472 Lloyd George chiede che io rimanga [25.1v.19] in ottima situazione, lasciando la certezza di un sollecito ritorno, che oggi è da tutti desiderato e che è nell’interesse di tutti. Egli ha insistito nel dichiarare che l’alleanza non è rotta e su questo punto vitale tutti sono d’accordo. Coromillas, il delegato greco e ambasciatore ellenico a Roma, che mi ha sempre usato molte cortesie invitandomi a ricevimenti e colazioni offerti da lui e dalla sua bellissima signora, mi telefona pregandomi di fissargli un appuntamento con Sonnino. Comprendo che vuol discutere la nostra reciproca posizione nella conferenza e mi pare che in questo momento un contatto potrebbe essere utilissimo. Nessuna miglior politica che quella d’intender-ci direttamente colla delegazione ellenica sulle nostre rivendicazioni in Asia Minore, riconosciute come un nostro diritto dall’accordo di San Giovanni di Moriana del 19 aprile 1917, ma che la Grecia contesta come proprie. Coromillas è certamente mandato da Venizelos e perciò lo assicuro al telefono che la sua domanda sarà subito trasmessa. Vado da Sonnino e sono accolto molto affabilmente. È presente il conte Aldrovandi. Sonnino mi parla subito della necessità che io rimanga a Parigi e mi espone gli stessi argomenti di Orlando. Io replico come ieri. Egli insiste: interviene Aldrovandi. « La Sua permanenza a Parigi è stata richiesta da Lloyd George nel colloquio di ieri sera e S. E. Orlando ha annuito. » « Allora non c’è più da discutere », concludo io. « Tu resterai qui in nostra piena rappresentanza », riprende Sonnino, « resterà qui anche De Martino: trovati spesso con lui e coi tre ambasciatori Imperiali, Bonin e Macchi di Cellere. Lavorerete assieme e c’informerete ogni sera per telegramma. » « Sta bene, Sonnino — dico io. — Ti ringrazio della fiducia che ancora mi dimostri. Ma tu e Orlando mi addossate una ben grave responsabilità e mi lasciate, come ministro, in una posizione difficile, delicatissima. Per ben