248 Hôtel Edouard VII [29.1.19] salone siedono a tavola tutti gli impiegati e le dattilografe. Mi accorgo subito che il buon umore è in ragione inversa della gerarchia. Dopo il pasto anche le gerarchie si confondono. Orlando è circondato dai giornalisti, gli altri ministri dai loro dipendenti, e si ricevono e si danno informazioni in quella simpatica intimità che nulla toglie al rispetto gerarchico, secondo una caratteristica italianissima. Una vasta scalea porta dalPingresso ai diversi piani. Su ogni pianerottolo passeggiano ininterrottamente due carabinieri in uniforme, e tratto tratto si incontrano agenti di polizia in borghese. Tutto e tutti siamo sottoposti alla più stretta vigilanza. La mia camera è una normale camera d’albergo, con mobili semplici e pratici, stile impero; vi è annessa una saletta che trasformo subito in mio studio. Al di là del corridoio, verso il cortile dell’albergo, mi faccio assegnare una camera vuota, dove installo due macchine da scrivere per due segretarie (di cui ciascuna sa parecchie lingue), la scrivania per il mio capo gabinetto e l’archivio. Le segretarie sono la signora Rosselli Agresti e la signorina Garibaldi. Tre camere, che hanno in totale 70 metri quadrati di superficie, e quattro persone, formano l’organizzazione per dirigere i negoziati economici dell’Italia. I miei collaboratori principali sono poi sistemati in altri piccoli uffici, ciascuno col proprio personale, ma tutti in forma sbrigativa. L’adattamento dei tre locali e del personale è rapidissimo e comincio subito a lavorare, annunciando per telefono il mio arrivo a tutti i miei amici delle grandi delegazioni. La sera pranzo nella sala riservata ai ministri ed ai delegati che sono aumentati di numero. Noto che Diaz, per deferenza ad Orlando, pranza nella saletta riservata, mentre la sua consorte pranza nella sala dei diplomatici. La conferenza si è lungamente occupata della distribuzione delle colonie tedesche che i Dominii dell’impero