[7.V.19] Discorso di Brockdorff-Ranlz.au 535 Gli interpreti traducono. Dutasta si avanza e tende il bianco volume del trattato a Brockdorff-Rantzau. Questi lo prende, lo depone rudemente sul banco, e vi butta sopra i guanti neri, quasi con gesto di sprezzo. Fa cenno di voler parlare. Glemenceau non ha finito. Espone le disposizioni stabilite per le trattative: quindici giorni per presentare osservazioni scritte; si risponderà per iscritto; poi si fisserà la data per la firma. Finalmente Brockdorff-Rantzau ha la parola. Non si alza in piedi. Pallidissimo, jeratico, legge a voce bassa, monotona. Ma si sente subito l’attacco aspro nell’aspro idioma. Ad ogni periodo due interpreti tedeschi traducono. Le cartelle tremano nelle loro mani. Quello che traduce in francese non trova più le parole sotto una sferzata di Clemenceau: « Più forte, non si sente ». Quello che parla in inglese s’investe invece del discorso. Poco a poco eleva il tono e le frasi taglienti del ministro diventano di tono ingiurioso in bocca all’interprete. Clemenceau e sopra tutti Lloyd George non celano lo sdegno. L’atto villano di leggere seduto, la progressiva aggressività del discorso, sono notati da tutti. L’orazione del tedesco è la rivolta del debole contro il forte. Nega tutto: le responsabilità, le colpe; «vincitori e vinti hanno commesso gli stessi delitti; non sarà pace nel mondo senza uguaglianza nei diritti, che la vittoria non distrugge ». La Germania è vinta, ma non doma. Sentiamo che da questa Corte di giustizia usciamo più nemici di prima. Questa sarà una pace senza pace. L’irritazione generale si nota da brevi moti nervosi di tutti i volti, che invano si sforzano di restare impassibili. Quando Brockdorff-Rantzau ha finito, Clemenceau gli chiede: « Non avete altro da aggiungere? » « Niente altro per parte mia. » « La seduta è tolta. » .