250 Dissertazione & prefentare teneatur Mafjario , vel Potè flati, vsl Juàicibus fuis. Et Maf-farius teneatur eum falvare , donec fciat, cujus (it, & eidetn reddatur. Et Potefìas faciet dari de avere Communìs tres foldos Ferrarienfis ei, qui ccpe-rit Sparaverium ; & eì, qui ceperit Falconem vel Aflarem, <$* prcefemavedt, flkee/rc foldos Ferrarienfis. Si aggiugne la pena a chi contraverrà. Di tal momento era allora quefto affare, che i Mafia» venivano obbligati a fare un pubblico Proclama, ut Dominus inveniretur. Anche ne gb Statuti d’altre Città, e fpezialmente di Milano, fi truova un regolamento fopra i iuddetti Uccelli. Anzi nel Milaneie è degno di offervazione ciò, che è ordinato nella Par. II. Cap. 444. con quefte parole. Ut nuUus capiat Ctconias , nec Hirundines, fub pcena Librarum quinque lmperialium. Secondo il Carpano, fatta fu cotal proibizione, eo quod nullum damnum affé-runt publico. Non per quella ragione, perchè vi fon tanti Uccelli, che niun danno recano al Pubblico; ma perchè le Cicogne, e le Rondini giovano al medeiimo coll’uccidere i Serpenti, e col nettare l’aria da * moleiìi infetti, oltre all’amicizia, eh’eife hanno coll’Uomo, nelle cui Caie formano i nidi. Altre cofe fi contano o favolofe, o vere, della lor pietà, prudenza, e predizioni. Mi fon io maravigliato più volte, perchè a’dì noitri in Italia non fi veggano, e nè pur fieno conofciute le Cicogne, qu andò è fuor di dubbio, che anticamente effe ci abitavano. Non altra cagione so io immaginare fe non l’invenzione de gli archibugi, co’qua- li abbiano i ribaldi fatta guerra a quegl’innocenti ed utili uccelli con if-chiantarne preflo di noi la razza, quando in più Luoghi della Germania fi pregiano tutti i ruftici di albergare ne’loro tetti qualche Cicogna, e guai a chi ne uccideiTe alcuna, tenendola ognuno per Uccello di buon augurio. Nelle Storie di Padova troviamo, che anche nel Secolo XIV. le Cicogne pacificamente abitavano in quel paefe; e T Aulico Ticinenfe, che in quello fteifo Secolo circa 1’Anno 1 330. fcriveva la fua Operetta de Laudtb. Papice, ha le feguenti parole : Mundatur autem tota Regio illa a venenofìs ammalibus, & maxima ferpentibus, per Cicomas, quee tlltc toio tempore Veris, & JEflatis morantur. Sicché non farebbe ingiufìo 1’ adirarci contro di chi iìerminò ne’tempi addietro quefti volatili dal Cie- lo d’Italia. Che l’amore ed efercizio della Caccia lungamente duraffe fra i Principi d’Italia fi potrebbe provare con varj efempli. Ballerà dire,, che Bernabò Vifconte pefanti sggravj aggiunfe alio Stato di Milano per quefta cagione ; e Giovanni e Luchino di lui Succeifori, fecondo fatte-ftato di Galvano Fiamma, canibus venaticis , falcombus, afìunbus, aeelpi-tribus in maxima quantitate abundarunt. Nè è da ftupire, fe Giovanni Vii-conte, tuttoché anche Arcivefcovo di Milano, fi dilettaife cotanto della caccia. 1 toppo invafati di tal divertimento erano allora anche i Che» rici, al difpetto di tanti Condì}, che loro vietano il nudrire Cani da Caccia e Falconi, e 1 intervenire alle caccie ftrepitofe. Ab-