3 8o Dissertazione In quella terza volta tolta fu a quel temerario finalme ¡re ogni fperanza tli più reclamare, perchè nell’Anno 813. Giacomo Vefcovo il Sentenziò reo fcomunicato . In quefto fecondo Documento degne fono di offerva-zione le parole d’ Alpulo, cui veniva oppofta la fentenza data contra di lui da Rachinardo Vefcovo di Pifa, ignorato, e perciò tralafciato dall’ Ughelli nell’Italia facra . Non fui: veritas ( dicea quel Prtte ) quia Do-minus Imperaior & Domnus Apofiolicus ipfum Brevem Rachinardi Epifcopi ( di Pi fa ) non receperunt. Et dum taluer diceret, nos interrogavìmtts eum fi habcec aliquam aucloritatem Domni Imperatoris aut Domni Apofidici , quomodo filini honorem habere pojjct. Qui dixit. Nullam eorum aucloritatem, nec J.ri-ptum eorum habeo &c. Dalle quali parole ognun vede , che in que’ Secoli {\ conofceva quanta foffe l’autorità della Sede Apoftolica in fomiglianti contingenze. Nello fteflo tempo fembra effere affai chiara cofa, che gl’ Imperadori ei Re s’attribuirono o fi arrogarono il diritto di correggere o anche di abrogare colle fentenze o decreti loro fuffidiarj i giudizj de’ facri Prelati nel foro contenziofo , dove però non fi trattava di articoli appartenenti alla Fede ortodoffa. Io leggo nella prima delle accennate due Carte, che il Re Pippino prczceperat nobis ( fon parole di Giacomo Vefcovo di Lucca ) ut judicaremus inter nos & ipjum ( cioè Alpulo ) per veram legem & jufiitiam-, & qualiter judicaremus , nojìrum illi emiiteremus Ju-dicatum. Non dice, che foffe per effere (labile ciò eh’ egli aveffe giudicato, ma sì bene, che ki fentenza da proferirli da lui, fi dovea fufl’e-guentemente trasmettere al Re Pippino, qualìchè quefti in certa maniera fi riferbaffe l’ultima cognizion della caufa. Quello eh’è certo fi è, fìccome-diiTì, che dal Suddetto Documento dell’813. noi abbiamo confermato abbaftanza l’antichiflimo gius Apoftolico, cioè il diritto del Romano Pontefice, a cui tutti poteano ricorrere, e ad effo lui appellare. E per dir vero, fe il Prete Alpulo avefle avuta aliquam aucloritatem Donni Imperatoris . aut Domni Apoflolici, farebbe riufeito bene in tutto quel fuo impegno , e avrebbe vinto la lite . Ma andiamo avanti. Qualora avveniva, che qualche perfona Ecclefiaffica trovata fc (Te aver macchinato contro l’onore del Re , o avere operato contro la fede a lui giurata, crftume allora fu di chiamarla ad udire l’intenzione del Re , ed intimarle, che fi purgafle dall’accufa addofiatale. Se cofta-va mamfeftarreHte che 1’ Ecclefiaftico fofie colpevole, era egli imprigionato in un Moniftero, ovvero era punito coll’ efilio. Nè pure i Velcovi su quefta materia andavano efenti. A Carlo Magno dopo eh’ ebbe conquidalo il Regno de’Longobardi fembrarono fofpetti di mancanza di fede ( a quel ch’io ne penfo ) i Vefcovi Civitatis P'fanai, feu Lucana . Chiamati, e paffati ch’effi furono in Francia, non trovava Carlo Magno la flrada di rimandarli liberi in Italia. Leggete T Epiftola cinquantefima quinta del Codice Carolino, e troverete, che Papa Adriano I. per eflo loro pre-