Perché non attacchiamo [21.1x.18] 21 Settembre. La mattina arrivo a Roma e vado subito alla stazione per incontrarvi, con tutti gli altri miei colleglli ministri, il presidente Orlando reduce dal fronte e da Parigi. Egli è molto soddisfatto delie accoglienze ricevute e dell’andamento della guerra. Ogni giorno segna infatti un nuovo successo degli alleati su tutti i fronti. I tedeschi ed i bulgari continuano ovunque a ritirarsi. Sul nostro fronte hanno sempre luogo piccole scaramuccie. Ho riunito al ministero una notevole rappresentanza degli olivicultori di tutta Italia per regolare la produzione e la vendita dell’olio. In Italia se ne dovrebbe produrre abbastanza per non essere costretti ad importarlo all’estero. 22 Settembre. Lungo colloquio con Orlando, al quale porto diversi telegrammi di Attolico riguardanti la fornitura di carbone. Chiedo ad Orlando perché il nostro esercito non si associa all’avanzata su tutti i fronti, dando agli austro-unga-rici la battaglia campale, che è vivamente desiderata dagli Alleati, i quali ritengono l’esercito italiano superiore per numero e per organizzazione al nemico accampato sul nostro fronte. Orlando mi risponde che ha potuto constatare come il nostro avversario sia ancora fortissimo. Esso tiene posizioni strategiche di primissimo ordine ed ha a sua difesa quello stesso Piave che ha difeso noi durante le sue precedenti offensive. Orlando non può ordinare l’attacco senza avere la sicurezza assoluta della vittoria, tanto più che Nitti lo ammonisce ogni giorno di non attaccare e pronuncia in privato discorsi pessimisti che ci vengono da ogni parte riportati. Orlando è veramente fra l’incudine ed il martello. I suoi colleghi più autorevoli, Son-nino, Bissolati e Nitti, hanno temperamenti assai diversi e il tenerli uniti è fatica di Sisifo.