ClNQUANTESIMAPRIMA. Ili di Bologna, e finalmente con tanti argani fi fermò il loro furore, ed interpolici! anche il Vefcovo col Clero e colle facre Reliquie, nel Palazzo del Comune fu folennemente compiuta e gridata la Pace. Ma paffati pochi giorni più rabbiofa che mai tornò la difcordia , di maniera che il Popolo di Modena, oggidì umaniifimo , ed unito con pio legame di a-more e pace , dee ben maravigliariì di trovare i fuoi Antenati sì afpri fra loro , e sì oftinati nelle diffenfioni e vendette , che infelicemente in quello deteilabil vanto andarono innanzi a quali tutte 1’ altre Città di Lombardia. Però non. fenza ragione li tirarono addoiTo la taccia loro data dall’Anonimo Autore della Storia di Parma nel Tomo IX. Rer. Ital. fcrivendo egli all’Anno 1307. In Civitate Mulina, qua femper fuit iti his pirubus Lombardia exoriium motionum , & novitatum origo , ex antìqiùs o-diis partium, fcilicel Guelfa & Gibellina , multa novitates fuerunt . Nam Munnenfes non valentes Jimul quiefcere, fe novirer divijerunt &c. Di fopra notai, che da quelle Diaboliche Sette indebolite e lacerate non poche Città , o rimafero preda delle vicine più potenti, o fi trovarono forzate a ricercare, o a prendere per forza un Padrone, con perdere l’antica loro Libertà. Spontaneamente nel Secolo XIII. la Città di Ferrara fi fottopofe al placido Governo de’Marchefi d’Eile-(12). Volontaria eziandio fu la dedizione del Popolo di Modena nel 1288. ad Ob-bizzo Marchefe Eilenfe : dal qual efempio commoffi i Reggiani, aneli’ elii nell’Anno 1290. eleffero lo ileffo Principe per loro Padrone . Cioè, niun altro più efficace rimedio trovato fu da varj Popoli, per terminare una volta le lor funeile ed efecrabili diffenfioni, che di fcegliere un Principe , fotto la cui poffanza e prudenza tutti fi conteneffero in dovere e manteneffero la Pace . Allora è ottimo configlio il mutare la Libertà in Servitù, che la Libertà mena alla rovina la Repubblica. Non importa ora cercare r come tant’ altre allora afeendeffero al Principato . Baila folamente dire , che quafi niuna delle Città d’Italia fi può contare , la quale una volta o fpontaneamente o per forza non paffaffe in potere di qualche giuilo Signore , o di alcun Tiranno: effetto delle maledette Sette finquì deferirne. Benché nè pur così molti impararono a quetarfi . Animi così pregni di paffioni non fapeano fofferire nè la Libertà, nè la Servitù. Però appena fi prefentava qualche occafione, che fi formavano tumulti e fedizioni, e cacciati i primi Signori, o altri fe ne prendeva, o-fi tornava alla Libertà, più dannofa talvolta della precedente. Furonvi ancora delle Città, nelle quali sì alte radici avea formato 1’ entulìasmo delle Sette, e de gli odj , che nè pur fotto i Principi quello cefsò , con-* tinuando come prima le nemicizie e vicendevoli llragi. Pubblicai nel Tom» XVI. Rer. La[, jj Diari0 Bergamafco- del. Cailelli «. Era da molti anni quella Città fottopolla a i Principi ViCcanti Signori di Milano , e d’aU tre non poche- Città. Pure fi offervi, che a quelle calamità fu lòttopo-* (/¿) Vtd't It Annotazioni in fiat del Tomo*.