yo Dissertazione e fe aggravavano in qualche maniera il loro gregge; fé alcuno de’Sacri Miniftri dilapidaflfe i beni de gli Spedali, Monilterj , e Chiefe , o iniquamente li concedette a livello. Se i Canonici, fpezialmente allora iili-tuiti, oflervafTero efattamente la loro Regola, e viveflero fotto il tne-defimo tetto con buoni collumi e concordia fraterna . Monafiena Mona-chorum , & puellarum, & Serodoc/iia circumeant. Si unde adminiflrentur, debita obfequia habeant, & concorditer degant , inquirant. Quidquid inor-dina:um repererint, regulariier corngant. Così ordinò Lodovico li. Auguro nell’Anno 855. come s’ha dal Tuo Capitolare da me pubblicato fra le Leggi Longobardiche. A quello fine uio fu de gli Augulìi Fran-zefi di deputar Vefcovi ed Abbati, come più propr) per conoicere ciò che conveniva all’uno e l’altro Clero, e alle facre Virgini per correggere qualunque abufo e difordine. E perciò Pippino Re d’Italia nella Legge 2i. Longobardica , dice di avere inviati per meflì unum Mo-nachum , & alium Cappellanum infra Keqnum nojìrum , providendum vel in-quirendum per Monajhria Viro rum ac Puellarum , quomodo ejl eorum liabi-tatio , aut converfatio eorum , & quomodo quodque Monafìerium debeat ha-bere unde vivere poffit. Era perciò ordinato , che anche il Vefcovo della Città intervenifle co i Meflì per procurar la correzione e il bene del Clero e de i Monillerj. Ed ecco quai belli e faggi regolamenti pel pubblico bene aveffero gli antichi Regnanti . Comunemente fi crede, che quei fodero tempi pieni di barbarie e di mali umori -, ed alcuni de’ no-flri Legilli chiamano afinine le Leggi di allora. Potrà il Lettore con tali notizie giudicar meglio dello (lato de’ vecchi Secoli. Ne’vo’lafciar di dire , anche anticamente avere ufato alcuno de’ Vefcovi , Duchi , Marchefi , e Conti ( che quelli erano i Principi di allora ) di fare la lor fotrofcrizione in lettere majufcole , per diftinguerfi da gli alrri inferiori. In un Placito Lucchefe dell’Anno 1055. c^e ^a quello principio : Dum in Dei nomine , in Palatio Domini Imperatoris , qui ejl prope Muris de Civitate Luca ( perchè , ficcome fi dirà a fuo luogo i Popoli non volevano Palazzo dell’ Imperadore in Città ) in judicio refedijjet Domnus Eberardus Epifcopus , Miffus Domai Imperatoris ad caufas audiendas &c. La fua fotrofcrizione è quella, diverfa da quella d’altri : EGO EBERHARDUS EPS MISSUS IMPERATORIS SUB-SCRIPSI. Nè fedamente gran Signori venivano defrinati per Meflì, ma anche talvolta perfone di minor conto , benché folamente per alcune determinate Caufe. Nell’Archivio de’Canonici di Cremona vidi un Placito dell Anno 975. con quefto principio : Dum in Dei nomine, Civitate Pa-pia in Cune propria Adami qui & Ami^o Judex , per data licentia , in ju-dicio rejidcret IValtarius Judex & Mijfus Domni Imperatoris ad j ufi mas fa-ciendas ac deliberandas &c. Altri limili efempli fi truovano. Allorché poi i-enevano i più riguardevolì Meflì qualche Placito , 9 fi a pubblico Giudizio