Settantesimaquarta: 485 che i Vefcovi fpedivano la Bolla del Benefizio conferito. Aggiungo ora, che vicendevolmente anche i Beneficiati formavano un’altra Carta, con cui iì obbligavano al retto governo di quella Chi'efa , recando poi quella in mano, o fìa nell’Archivio del Vefcovo. Tal Rito non è più in ufo . Dall’ iniìgne Archivio dell’Arcivefcovato di Lucca ho io prodotto due antichiffime pergamene in teftimonianza di quefto. La prima è dell’ Anno 746. regnant» Ratchis Re de’Longobardi , in cui Lucerio Prete promette a Walprando Vefcovo di Lucca di rettamente reggere la Chiefa di San Pietro di Mofciano, a lui conferita cum confenjo Ratpeni & Barbuta Centinariis , vd de tota Plevem congrecata. Ecco come in molte Chiefe s’iftituivano i Rettori. Precedeva l’elezione del Popolo, e.quella poi veniva confermata dal Vefcovo . I Cenienarj qui mentovati li fcor-go, che erano i Giudici minori delle Ville , fuggetti al Giudice, o fia Governatore della Città. L’altra Carta dell’ Anno 772. è una prometta fatta da Uriìperto Cherico a Pereòeo Vefcovo di Lucca , che 1’ avea creato Rettore della Chiefa di San Cattiano di Controne di ben amminiflrare quella Chiefa, con aggiugnere : Neque cantra P reslyierum vejìrum, quem vos in Ecclefa vcfìra Smela Juhce Bapufmale ordinaflis, ape re prcefumam, necjue fine veflra licenza, vd de ipfo Presbytero veflro Mf'am cantare debeam in ipfa Ecclefa San-3i Caffiani. Oggidì in molte Diocefì fi ufa di chiamare Arcipreti quei , che da altri fono appellati Piovani in Villa . Antichiiiìmo ancora è quefto coftume . Nel Sinodo di Pavia deli’Anno 850. al Cap. 6. viene ordinato, che i Vefcovi oflervino , con qual diligenza i Preti abbiano cura del loro gregge. Cfcrtet emm, ut Pltbìum Archipretbyten curent , qua-tenus qui pubhce cnmìna perpetrarunt, pullice poeniteant Ùc. Pofcia nel Cap. 13. fi légge: Singuhs Plehbus Arciuprcsbyteros piaefje volumus , qui non folum imperiti vulgi Jolichudinem gerant, ve rum enem eorum Presiyterorum , qui per Minores Tuulos habitant, vitarp jugi circumfpichore cufiodiant &c. Nec oltendat Epifcopus , non egete Pltben.< Aichipreòtytero, quod ipfe eam per Je gubernare valcat ( fegno che alcun Vefcovo c' era, che con sì, bel pietefto fi godeva le rendite delle Pievi ) quia etf valde idcrteus efl, decet tamen , ut partiatur onera fuaj & fcut ipfe Matrici p rat-fi, ita Archipreslyieri prafni blebilus, ut in rullo inutet Eccltfcflica Dijciplina . Dal che Tempre più riluce, che nelle Ville eranvi le Parrocchie primarie chiamate P evi, dove fi miriftrava il Batteiìmo, e i Rettori ci 1 elle venivano chiamati Arcipreti. \’erano, poi le Parrocchie minori, appellate qui minore,s Tituh , fottopefte all’ Arciprete.. Così nelle Cattedrali il primo del Clero , eh’ era aicriuo ad etta Chiefa, ebbe il nome di Arciprete, nome che fi truova fino nel Concilio Cartaginese dell’Anno 398. e nel Concilio Turonenle II. dell’Anno 567. al Canone 19. mentovati fi veggono Archipresbyteri vicani . Grande dovea effere una volta 1’ autorità di tali Arcipreti , perche fi truora , che etti ebbero anche facoltà di coftituir H h 2 Ret-