Cinquantesimaprxma. 119 core contemporaneo, venne all’ armi contra de gii emuli, e dopo non poche ucciiìom ed incendj li forzò a falvarfi colla fuga. Non baftò a* vincitori di aver cacciata in efilio la parte contraria: nè pur volle foife-rire, che trovafie pace ed ofpizio in altre amiche Città, e colie preghiere e minaccie fece congedarla di là. Cosi in Genova i .Mascherali profeiTarono la Fazione Ghibellina, i Rampini la Guelfa. In Arezzo i Guelfi furono chiamati la Pane Verde, i Ghibellini i Secchi. Così in Bologna dipoi lorfero due Fazioni, cioè la Scacchefe, e la Maltràvcrfa, che prefero il nome dall’Arme o Infegne di due potenti Famiglie . E in Fifa i Pergolini e.i Rafpann lunga nemicizia mantennero . Ma quefte ultime, ed altre limili altrove, furono più torto parzialità e contefe di Famiglie, che Sette di Guelfi e Ghibellini. Tornando ora al propofito , dico , che ne gli Statuti del Popolo di Ferrara nel 1274. fotto Obizzo Marehefe d’ Efte , fu fatto decreto : Ut quicumque hannitus juerit a Civitate Bononìcz, Jive fu prò parte Lambertaccia , five Gibellina , fia licenziato , o cacciato dalla Città e diftretto di Ferrara . Perchè gl’Imoleiì, Faentini, e Forliveii aveano accolto i Lambertacci, nè fi rifolvevano a cacciarli, fu loro intimata guerra da i Bolognefi , i quali dopo avere ricuperata Imola, mifero anche 1’ attedio a Faenza . Nell’ Anno feguente venuti alle mani i Geremii dominanti in Bologna co’Fuorufciti Lambertacci , ne riportarono una buona rotta, e lafciarono il Carroccio in potere de gli avverfarj . Pofcia rimefli in forze, di nuovo tentarono la fortuna contra de’Lambertacci e Forlivefi , e qualche migliaio de’ Guelfi Bolognefi reftò fui campo , talché la Città di Bologna , che dianzi facea la padrona fopra quafi tutta la Romagna, troppo apertamente cominciò a calare dal colmo del fuo fplendore e potenza . Quello, che per efempio ho rapportato de’ Bolognefi , avvenne anche ad altre Città, le quali per cagion delie loro interne difcordie , gran perdita fecero della lor dignità e opulenza, o pure fi videro fpogliate della Libertà. Infelici tempi in vero, ne5 quali niuna quafi delle Città g)deva un’ intera quiete, e fempre fi Vegliavano guerre o co’Popoli vicini per cagion delle Sette nemiche, o fra gli fteffi Cittadini ; ed or l’una, ed ora l’altra parte era forzata ad andar* fene raminga, e niuno mai poteva prometterfi di vivere ficuro nel proprio nido . Ma oramai parmi di udire , chi m’interroghi : Non v* era egli alcuna via o ragione di frenar tanto furore ed entufiasmo de’ Popoli ? Mancava forfè ztlo, e voce in que’tempi ai Vefcovi , e all’altre perfone Re-ligi ofe : fuflidio, che non mai tanto che allora fu neceiTario a placar gli animi sì turbati de’ Cittadini ? Certamente non fi rallentò mai nell’uno e nell altro Clero la premura della concordia , e tutta la cura di rimettere la pace ; nè dal canto loro ommeffa fu diligenza e fperimento alcuno di quei, che fomminiiìra la Religione, la Carità, e la facra Eloquenti 4 za.