[2.V.I9] Telegramma collettivo 5°9 l’impressione che il signor Frazier si sia recato personalmente all’ambasciata d’Italia per indagare sulle nostre disposizioni. Il colloquio fu lungo e animato, in ordine ai soliti argomenti nostri in contrapposto con gli argomenti americani (i). Ma tutta la nostra attenzione è rivolta alla lettura di un lungo telegramma speditomi da Orlando. Tale telegramma è riservatissimo e personale, ma è troppo importante perché io possa tacerlo ai colleghi che agiscono solidalmente con me. Orlando ha voluto mettermi in guardia contro tendenziose accuse che mi sono rivolte in Italia. Prende atto di quanto gli telegrafo e poi si addentra in una disamina dei fatti e delle possibilità attuali, assolutamente difforme dalla realtà come è stata da noi prospettata in tutti i nostri telegrammi, e mi muove amichevoli rimproveri, tali da farci ancora dubitare che le nostre comunicazioni telegrafiche a lui e a Sonnino, siano prese in quella seriissima considerazione che, secondo noi, è imposta dal loro contenuto. Sta entrando in noi un senso di sgomento: decidiamo di mettere ancora una -volta Orlando e Sonnino di fronte alla realtà delle cose, esposta colla massima sincerità ed evidenza, senza possibilità di illusioni né di equivoci. Io stendo il telegramma e gli ambasciatori e De Martino lasciano che esso abbia la forma recisa che mi esce rapidamente dalla penna. Noto che ci è stato ieri imposto di tornare a prender parte alla conferenza entro quattro giorni; dichiaro che possiamo resistere, ma che dobbiamo in tal caso affrontare la rottura con l’America e cogli alleati, la decadenza assoluta del Patto di Londra, l’eliminazione dell’Italia da ogni possibile vantaggio in Asia Minore e in Africa, la inevitabile guerra economica; che possiamo invece trattare; e preciso come si possa tentare una soluzione nel quadro del telegramma 93 di Sonnino (1) Vedasi documento n. 34.