Lo smagliante costume donnesco di broccato, di seta con trine di argento (la rumana), lo scialletto di velo sulla testa (tovajol), lo zendale e la cappa, la fighe-retta (ghelero), le gonne fittamente sfaldate e orlate di rosso e d’ argento nella sottogonna (carpita), i grandi orecchini (pìruli) e collane d’ oro (piruzèini e cordon venezian) con croci, stelle e cuori, si riscontrano ancor nelle donne della Calabria, come si riscontravano nel-T abbigliamento delle dignanesi. Così pure negli Abruzzi gli uomini portano corpettini rossi e cappello a comignolo come appunto usavano i nostri boeri. Nell’acconciatura del capo, le nostre donne poi si avvicinavano anche per la ricchezza degli aghi crinali alla donna della Brianza e della Provenza. Nella “ Storia di Venezia “ del Molmenti si legge che nel museo di Este, fra molti curiosi ed importanti oggetti di scavo, tra cui parecchie statuette rappresentanti uomini e donne, si trova una figurina muliebre di bronzo che appartiene, come le altre, ad un’ arte infantile locale del territorio di Este, in età preromana. La statuetta ha il capo coperto da un drappo che, in luogo di cadere libero giù dalle spalle e dalle braccia, lo avviluppa e si va restringendo presso la cintura. Il Molmenti opina che la copertura del capo di questa statuina sia 1’ archetipo antichissimo del cendà e del ninzioletto che portava in testa tanto la donna del-r aristocrazia quanto la popolana di Venezia e della tonda (cappa a Dignano) indossata dalle chioggiotte. Con le medesime argomentazioni si può aggiungere che la cappa portata già dalle rovignesi e dalle donne di Dignano, costituì a suo tempo il tovajol e lo zendale fino dopo il 1880. La cappa si assimila così certamente con lo zendale e da questo ritrasse l’uso e la forma, quindi anche 1’ origine. La cappa si può vedere ancora quando le nostre donne la indossano per seguire le processioni maggiori 232