726 Convalescenza [17.vm.19] rosi, appestati, affetti dal lupus e dalle più spaventevoli infermità. Vide e combatte i più orrendi degli orrori, le più miserevoli delle miserie. Alla notizia della mia malattia, la direzione della Croce Rossa mi mandò colei che la medaglia d’argento ed il posto d’onore nella rivista del 14 luglio, avevano designata agli eserciti come la prima infermiera di Francia. Nella stessa giornata di giovedì, arrivarono da Milano mio figlio Benigno, ufficiale d’artiglieria nelle batterie d’assalto, e mia nuora Fanny; il giorno seguente arrivarono da Roma mio figlio Emilio, ufficiale di cavalleria, e mio figlio Alberto, ufficiale di artiglieria nelle batterie d’assalto. I dolori poco a poco si calmarono: la febbre pure. Nella giornata di sabato 26, tre giorni dopo l’operazione, i chirurghi ed i medici mi dichiararono fuori pericolo. Il primo agosto ripresero violentissimi i dolori, le nausee e la febbre, e durarono sei giorni. Allora mi credetti definitivamente perduto. Salutai serenamente i miei amici Stabbia e Rondoni. Ma i medici sorridevano. « Non è niente, questa volta è proprio una colite, ma di colite non si muore ». Per dimostrarmi che non sono più in pericolo, il dott. Modiano ha rimandato in Italia i miei figli Emilio ed Alberto. Sono restati a farmi compagnia Benigno e Fanny. Oggi, 9 agosto, ho potuto di mio pugno dare mie notizie alle mie figliole. Avevo pregato Tittoni di accettare le mie dimissioni dalla carica di delegato alla conferenza, ma egli non ne ha voluto sapere. 17 Agosto. Oggi mi è stato permesso di alzarmi dalle 12 alle 17. L’avvenimento più importante delle scorse settimane è