[24-IV.I9] Partenza di Orlando 467 Ti regolerai secondo il tuo buon giudizio. Ma io ho bisogno che tu resti qui. Mi telegraferai spesso, staremo in continuo contatto. I miei uffici sono a tua disposizione. » « Ma io non posso restare. Se non sono ufficialmente membro della delegazione, ho però sempre sostituito Sa-landra; e rappresento l’Italia in tutte le commissioni al-l’infuori delle politiche. E sono membro del Governo che ha nominato la delegazione. È in gioco la dignità del Governo, più di quella della delegazione ». « Insomma, tu devi restare. Te ne prego e, se occorre, te lo ordino. Parla con Sonnino, intenditi con lui, ti dirà quanto non posso dirti ora, a meno di perdere il treno. Arrivederci presto. » E si precipita fuori dalla stanza, scende rapidamente le scale ed arriva nel salone d’ingresso. È circondato da una gran folla agitata e plaudente. Tutti vogliono notizie. Orlando sorride, saluta con un largo gesto. Si mostra sicuro e sereno. « Non ho voluto più discutere di questioni diventate secondarie di fronte alla grossa questione di principio insita nel messaggio di Wilson. Ho detto a Wilson: se Voi, Presidente, foste capo di Governo, come lo sono io, come lo sono i signori Clemenceau e Lloyd George, potrei contentarmi di rispondervi da pari a pari, con un manifesto a un manifesto. E non lascerei la conferenza. Ma voi siete capo del vostro grande Stato ed io debbo udire che cosa diranno il capo del mio Stato, il mio Parlamento e il mio popolo, che sono sempre in perfetta unione. Wilson ha molto apprezzato queste mie parole e mi ha risposto: Dunque tornerete! E mi ha fatto l’augurio di ritornare soddisfatto. Ora il Paese deve sapere la verità direttamente da me. Deve pronunciarsi. Ma sono già sicuro che il Paese unanime sarà con me, come dopo Caporetto. Viva l’Italia! » «Ritornerete? » si chiede da tutte le parti. «Si! E ben presto, appena il Paese si sarà pronunciato. Non chiedetemi di più. Abbiate fiducia nell’Italia! » — E si avvia verso l’uscita, sospinto, quasi travolto, dall’ondata plaudente.