752 Documenti (n. 7) aspettavamo dai nostri Alleati quell’appoggio che essi avevano sperato dalla nostra buona alleanza. Il Presidente, che mi parlò sempre nel modo più cordiale, insistette a più riprese sull’interesse che ha la Francia di mantenere la stretta amicizia con l’Italia, disse che pensava ad ogni possibile via di conciliazione, e come idea affatto sua venutagli poco prima e della quale non aveva fatto ancora cenno ai suoi ministri, mi espose la seguente: Un Trattato con l’intervento del Governo di Fiume, per il quale la città sarebbe passata per pochi anni, tre o quattro, sotto l’amministrazione della Società delle Nazioni, la quale avrebbe il mandato preciso di provvedere in quel termine a separare la popolazione italiana di Fiume da quella jugoslava, costruendo un nuovo porto e una nuova città con allacciamento ferroviario proprio. Allo scadere del mandato la città italiana andrebbe all’Italia e quella croata alla Jugoslavia. A titolo personale osservai che, astrazion fatta dalle difficoltà di applicazione pratica, quella formula avrebbe il vantaggio di assicurare entro un breve termine Fiume definitivamente all’Italia, ma restava da sentire il pensiero in proposito del mio Governo. Poincaré mi disse concludendo che aspettava ansiosamente la risoluzione dalla prossima seduta del Parlamento e che sperava che il Governo italiano ne uscisse autorizzato a prestarsi a qualche misura conciliante. Nel corso della conversazione egli accennò alla preoccupazione circa i negoziati che stanno per aprirsi a Versailles con i tedeschi ed il suo dubbio che potessero procedere senza di noi. Da questa conversazione, come da quella che ho avuta ieri pure con Pichón e Barrère, e da altri dati, devo argomentare che cosi il Presidente della Repubblica come vari Ministri ci sono assai più favorevoli in questo momento di Clemenceau, che sembra dominato dal timore di dispiacere a Wilson. Bonin