[8.U.I9] Mio colloquio con Wilson 267 Alle 18 mi reco al palazzo Murat, presso PÉtoile, dove risiede Wilson. Il Presidente mi riceve con grande cortesia, mi ricorda le giornate di Roma e di Milano e mi assicura di tutta la sua amicizia per l’Italia. Gli espongo la grave situazione in cui si dibatte il mio ministero, privato da oltre quattro mesi di ogni concorso delle tesorerie inglese ed americana per poter acquistare materie prime in paesi neutrali, dove costano molto meno e sono più facilmente ottenibili che negli Stati Uniti, per ragioni di quantità e di disponibilità di trasporti. Lo persuado che se non ho disponibilità liquide non posso continuare a mantenere stabili i cambi, come ho potuto stabilizzarli dal settembre ad oggi sulla base di 30 lire per la sterlina e di 6 lire per il dollaro; e che se i cambi aumentassero, l’Italia, come qualunque altro paese, correrebbe incontro ad una crisi formidabile che in definitiva andrebbe a tutto danno degli alleati creditori, perché l’Italia un giorno non potrebbe più pagare i suoi debiti. Gli ripeto in sunto il discorso che ho fatto la mattina alla commissione economica. Concludo con la richiesta di 25 milioni di dollari in valuta spendibile ovunque, a giudizio del Governo italiano. Wilson fa chiamare Norman Davis, commissario finanziario degli Stati Uniti, e dopo che io ho ripetuto i miei argomenti e la mia richiesta, gli dice: «Bisogna accontentare il mio amico Crespi e l’Italia, che vi raccomando fortemente ». Prendo appuntamento con Norman Davis per l’indomani, onde concludere definitivamente. Torno assai contento all’Edouard VII e pranzo con Barzilai e con i giornalisti italiani presenti alla conferenza. Cosi finisce assai simpaticamente questa laboriosissima giornata. A Weimar la Costituente si è aperta con una cerimonia religiosa protestante dedicata ai morti ed ai mutilati di guerra e particolarmente ai prigionieri ancora detenuti