SeSSANTESIMàSETTIMA: 341 ora 125. già 224. e con altra 126'. già 225. ad Albina, non lafciò indietro ragione alcuna per ifcufare la frenelìa del Popolo, e giu.ftificare sè fteffo . Ma con più moderazione ed accortezza fi folevano tirar le perfone facokofe a gl’impieghi Ecclefiaftici, e al Chioftro; e ciò particolarmente fuccedeva ne gli Oblati de’Monifterj. Carlo Magno {blamente ordinò nella Legge 137. delle Longobardiche: Ut unusquisque Presby-ter res , quas pofi die/n confecrationis àòqufierit proprias , Ecclefia relinquat. Ciò non oftante ufo frequente fu, che nell’ ingreiTo de’ minifterj di Chiefa, e de’Chioftri, le perfone offerivano i lor Beni al facro Luogo; ed appena al Chioftro paifava alcun Fanciullo, che i Genitori non faceffero qualche oblazione di ftabili a quel Moniftero . Ne ho recato per efempio una Carta forfè ieri tra nell’Anno 765. dove Eufemia Madre offerendo per Oblato Giovanni fanciullo fuo figlio a Giovanni Abbate del Momfle-ro Napolitano de Santi Severino e Soffio, aflegna a quel Luogo religio-fo la porzione de’ Beni, che ad effo lui appartenevano. Altri efempli di Beni pafiati per quefta via nelle Chiefe, fi poiTono leggere nella Dif-fertaz. LXII. e LXV. Nell’Archivio dell’Arcivefcovato di Lucca vidi una Carta fcritta Anno IV. Domni tioflri Ratc/us viro excellenttfijimo Rege Indizione III. cioè nell’Anno 749. 0750. perchè non norai il giorno e mele. Quivi Teupertus V. D. alla Chiefa di Santa Maria di Sello, e al fuo Rettore Bonualdo , una cum conf&nju Genitorum fuorum , fe ac bona fu a offerì ad ferviendum ibi Deo. In altra Carta fcritta ne’tempi del Re Liut-prando Ansfridus V. V. Clericus promette di fervire Beato Sanclo Laure ntio, & Sanclo Valentino de Vaccaie tutti i giorni di Tua vita; e perciò al facro Luogo offerifee omnia fua bona , Servos , & Anctllas, riferban-dofene folamente l’ufufrutto, finché avrà vita. Tralafcio altri efempli di chi entrava in Moniftero . Ma perchè non doveano mancar perfone, alle quali pareva , che gli Abbati, ed altri facri Miniftri attendeffero troppo aU’lntereiTe , ho prodotto un Rito de’Benedettini di Monte Calino nel ricevere i Novizzi, dove fra 1’altre cofe fi leggono le feguenti parole: Tunc debet illi dteere Abbas'. Ecce Frater, fi vis Deo onnipotenti fervire, vade, vende omnia tua, & da pauperibus , & veni fequere Chrìflum. Sed fi ille dixerit, quia in hoc Monafierio velo tribuerc , tunc dicat dii Abbas: Frater, Deo adjuvante, no-bis non efi neeeffhria tua res , eo quod nojìra tndìgentia habet , unde fupplea-lur ; funi emm alii pauperlores nobis, aut etiam Monafieria ; vel certe pareti* tes tui forte plus funi pauperes quam r,osy & qui plus indigeni nobis. Si au-tem ille dixerit , quia volo prò mercede anima mece magis in hoc Monafierio tribuere , quam alteri dare', tunc donare debet rem fuam aut Pauperibus, aut in Monaflerium &c. Ma gli altri Monifterj non procedevano con quefta cautela e delicatezza,- nè il P. Martene trattando de’Riti Monadici ha recato alcun altro limile efempio. Oltre di che a nulla doveano fervire Diff. Ita!. T. Ili, Y 3 le fud-