[5-I-I9] Con Wilson a Milano 235 5 Gennaio. Arrivo tardi a Milano. La città è tutta in festa. Alle 14,45 sono alla stazione col sindaco Caldara, col prefetto Olgiati e con tutte le autorità cittadine. Arriva Wilson fra un delirio di applausi; salgo nella sua vettura, e siedo alla sua sinistra come rappresentante del Governo. L’accoglienza della popolazione è cosi spontanea, cosi affettuosa, cosi vibrante, da sorpassare nettamente anche la nota elevatissima dell’accoglienza di Roma. Il Presidente Wilson lo comprende subito e rimane come stordito. Ripete: « Mai, mai ho avuto un’accoglienza simile!». Anch’io ho raramente visto a Milano tanto cordiale entusiasmo: la nostra vettura è letteralmente coperta di fiori. Tutto il percorso dalla stazione a Palazzo Reale è un trionfo. Il Presidente riceve nel salone del trono tutte le delegazioni cittadine che ho l’onore di presentargli. Ci rechiamo poi a Palazzo Marino, ove tutto si svolge perfettamente, anche in ambiente socialista. Poi gran pranzo di gala nel ridotto del Teatro alla Scala. La folla ha riempito la piazza, la Galleria, tutte le strade adiacenti. È un mare di teste umane. Si direbbe che le acclamazioni arrivino fino dai bastioni. Wilson, costretto a parlare alla folla, esce con noi tutti sul terrazzo che sovrasta il porticato, e pronuncia alcune frasi in perfetto americano. Nessuno capisce, e tutti restano un po’ interdetti. Rimedio, traducendo ad altissima voce l’americano in milanese, e il Presidente è ancora una volta subissato di acclamazioni. Chiude la memoranda giornata una perfetta interpretazione della seconda parte del secondo atto dell’Aida, e il canto dell’inno americano e degli inni italiani eseguito dagli artisti e dalla massa corale della Scala. Alle 23 il Presidente parte per Torino.