ClNQUANTESIM ASESTA. 177 nendo la Carta all’Anno 874. e non già all’Anno 870. come sé creduto finqul. Benché Lodovico Pio nella Legge LV. fra le Longobardi-che Par. II. del Tomo I. Rer. Italie, avelie ordinato : Ut omnis O.do Ecclefarum fecunduni Legem Romanam vivati pure quello Vefcovo fi Tcor-ge che oiTervava la Legge Salica. Ma non mancavano Ecclefiaflici, i quali tenevano quella Legge per confultiva, non per precettiva. Veg-gati la Differtaz. XXII. dove ho rapportato altri fienili efempli. Determina ivi il Vefcovo Rorio, che in Annuale meo prò remedium Anime, mee pafeere debeatis ter Sacerdotes & Lcvitas numero quadraginta. In alio vero die , quod pojì Annuale evenerit, volo adque infituo, ut reficiantur ibi in prediclo loco pauperes numero centum . OiTervifi, qual cura fi aveife una volta della Carità verfo i Poveri. Certamente non ufarono i noilri Maggiori di ridurre i Suffragi per li Defunti al folo falutar Sacrifizio, come per Io più fi fa oggidì; ma infieme ordinavano MeiTe e Limofine, perchè afficuiati, che anche 1' Opere della Mifericordia gran forza a-veano per impetrar da Dio grazie sì per li viventi, che per li Morti. Di ciò ho io trattato abbailanza nella mia Operetta della Carità rerfo il Projfimo. Qui nondimeno voglio confermarlo coll’efempio de’Romani Pontefici, col produrre un Decreto di Papa Aleflandro IV. dell’An-no 1259- cavato dal Regiilro di Cencio Camerario. Ordina egli quivi , che nel dì della Commemorazione de’ Morti il Pontefice ducentos Pauperes reficiat , & vigir.tiquinque Cardinalium unusquisque. Morendo il Papa, die defunclionis ipfus C ardinales celebrent Offcium prò Defunclis, & efum quìnquaginta Pauperibus prò anima defuncti Pontifcis Cardinalium quilibet fubminijlret, Mifjas toiidem prò Defur.cìis faciens pojlmodum decantari. Mancando di vita un Cardinale, ordina, che Romarus Pontìfex ducentos Pauperes prò anima ejus pafeat} & vicjintì quinque quilibet Cardinale . Quella pia confuetudine è fvanita in moltifiime contrade. Truo-vafi poi , che i fondatori di Monifterj o Chiefe alle volte preferiveva-no MeiTe da celebrarli perla loro Anima; cofa nondimeno, che di rado fi praticava ne’tempi anrichiffimi. Innumerabili Carte abbiamo tanto date alla luce, che naTcofe ne gli Archivi, dove compariTcono donazioni grandiose di Beni fatte a i facri Luoghi, e alle Congregazioni dell’uno e dell’altro Clero. Ma quivi o niuna obbligazione viene impella a i ricevitori di que’Beni ( il che era affai familiare ne’tempi di allora ) o pure con generai preghiera fi facea iftanza a i Chetici e Monaci di raccomandar a Dio ne’Sacrifizj e nelle Orazioni l’Anima del donante. Nè fi determinava alcun numero di MeiTe, nè fi efigeva , che 1 Sagrifizj fi offeriflero pel Tolo Oblatore, perchè nè pure nel Secolo Nono non erano molto approvati que’Sacerdoti, i quali flncjulas oblatio-nes prò flnguhs offerrent, come pare che dica Walafrido Strabone de Reb. Ecclef. Cap. 22. Imperciocché tuttavia i Sacerd5ti, avvegnaché ricevef-Diff. hai T. Ili. M Tero