666 La nuova delegazione italiana [23. vi. 19] Il rapporto di Hoover è molto applaudito, e tutti i capi di delegazione gli esprimono la riconoscenza dell’umanità sofferente, poiché decine di milioni di uomini sono state salvate. Nel pomeriggio ricevo un telegramma di Nitti. Mi comunica che Sua Maestà il Re si è degnata di riconfermarmi nella carica di delegato plenipotenziario alla conferenza insieme a Tittoni, ministro degli esteri, ed ai senatori Guglielmo Marconi, Vittorio Scialoja e Maggiorino Ferraris. Sono sorpreso e naturalmente molto lusingato di vedere l’opera mia apprezzata da un avversario come Nitti, e da un uomo eminente come Tittoni, capo della nuova delegazione. Sono soprattutto riconoscente a Sua Maestà. Mi pongo però subito il problema se, data la mia costante opposizione politica a Nitti, che intendo naturalmente di riprendere appena potrò ritornare al mio banco di deputato, io possa o meno accettare l’alta riconferma. Mi consulto con gli amici, e dopo alcune ore questi m’informano che il Fascio parlamentare, che da tempo si è costituito fra un centinaio di senatori e deputati, ha deciso di passare subito alla opposizione, ma ha pure autorizzato il senatore Vittorio Scialoja, che ne è parte cospicua, ad accettale l’incarico di delegato plenipotenziario nel supremo interesse del Paese, e nella considerazione, messa in luce dallo stesso Nitti, che l’ufficio di delegato alla conferenza della pace non deve essere considerato di carattere politico. Poiché io mi considero da un pezzo virtualmente legato al Fascio, questa notizia mi decide all’accettazione. Nel suo telegramma il nuovo presidente del Consiglio mi chiede l’immediato invio di un rapporto su la situazione lasciata dalla delegazione Orlando. Mi accingo subito a stenderlo. La sera sono invitato a pranzo da Clémentel all’Associa-zione della stampa straniera, che ha sede in un sontuoso palazzo in Champs Elysées 80. Ho cosi occasione di scambiare molte idee con giornalisti di ogni paese.