578 L'Inghilterra concede il Giubaland [iy.V.19] cedente. Oggi l’Italia reclama approssimativamente un terzo della Colonia britannica dell’Africa orientale. Senza spingersi fino a tale concessione, la Gran Bretagna accetterebbe, in uno spirito liberale, di riconoscere all’Italia il porto di Chisimayo (dove dovrebbe essere fatta agli inglesi la stessa situazione che gli inglesi fanno oggi agli italiani) e la valle del Giuba, come pure il territorio dipendente delle tribù abitanti tale regione, a condizione che i coloni inglesi del territorio ceduto fossero indennizzati in condizioni favorevoli, qualora preferissero uscire da tale territorio quando esso fosse trasferito all’Italia. Quanto alla Somalia britannica, il presidente non è disposto a fare nessuna concessione, visto che il Governo francese, per ragioni che egli ritiene fondate, non crede di cedere nulla in tale regione. Il presidente non può dunque accettare che tutti i sacrifici siano imposti alla sola Gran Bretagna. Offrendo al Governo italiano il Giubaland, egli fa già un’offerta di valore reale. La superficie del territorio che la Gran Bretagna verrebbe a cedere sorpasserebbe le 31.000 miglia quadrate. Crespi crede di poter riassumere cosi la situazione: la Francia non vuole accordare all’Italia alcun compenso apprezzabile, poiché non può essere ritenuto tale il riconoscimento definitivo di strade carovaniere, la cui concessione da tre anni è stata ammessa in linea di massima. Simon fa osservare che tale potrebbe essere la situazione soltanto se avesse avuto luogo una applicazione anticipata dell’accordo di Londra. Crespi replica che l’accordo di Londra non è stato finora applicato soltanto perché la guerra è durata più del previsto. Simon obbietta che altrettanto si può dire per le estensioni di dominio francesi e che il Governo della Repubblica, malgrado tutta la sua buona volontà verso l’Italia, non può spingersi fino a cedere Gibuti. Crespi dichiara che l’Italia riconoscerebbe molto volentieri la situazione speciale della Francia, assicurandole nel