7«4 « ij. Juillet » [14.vn.19] Noto che a sinistra del Presidente sta un soldato grande mutilato di guerra, ed alla destra una giovanissima infermiera, avvolta nella candida veste; le candide bende fregiate dalla piccola croce rossa incorniciano un visino roseo, dominato da due grandi occhi azzurri pieni di cielo. Al suo petto brilla la medaglia d’argento al valor militare. Quella eterea visione mi s’imprime nella mente, e mi chiedo come e perché si trovi in posto di tanto onore una cosi giovane donna, e perché porti il segno del valore. Sono quasi le nove. Comincia la sfilata. È meravigliosa. Ecco mille mutilati, emblemi viventi del sacrificio; poi le maestose guardie repubblicane a cavallo, dagli elmi crinati, dalle corazze lucenti, dagli stivaloni immensi: sono belli come i nostri cento corazzieri. Joffre e Foch si avanzano sui superbi cavalli; li seguono i rappresentanti degli eserciti vittoriosi nello stato maggiore generale: per l’Italia il generale Calcano. Entrambi i marescialli impugnano il bastone rosso cupo del comando, adorno dei fiordalisi, e lo appoggiano alla coscia destra, come nelle statue dei generali di Luigi XIV. Il vincitore della Marna porta i pantaloni rossi, la gloriosa uniforme delle prime battaglie. Il vincitore della Somme è in grigio azzurro: è il primo soldato della guerra moderna. Seguono gli stendardi del comando portati da cavalieri imponenti. Ora squillano le trombe d’argento degli americani. E i loro cavalli, i loro equipaggiamenti, sono di una bellezza mai vista. Tutti i soldati americani, che pur hanno ricevuto un’istruzione più breve degli altri, sfilano in modo assolutamente perfetto. Ho visto spesso sfilare le truppe tedesche. La precisione degli americani è di gran lunga maggiore. Hanno il ritmo, la cadenza nel sangue. Non sono schiere di uomini di cui ciascuno abbia una volontà o un movimento: sono macchine dalle mille gambe e dalle mille braccia, che si muovono comandate da una forza e da un congegno centrale unici.