Trentesimaprima; 55 p'ientes , & Deum tìmentes cor.fiuuti fiat ; & jurent, ut juxta eorum intelh-gentam rcclum judicent, & prò muneribus vel humana gratta jufìit.am non, perveriant nec differant &c. Egregia premura che era quella de gl’ Impe-radori della ftirpe Carolina, fra 1 quali Lodovico li. nella Legge 4. Longobardica fece il feguente Decreto : De judicio auiem Judicis tamfrequen-ter remimoramus, quia omnìno conjuetudinern judicandi injufie JudiCibus au-ferre volumus. Sed tantum fecundum Scripturam judicent , & nullatenus fe-cundum arbitrium fuum . Sed difcant plcmter Legem. Ecco quanto avellerò a cuore allora i Sovrani d’Italia un affare di tanta importanza. Certamente io non farei lìgurtà, che non vi follerò in que’ tempi Giudici parziali, ignoranti, iniqui. Ve ne farà finché durerà il Mondo. Ma almeno proccuravano quegli Augufti , che ve ne folle il *nen polììbile,- e perciò incaricavano i Melfi Regj di eleggere per Giudici i migliori, che li poteflero trovare, e di cacciar via coloro, che fi fcoprrflero inetti o malvagi . Noi chiamiamo que’ tempi Secoli di ferro, barbari, incolti. Anche allora v’erano regolamenti, che a’ nollri dì meriterebbero gran lode. Nè lì dee qui tralafciare una Legge di Carlo Magno, cioè la 94. in cui fi prefcrive , ut nec Comes Ptaeitum habeat nifi jejunus • E nella Legge 42. ut Judices jejuni caufas audiant & difeernant. Sarà cura d’altri il cercare, fe mai per avventura i Franchi, Popolo Germanico palliato anche nelle Gallie , folle allora così divoto di Bacco , come è da gran tempo qualche parte della Germania. Da quelle Leggi al certo lì può dedurre, che fotto Carlo Magno tanto i Franchi dominatori , che i Longobardi fu*dditi, amendue Popoli Germanici venuti in Italia , non illudialì'ero molto la fobrietà , di modo che quell’ attento ed infigne Imperadore llimò necelTario di proibire i Giudizj del dopo pranzo , e di allontanare , per quanto era in fua mano l’ubbriachezza dal Foro. Ne’ pure mancavano in que’ tempi perfone, che s’ingegnavano di fchi-vare i Piaciti, per non venire a fronte coll’avversario davanti ai Giù-dici. A quella frode fi rimediava nella feguente forma. Veniva citato più d’una volta colui, contra del quale fi faceva l’iilanza, o querela. Rifiutando egli di comparire , l’attore era melTo in poffelTo della colà controversa,, o fe già la pofledeva, con decreto del Giudice era confermato in quel pofleiTo. Ma nello ileffo tempo fi lafciava luogo al reo di dedurre, fe poteva o voleva , le fue ragioni in petitorio. Però il Prelìden-te del Placito, fondato full’avvifo de’ Giudici, o fia de’Periti delle Leggi imponeva bensì pena a chi turbafle quel poiTeiib; ma falva querela , cioè rellando libero al reo di fperimentar le fue ragioni, ma in modo che dopo il Bando non folle lecito ad alcuno di turbare il polTelìore fine legali judicio . In pruova di quello rito ho io recato un P4acito tenuto l’enfio 1037. nel Borgo d’Arbia territorio di Siena da Ermanno Ar-yvefcovo di Colonia , e da Bertolfo Conte , MeJJi dell' Imperadore Corrado , D 4 in cui