reftituito alcune Ville alla Chiefa Ceno-manenfe. Ma Vulfingo le chiede con dire : Dum ego advivo , prò vejìro Benefìcio mihi ipfa loca liceat tenere , & dominare. Et fpondimus robis cin~ ras fingulis hibernatìcam argento Libra una &c. Tali memorie ballanti dovrebbero parere per conchiudere , che i Benefici Antichi furono per più d’un riguardo diverfi da i Feudi, che s’introdurci o ne’fuf-feguenti Secoli . Conviene ora offervare , avere i Vaffalli de i Re , ed Imperadori goduti più d’ un Privilegio. Imperciocché non era peimeffo al Conte, e a’pubblici Miniferi di tirarli al loro Foro e di gaftigarli. Le C.aufe d’eflì, e le lor perfone erano fottopofte (blamente al Giudizio del Re , od Imperadore, ovvero del Conte del Palazzo . Anzi allorché Car-1° Magno nella Legge 43. comandò ut Comes Palatii noftri Poienùorum cauffas fine no fira ju (¡’ione finire non prcefumat, fotto quello nome fi può conietturare, che foffero comprefi anche i Vaffalli. Ma effendo che alcuni di eflì Potenti {prezzavano talvolta le Scomuniche de’ Vefcovi, Lottario 1. Augufto nella Legge 15. ordinò, che unito il Conte col Vefco-vo forzafie coftoro all’ubbidienza : Si autem VafJ’us ri ofi e r in hac culpa fuerit lapfus, ficut fupra a Comite difìringatur . Quod fi eum non audierit , nobis enuntietur antequam ìn vincuhs mittatur. Da tali parole fi può ricavare , che non fedamente nella Corte, ma anche per le Provincie, ebbero