fcoprirfi auer tardato vn anno , eforfi più àdilatarfi gagliardamente ; quelle fono le parole di quefto Autore nel bel principio del libro. Ciuitas illuflris Venetiarum cam* dem calamitatem accipere vi fa e[ì:fed toto feré anno ad men-fem lunium vfque proximi anni 157G. malumibì lente ad-modum pragrediebatur: (tquidem Ciuitas iftiufmodiiabisfopé numero immunis 'videb itur : quanquam illa quodamodo re* uiuifcens J e dall’iftef-io Hippocrate nel libro de FUtìbus al n.7. viene attribuito; da che con ottima ragione par, che potta inferir/i, effa eiTer buonillima, e perfettiffima , anche più di quella di Vicenza, di Padoua, e d’altre Città d’Italia, di cui non fi legge in quell’Autore vna reilìftenza cofi lunga al male. Oltre il produrli, e dilatarfì più difficilmente i mali quafì tutti in Venezia, quando pure iui fono introdotti, con facilità maggiore fi curano, benche fodero per altro di quelli à cui credefi generalmente nemiciilima l’aria . L’otteruò il Faloppio nel Iib. de irulneribus capitis al cap.i. doue afferma, auer veduto ferite grani della tetta felicemente guarire con l’vlo delloglio rofato, applicatole dal principio al fine : la qual maniera di curareconfetta eilere cattiua. Di quefta maggior facilità in curarfi dette ferire, vuole eiTer la cagione più principalela groffezza dell’aria, per cui quefta non penetra fi facilmente le parti più interne di quelle. Se non fotte il rifpetto, che dobbiamo tutei alla memoria di fi grand'Vomo, ofereidire etter’ef-fettod’vna gran {implicita fu a il pretendere l’aria di Vc- ne-