$oi vano i MSS. e per l’edizione fattane dall* Autore delle Differtaz. Ma come s* accordano con tanta prodigalità del Popolo due lettere d’Innocenzo III.? Nella prima Baluz. lib. 14- ep. 76. ) dice il Pontefice al filo Legato: Dileèlus filtus nobilis vir Marchio EJtenfis nobis iiumi-liter fupplicavit, ut in Eerrarienfi Civitate cotiflruendi Cafirum, p~r quod ipfam melius defendere valeat, i? ad fidelitatem Romana Ecclefia conservare, licentiam concedere dignaremur . Nos igitur id tute prudentia committentes , difcrettoni ma per Apofiolica fcnpta mandamus, quatenus fitper hoc flatuas ad honorem & profeclum E. elefìce , quod viders expedire . VII. ¡d. Jun. 111 r. Adunque con pace degli Statuti gli Eìtenii dal primo loro ingreiio 111 quelta Città Pontificia, non dal popolo, ma dal legittimo Sovrano, cioè dal Romano Pontefice fa-pevano dover dipendere. L’altra lettera riguarda la Signoria d’Ancona accennata qui feccamente ad arte. E nello llcffo tempo avverte, come dominavafi, e u domina legittimamente nelie Città e dominj della S. Sede ( lib. ¡a. ep. ioi. ) „ Perciocché il Pontefice invertendo Aldovratidino delia Marca invaia da’Conti di Celano, gli aice , che fe imiterà l" efempio del fuo Genitore Atro, l’obbligherà a prendere altro partito. Inter alias rationes , ea confi derat ione potiffimum cl. me. patri tuo Anconitanam Mar chiam m fendimi duximus con-cedendam, quia promiferat nobis quod eam valida marni ingredietis, ipfam ad Ecciefice Romana dominium revocarci. Sperantes autem te in eodem negotio procejjurum Ve. (itf pag. 170. Così è. Ma S. Gregorio II. fperans converfionem Principis, come fi legge pref-fo il medeiimo Anaitafio , validamente s’oppofe . In elfo Pontefice però fi vedono poco dopo fegni evidenti di Principato, e fi ha certezza, che i Rumanì aveano fcofl'o il giogo Imperiale, a cui mai più non furono fottopoiti : feobene ril'vegliato poi l’Imperio in Occidente , per volontà del Pontefice S. Leone III. Autor del novello Imperio e giuraffero fedeltà all’imperatore, e alle due autorità Pontificia, e Imperiale con bella armonia congiunte pre-ftaiTero la dovuta ubbidienza. La vittoria da loro riportata contro Eiilarato Duca di Napoli, e il di lui figlio Adriano, che invafa la Campania voleano ricuperarla all’imperatore, e vi perderono efercito , e vita; e la legd. deli'Efarco co’Longobardi per efpugnar Roma, fono indizj affai chiari, che Roma e’1 Ducato Romano s’erano ribellati all’Im paratore, e in forma di Repubblica, di cui era capoii Pontefice, fi governarono. Nel fuccefibre S. Gregorio III. e in San Zaccaria vi fono poi argomenti non oicuri, che il Pontefice era riguardato da Principe dagli fieffi Re de’Longobardi. La foltanza è che in quello tempo, circa 1’ anno 718, debbono itabilirfi i fondamenti del doininio temporale della S. Sede . Che poi le azioni principali de’Pontefici foflero incorno alle Chiefe, perchè di ciò fi ha conto eiat-tiffimo prelfo Analtafio, come offerva qui fotto 1’Autore , è aliai dilputabile : mentre S. Gregorio 111. ricuperando Gallefe dalle mani de’ Longobardi ; e S. Zaccaria ricuperando quattro altre Città da’ medefimi invafe nel Ducato Romano, con reltituzione di prigionieri, e eoa ftipulazione di pace tra ’1 Re de’ Longobardi, e ’1 Pontefice per venti anni , ci dimofirano, che i Pontefici fenza ommettere ciò che apparteneva al Sacerdozio efercitavano le funzioni di veri Principi ; benché nulla curaffero il Principato e fempre teneffer conto degl’ Imperatori d' Oriente; finché fe ne videro totalmente abbandonati; onde collegaronfi co’Principi Carolini, S',à. efaltati al foglio da loro fteifi , a difefa non folo del loro dominio, ma di tutta 1’ I-talia. Anche quelle cofe fi leggono prelfo il Bibliotecario adoprato qui fono per telHmonio delle fole azioni Eccleiìaltiche. Vedali la mia Append, più volte citata nell’Elame del^Diplo-ma di Lodovico Pio: e fi troverà il tutto in una chiarezza, che non ammette colori che 1 adombrino, (17) pag. 185, Quella con buona pace è una mera congettura, ripugnante a ciò che operò nella Gallia S. Bonifazio; e pofeia il commercio di que’ pii finrii Principi con Roma , e l’amicizia Angolare co’Romani Pontefici perfezionarono. Da Eginardo fincero teftimonio abbiamo rifeontri certi della caufa , perchè quelli Principi portavano tanto affetto a’Romani Pontefici: Pippinus autem, egli dice ( de Vita & geß. Car. M. cap. 3. ), per autloritatem Romani Pontifìcis ex Prafe5lo Palatii Rex conßitutus &c. perciò fprezzando le minacce de luoi Configlieri , intraprefe la fpedizion d’Italia ; e non ebbe altra mira , che d’obbligare A ^ol- io [ibid. cap. 6. ) Re de’Longobardi , & obfides dare, & erepta Romanis oppida reftituere, atque ut reddito, non repeterentur , facramento fìdem dare. Carlo Magno poi , il quale, oltre alla predetfa, tante altre caule ebbe d’effer’vero amico de'Romani Pontefici, non ebbe per jfeopo il Regno d’ Italia, e la dignità Imperiale; ma-le veffazioni del Pontefice amico, e de’di lui fiidditi Romani, ¡’obbligarono a foggettarfi il Regno d* Italia, per reintegrare A-driano. Finis, fég-ie a dire Eginardo, hujus belli fuit fubatla Italia, ¿r Rex Defidenus perpetuo exilio deportata*, if filius ejus Adalgifus talia palfut, & res a Langobardo-'um Rtgt-but eretta Hadr/ane' Rom, Écclefig Rettori rsfiituere. E io ordine alla dignità Imperiale eia