Sessantesim asettima; 353 feguente tenore : Ut nullus Canonica aut Regulari inffitutione cortjlitutvs ( cioè niun Canonico o Monaco ) aliquem confecrari propter res aaipifcen-d is deinceps perfuideat. Et qui hoc jacere tentaverit, Sy nodali vel Imperia- li fentent'.a modts omnibus fenatur . Però non il può negare , fomma era l’avidità degli antichi Monaci per ammadare (labili, e dilatare la lor potenza. Leggete le Croniche Monadiche antiche. Rare fon quelle, dove troviate tlempli luminolì di Virtù . 7'utto va a riferire 1 tanti loro acquidi e Privilegi . Nè fi accorgevano, che con tanta roba fi didipava lo fpinto di elii Monaci , perchè fi dividevano i Monaci per governar tante Corti, Grangie, e Caitella , e ognun intende, quanta copia efi-gefie di penfien , di paiTi , e di cure il regolamento di quelle macchine temporali. In fitti l’opulenza de’ Monitterj produffe la pompa, e il tirò dietro la corruttela de’coftumi, e diede in fine un gran crollo al facro Ordine Benedettino . Tuttavia non fi dee tacere , anticamente non mancarono Abbati di rara Vinù , i quali contenti di quei che badava al mantenimento del lor Monidero , non folo non cercavano nuovi acquidi, ma anche tfibiti li ricufavano. Tal fu l’iniigne Abbate di Aniana Sa.n Benedetto a’ tempi di Lodovico Pio Augudo, come s’ha dalla fua Vira. Tali 1 due celebri Abbati di Corbeia , cioè Adalardo , e JVala, i quali per quanto fcrive Pafcaiìo Ratberto nella Vita di eflo Wa- ll, riprendevano la cupidigia de’ Monaci per fempre più accrescere il lor patrimonio, perche quello era un tornare al Secolo . Così per at-teftatu di R berto del Monte nella Cronica all’Anno 1131. Monachi Cartujitnfis paulat m pullulatemi, qui prce ceteris continentes , Pejli Av ariti ce , qua plurimi Jub Rehcjioms habitu laborare videmus , terminos pofuerunt , durn certuni numerum hominum , animabum, poffejjionum, quem eis prceter-predi nullo modo licebat, Jlatuerunt . Così quedo Idorico, che era Abbate Benedettino. Ma que’Religiofi col tempo dimenticarono anch’eiìi un tal divieto . Andò così avanti nel Secolo XI. queda ingordigia e in-iàiiab 11 ità de’Monaci, che ne furono fatre doglianze a Leone IX. Pontefice di rara Santità , e d'impareggiabd zelo. Se ri de egli perciò un’E-pidola ad omnes per Iraham Epijcopos, eiìdente nella Raccolta de’Concili , in cui così parla: Leo Eptfcopus &c. Relatum ejl auribus nojlris , effe quosdam verve'fe apentes , qui Jubverlere atque dividere conantur Ecclejìce unnatem . VtdeUcet Abbates & Monachi, qui non fìudio cantati s , fed {e lo rapacitatis mvigil¡nt , & docent, arque feducere non ceffoni Sceculares homi-nes , quos tllaqueare poffmt , ut res fuas atque poffeffiones , Jìve in vita , Jtve m morte, in Monnjlerus illorum iradant ; & Ecclejìis , quibus Jubjech effe v:de tu ', & a quibus Baptifmum , Pcenitentiam, Eucharijltam , nec non pabulum v>ice cum lacle acceperunt , vel accipiunt , mhtl de bonis fuis relin-quim. tìanc denique jormam dijcordice nos antmadverttntes, omnibus modis in-¡libere volumus , & ne amplius fiat, omnino prohibemus : confiderantes, non Dijf. hai. Tom. Uh Z effe