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Quarantesima.	435
la Par. I. del Tomo II. Rer. Italie. E finquì de’Ritmi Efamétrì e Pentametri .
  A questa forta di verfi fi hanno da aggiugnere <juei di undici, dodici , fette &c. fillabe . E tanto più parlerò di quelli, perchè principalmente di là prefero gl’Italiani J’ efempio della noilra Volgare Poefia. Prima nondimeno di farne parola, debbo accennare un altro rito della Poefia Ritmica, non ignoto alla Metrica. V’ha perfone, che han creduto, avere una volta i Greci e Romani praticata quella confonanza di Sillabe,-che noi ora dimandiamo Rima , nome nato da Rhythmus , mutato in Ritma, e poi Rima, di maniera che una Sillaba nel mezzo , a fine di un membretto o verfo corrifponda all’altro. Parve loro, che i Poeti il compiaceflero di quella Figura e iìmmetria di parole . Certamente piacque a gli Oratori, purché fe ne ierviifero con parfimonia. Omoioteleu-ton chiamarono i Greci una tal Figura, Similiter cadens i Latini. Famo-fi fono i due verfi di Cicerone , che furono anche deriiì, mentre egli era invita, rapportati da Quintiliano, cioè
        Cedant Arma Togce ; concedant Laurea Lingua.
        O	fortunatam natam me Confule Romam.
Anche Varrone nella Sepoltura di Menippo ' Neque orthoplialUca attulit pfalteria,
         Qjùbus fonant in Grcecia dicleria ,
         •-Qui jabularum collocant exordia .
Qui credo che s’abbia a fcrivere Exodia. Anzi l’antichiffimo Poeta Ennio pare che fe ne dilettaffe, riferendo Cicerone quelli fuoi verfi nella Tufcol. I.
         Hcec omnia vidi■ injlammari
Priamo vi vitam evirari ( forfè evirari )
         Jovis ara/n fanguine turpari.
Quelli altri verfi, non so fe fuoi, o d’altro Poeta , riferifee nella mede-iìma Tufcolana
Calum nitefeere, arbores frondefeere,
          Vites latificce pampinis pubefeere ,
Rami baccarum ubertate ineurvefeere.
Simili verfi induffero il Cavaliere Stigliani a credere, che i Ritmi, oggidì chiamati Rime , fi ufaflero nel tempo della migliore.Latinità. Perciocché , come egli fcrive , Vergilio Lib. VI. verf. 165. JEneid. diife JEre ciere vìros , Martemque accendere cantu ,• ed Ovidio :
         Quot C&lum flellas, tot habet tua Roma puellas .
E Properzio :
        Non non humani funt partus talia dona IJla Deum menfes non peperere bona .
E e 2	Così