742 Documenti (n. 2) Pichón, dopo avermi parlato della buona impressione che gli aveva fatto il colloquio avuto ieri con V. E. e reso omaggio al suo spirito conciliante, difese assai debolmente l’atteggiamento di Clemenceau. Disse che nell’accennato comunicato Clemenceau non aveva avuto certamente parte alcuna, al che replicai che per il pubblico L’homme libre era sempre ed in ogni occasione il portavoce del Presidente del Consiglio dei Ministri. Pichón riconobbe spontaneamente che il comunicato Lane era in contraddizione con quanto era stato sempre detto a noi, ma quando gli parlai di rettificare, si schermi dicendo che era stato smentito già indirettamente dal telegramma di Londra pubblicato dal Matin e da quello di Clemenceau a Luzzatti. Affermazione oggi inesatta a mio avviso, ma Pichón non osa né dispiacere a Wilson né affrontare il malumore di Clemenceau. Alla mia osservazione che il compito che incombeva ai nostri alleati era appunto quello di farsi conciliatori attivi fra noi e l’America, egli rispose che cosi pensava anche lui e che stasera rivedrebbe Clemenceau. Uscendo incontrai Barrère. Egli ritiene il comunicato Lane fatto per compromettere la Francia agli occhi della nostra opinione pubblica; si proponeva di farlo smentire e si sentiva abbastanza forte per riuscirvi. Non mi nascose essere in questo momento in relazioni tutt’altro che cordiali con Clemenceau. Da buona fonte, che però non ho modo di controllare, mi risulta che Wilson avrebbe minacciato di ritirarsi personalmente dalla Conferenza se il Governo francese avesse aderito al nostro punto di vista. Ciò spiegherebbe il mutamento nel presente atteggiamento di Clemenceau. Mi risulta pure da più fonti, e me lo conferma stamane Pichón, che gli ambienti jugoslavi sono tutt’altro che soddisfatti di quanto è accaduto e temono che la presente situazione sia per loro meno favorevole di quella che esisteva prima del comunicato Wilson. Bonin