[g.xii.i8] Hoover si persuade 221 adagio adagio dalla sua prima posizione d’intransigenza assoluta, e soltanto dopo due ore e mezzo riusciamo a persuaderlo di chiedere alla sua Tesoreria una approvazione almeno di massima per la nuova grande organizzazione finanziaria ed economica. Noi vediamo chiaramente che vincitori e vinti hanno un interesse unico, quello di creare una base di lavoro stabile, equo, continuativo per tutti. Soltanto dal lavoro può scaturire la nuova ricchezza riparatrice delle immense distruzioni della guerra. Questa base di lavoro deve essere appoggiata da graduali rifornimenti di materie prime, da convenzioni internazionali riguardanti le ore di lavoro, da disponibilità di monete a cambio fisso. Se i Governi non sapranno assicurare subito al mondo queste condizioni di giustizia e di tranquillità, vedremo crollare le traballanti organizzazioni finanziarie di tutti i popoli. Prima crolleranno le monete dei vinti e poi quelle dei vincitori, e la crisi si allargherà sempre più fino a coinvolgere il mondo intero. Occorre dunque il mantenimento dell’organizzazione interalleata, e la sua estensione, se necessario; occorre una Corte unica mondiale del lavoro fra popoli liberi, e occorre una banca centrale che assommi il credito di tutti gli Stati per ridistribuirlo a tutti gli Stati. In essa sarà versato tutto il denaro delle riparazioni, essa funzionerà da clearing house fra tutti gli interessati. Se i popoli anglosassoni, che sono i creditori, dovranno assumerne la tutela con un rischio irrisorio e per breve tempo, ne deriveranno la certezza del ricupero dei loro crediti, che diversamente dipenderà dalle vicende dell’inevitabile crisi. Hoover è finalmente convinto. Clémentel ed io, all’uscita dal lungo e drammatico colloquio, siamo profondamente commossi ed affranti per la passione che ci ha tutto il giorno agitati.