Taentesimaseco N D A . 6 i fed edam literis dedii ? Efigeva Cicerone , che il Figlio Rettamente par* laffe e fcriveffe, non già in Greco, ma in Latino, cioè fecondo le Regole della Gramatica , e non già fecondo il coftume dell’ignorante volgo. Il che dicendo io, ho lo fteffo Tullio, che nel Lib. JII. dell’Ora-tore fcrive : Prcecepta Latine loquentipuerilis dottrina tradii , cioè la Granitica, che anche i fanciulli Romani erano obbligati a ftudiare . Così Vitruvio parlando ad Augufto, il pregava, ut Ji quid parum ad Artis Grammatica regulam juerit explicatum , volelTe fcufarlo . Le ragioni da me recate nel fuddetto Trattato della Poeiìa , che il Salvini non toc* cò, ballavano bene a decidere quefto punto .• Imperciocché fe dalle madri e balie s’imparava il buon Latino, non avrebbe Cicerone fcritto : Non tani prceclarum effe Jcire Latine, quam turpe nejcire. Nè Ovidio a-vrebbe configliato i Romani, ut Linguas duas edijcerent , cioè la Greca e Latina. Nè 1’ Autore della Retorica ad Erennio fcritto avrebbe: ra-tionem vitandi Solcecifmos & Barbarifmos , in Arte Grammatica dtlucide di-fa. Veggafi ancora Daniele Morhoffio , Tedefco Erudito, nel fuo Opu-i'culo de Paravinitate Liviana , e il Barthio Adverjar. Libro XIII. Cap. 2. che molte cofe oflervarono su quefto argomento . Ma a che più af-faticarfi, da che lo fteffo Quintiliano Lib. I. Cap. io. chiaramente con-feffa , aliuò efl Laiine, ahud Grammatice loqui } E certamente polliamo moftrar Ifcrizioni compofte in Roma a’ tempi del medeiìmo Augufto , e di Tiberio, nelle quali manca la Gramatica , e fi fente la corrotta Lingua del volgo . Intorno a che bafterà confultar quelle de i Liberti e Servi di Livia Augufta , fcoperte nell’Anno 1726. eh’ io ho rapportato nel mio Teforo delle antiche Iscrizioni . Certamente nella loquela del volgo , e particolarmente de’ Servi nati fuor di Roma , fi trovavano non poche ftorture •<, ma è anche probabile , che gli fteffi Romani nobili e Letterati , non pronuuziaffero nel quotidiano Linguaggio le voci, come le fcrivevano . Per teftimonianza di Suetonio Cap. 88. lo fteffo Augufto Orthographiam , ite fi formularli rationemque fcribendi a Grammaticis ( adunque v’ erano anche Gramatici di Lingua Latina ) in-flitutan y non a ìeo cujtodiii -, ac videiur eonim Jequi pouus opinionem , qui periate fcribendum ac loquimur exifliment. Per efempio in vece di Ipfe, & lpji, allora pronunziavano Iffe & Ijji, come fanno tuttavia i Napoletani, donde e poi n^to il noftro Effo ed Eflì. £ però none da ftupire, fe nelle antiche Iicrizioni l’pezialmente del baffo Popolo fi truovano voci icorrette , parte delle quali nondimeno fono da attribuire a gl’ ignorami Marmorai . Ma qui ci chiama Santo Agoftino con dire nel L b. XIX. Cap. 7. de Civ. Dei : Imperio fa Civitas Roma non folum jugum, verum eiiam Lm-guari fuam domitis gennbus impofuii. Pure chieggo io : s ha egli forfè da credere, chi ne’ Popoli vinti iniieme fi eiìmgueiiero affatro le primiti-