— 330 — gni e negli acquitrini che frangiano la riva ed agli sbocchi degli affluenti. Ma anche la Marica, lo Struma, il Mesta, l'Iskar, l’Osàm, etc., ed i torrenti montani (massime nelle zone del Rila, del Pirin e dei Rodopi) hanno riserve copiose; più comuni quasi da per tutto Barbus plebeius, Chondrostoma nasus, Cobitis taenia, Idus me-lanotus, Perca fluviatUis, Aiosa finta, Phoxinus laevis, Alburnus alborella, Scardinius erythrophtalonus, Leuci-scus pigus, Car'assius vulgaris, Lota vulgaris, etc. i la-ghetti d’alta montagna del Rila e del Pirin abbondano di trote e salmoni; Cyprinus carpis, Sphyraena vulgaris, Tinca vulgaris, Abramis ballerus, Lucioperca sandra, etc. si pescano anche nelle zone palustri interne. Ma dove l’ittiofauna presenta, anche al di fuori da ogni preoccupazione economica, l’interesse maggiore, è lungo la costa dell’Eusino. Come s’è accennato, questo bacino faceva parte in altra epoca geologica di una vasta area salmastra, il cui grado di salinità corrispondeva press’a poco a quello oggi dominante nella sezione settentrionale del Caspio (< 10°/oo). L’originaria laguna sarmatica dovette, almeno per un certo tempo, essere in comunicazione verso N. con gli oceani boreali a cui ci conducono alcuni degli elementi caratteristici che compaiono ancor oggi nella fauna del M. Nero, come appunto sono sturionidi e clupeidi. Avvenuta la separazione dell’Eusino dal Caspio, ed invaso il primo dalle acque salate del Mediterraneo, le specie salmastre vennero nel Ponto in gran parte distrutte; quelle che sopravvissero, poterono mantenersi trovando rifugio nella estremità settentrionale del bacino, dove, come si è visto, Umani, lagune e laghi relitti perpetuarono, in sostanza, le condizioni originarie, riducendo colà sensibilmente la concentrazione salina propria delle acque del M. Nero. Si venne così determinando in questo un netto contra-