146 Dissertazione Quibus ludicris quum alias Rhaudenjis nojìer Antonius, uti a fe ipfo percepì , fato an cafu fupervenijfet , quo magis celebrioris fam*x & reverenti# Mo-nackum eum cognojcerent , eo denfioritus aquis dejuper irroraverunt . Ecco con quali atti, certamente iuperftiziofi , e da riprovarli per più d’una ragione , tentaffero i vecchi Milane(ì di Tpremere dal Cielo la defiderata pioggia , alla violenza de’quali io non so fe il Cielo fovente fi delle per vinto. Quello, ch’io so, è che quelle cofe non fi faceano di nafcofto, e Tenza tellimonj, ma in mezzo alla ilefla Città, e nei bel meriggio. Nè lo lleffo Angelo Decembre , tuttoché perfona erudita, e di non volgare intelligenza in riferendole le condanna, anzi fembra approvare : cotanto la buona gente di allora teneva per Tanto, e libero da ogni ombra di colpa quello , che fi ufava, e eh’effa avea come per eredità ricevuto da’Tuoi Maggiori. Finalmente un altro coitume della plebe Milanese vien riferito dal Decembre, eh’è celiato da gran tempo , e tuttavia fi vuol efarmnare. Patrios ritus , die’egli, accuratius attiniifjimis vo-his expono . Ergo cum his JimuL frordibus , torquibusque matres & innuptee puellce Jua vota conneciunt, ex panmeibus ( così ila nel MSto ) confutiles liberorum imagines effìngendo , quibus fefe ohm foeius fuos rite concipere & educare confidunt. Proinde eadem Floralia ( così queilo buon Gramatico chiama le facre Procelfioni di Maggio , quafichè follerò a noi derivate dalle Feile Florali de gli antichi : il che è falfo ) cum paxemadibus , & a^imis , cum ovorum ttjlis , & ojfarum fimulacris ad ejusmodi viclus indul-gennain, cum vanis olerum & leguminum generibus j cum ampuli.s quoque penfilibus, aqua , vino, laide, oleo, meile refertis , decora nus . Qiia’ti rur-fus conjuetudinem putant ab antiquorum Monackorum , Jlve Eremitarum di-faplinis , an Pyihagoreorum , Panpilianorum fufeeptam : qui ea tantummodo ab immorialibus impetrari licere , & ab humanam fuflentationem Jine anima-lium Epulationibus fatisfacere arbitrati ftint. Ma tempo è di lafciar andare quello Scrittore. Pochi nondimeno fono i Riri e collumi o curiofi o fuperiliziofi de1 Secoli barbarici, che finquì ho rammentato, i quali o fono affatto dis-raeffi, o da i decreti della Chiefa vietati. Ci llupiremmo dell’abbondanza di eflì, fe fapellimo tutte le ridicolofità de’nollri Maggiori. Di alcune vecchie ulanze è vero che dura tuttavia il nome, ma non gi-à il fatto. Nella Notte Tanta del Natale del Signore, o ne’ fuffeguenti giorni , coftume fu una volta di lafciar la briglia all’ allegria ne41e caie» Con giuochi , danze, conviti fi paffava quella Notte, e parte del giorno,- e fra l’altre coTe un Ceppo o graffo tronco d’albero fi bruciava ¡non Tenza la giunta di varie Tuperilizioni. Nel Vocabolario della Cruf-ca alla parola Ceppo è fatta la Teguente annotazione; Battere 0 ardere il Ceppo : dicono i Fanciulli per la folennità del Natale a una cena funzione , nella quale da loro Maggiori foglio no ricevere donativi e mance ì che poi