49 8 Dissertazione’. oggidì a viliffimo prezzo ci provvediamo della Carta pofcia inventata» ficcome ancora, che dopo l’invenzion della Stampa accaduta nel Secolo Decimo Quinto, con poco danaro ora fi comprano Libri, che abbracciano le molte e varie Opere di un . folo Autore, le quali-una volta farebbero collare le centinaia e migliaia di Scudi. Perciocché ma-nifeilo è, che oltre al prezzo delle pergamene, fino a i tempi dell’Arte Tipografica, erano tutti i Libri ferirti a penna, particolarmente per cura de’Monaci, i quali più de gli altri attendevano a copiare eifi Libri. Però ciafcun può comprendere, quanto tempo e fatica richiedeife una tale fcrittura, e per confeguente quanto caro coilaiTe un folo Volume, e di quanti Codici s’aveife a provvedere chi deiìderava tutte 1’. Opere di un folo Autore, come Cicerone, Livio, e come Santo Agostino, il Grifoilomo, e Gregorio Magno, le quali ora fiampate e ri-llampate fi acquiilano con ifpéfa mediocre . Per quella ragione molto poche erano allora le Librerie, maffimamente in Italia, e quelle poche ne’foli Moniilerj, non badando i Principi, e le Città, e quali tutti i Laici a sì fatti ornamenti, oltre a! gran collo de’Libri, che fpaventava anche chi avelfe nudrito buon genio per le Lettere. Non è dunque da llupire, fe nè pure allora i più felici ingegni fi deffero alla Letteratura, e fe così poca produzion di Libri fi vedeiie in que’ tempi. Buoni ingegni certamente anche allora, al pari che oggidì, generò l’Italia, ma dove mancano Maeiiri, Libri, e coltura, a poco o nulla ferve il vigore dell’ingegno, e pochi frutti fe ne polìono fperare. Certamente l’Autore Anonimo del Panegìrico di Berengario Aaguflo è molto da ilimare. E fra le Opere di Attone Vefcovo di Vercelli fopra lodato, pubblicate dai Dachery nello Spicilegio, fi leggono le Lettere di Gun^one Diacono Novarefe , e di Ambrofio Prete Milanefe, amendue del Secolo Decimo , che fi fcuoprono alquanto periti ne’Canoni; ma tanto ad effi, che ad altri limili per la penuria de’Libri mancavano l’ali per tentar voli più alti. Fors’anche non m’ingannerò dicendo, che ad accrefcere la mancanza de’Libri, cooperarono non poco le irruzioni in Italia de’Barbari, cioè de’Longobardi, Ungheri, e Saraceni, per tacer d’altri. Quelle furibonde Nazioni non foiamente mietevano le vite de gli uomini, ma con gl’incend] ancora infierivano contra di ogni Luogo, che ofaife fare refiilenza . Nè ferbando effi veruno amore per le Lettere, perciò non meno per la loro ignoranza, che per la loro crudeltà perì gran copia di Libri, maffimamente ne’Moniilerj, de’quali fappiamo, che una buona parte fu data alle fiamme. Prima delle fu ne fife feorrerie de i Normanni fe la Gallia abbondaffe di Libri, noi faprei dire. Certo in que’tempi, come vedemmo per atteilato di Lupo Abbate di Ferriere, i Franzefi fi lamentavano della penuria de’Libri. Anzi lo ileiTo ce ne porge un e-fempio degno di o nervazione. Cioè con gloriofa avidità procacciava a